Migliara Giovanni

pittore architetto, incisore
Alessandria, 5 (15 - 20) ottobre 1785 - Milano, 18 aprile 1837

Migliara Giovanni, pittore, architetto, scenografo, miniaturista, acquerellista, disegnatore, incisore e litografo.

Nasce a Alessandria, il 5 ottobre 1785 - muore a Milano, 18 aprile 1837.

«Giovanni Migliara nacque in Alessandria del Piemonte il dì 20 di ottobre del 1785 da Anna Bandera e Pietro Migliara valente ebanista di quella città. Il genio che lo portava allo studio delle belle arti si manifestò in lui precocemente: imperocché sprovveduto ancora di ogni insegnamento preliminare, e toccando appena il suo quindicesimo anno, dipinse una veduta prospettica della cattedrale della sua patria, lavoro molto ragionevole per l’età sua, il quale faceva presagire come egli avrebbe raggiunta una meta gloriosa, ove guidato da buoni ammaestramenti avesse percorsa la carriera delle arti.

«Il perché suo padre, non comportando che per propria colpa fallisse l’aspettazione che dava di se il giovanetto, in età di anni 17 lo mandò a Milano acciocché educandosi agli insegnamenti di quella accademia di belle arti, i germi del suo talento potessero svilupparsi e fruttificar degnamente. Con tale intendimento lo raccomandò a Luigi Zuccoli, accreditato intagliatore di quella città: ed i primi studi del Migliara nella metropoli della lombardia, furono volti all’intaglio ornamentato, ed agli elementi della scultura. Se non che dominato dalla sua predilezione per la pittura prospettica, non andò guari che lasciati gli esercizi dello scarpello, dall’officina del Zuccoli passò allo studio del pittore Gasparo Galiari dove apprese a dipingere a tempera, e

a tutt’uomo si dedicò all’arte laboriosissima della dipintura scenica. Ma fosse, che l’esercizio di quest’arte eccedesse per se medesimo le forze della sua delicata complessione, o che egli con troppo ardore vi faticasse, giunto al vigesimo secondo anno, un fiero malore al petto lo incalse, e a tale stremo il ridusse, che tenne lungamente sospesa a debil filo una vita non men cara agli amici, che preziosa alle arti.

«Fu nel lungo periodo della convalescenza che tenne dietro a questa infermità, che il Migliara disperando di mai più riassumere il gravoso esercizio della pittura teatrale, volse l’ingegno a più mite lavoro, e si mise a dipingere ad olio delle vedute di fabbrica, e a preferenza degli interni di esse. I primi tentativi di questa novella carriera dovettero non poco inanimare il nostro giovine artista, perciocché sebbene per istrettezza di circostanze, o per modesto sentire di se medesimo fossero que’ suoi lavori da lui venduti a tenutissimi prezzi, venivano poi rivenduti da’ trafficanti con grossi guadagni, come quelli che erano ammirati dalle persone dell’arte, e ricercati avidamente dal pubblico. Al che ponendo egli mente, non prima il suo fisico si fu rinvigorito e l’animo riconfortato dalla speranza d’un migliore avvenire, che di questo genere di dipintura, al quale non erasi dato che temporariamente e per necessità di occasione, si risolse di fare l’occupazione della sua vita, e di tutta concentrare nell’esercizio e nel perfezionamento di questa arte quella singolare attitudine, che sortì da natura a squisitamente sentire e rappresentare il bello.

«Alla sua straordinaria operosità dobbiamo nel periodo di 20 anni più di 800 dipinti di varia dimensione, senza parlare di un gran numero di disegni all’acquerello, a colori, a matita; la quale moltiplicità di lavori indurrebbe a supporre in essi quella sprezzatura di tocco, che di rado va disgiunto ad una valente esecuzione. Ma per lo contrario le pitture del Migliara hanno questo di caratteristico, che guardate dal loro giusto punto di veduta, producono l’effetto che l’autore ha desiderato conseguire da esse: ed esaminati da presso, riescono del pari gradevolissime a’ risguardanti.

«Fra tanta copia di dipinti, trascegliere e ricordare tutti quelli che sono da qualificarsi come capi lavori di questo insigne artista, sarebbe assunto che ci condurrebbe a troppo trascendere i limiti del presente articolo. Per lo che ci restringiamo ad indicare i seguenti come i più famosi, fra i molti che meritarono l’amirazione degli intelligenti.

«L’interno della cattedrale di Milano, eseguito per S.A.I.R. l’arciduca Raineri vice-re del regno lombardo veneto e ripetuto dall’artista per S.A.R. il principe di Metternich, pel duca Melzi d’Eril, e pel conte Archinto di Milano in maggior dimensione dei quadri precedenti. L’interno della chiesa di Santa Maria presso San Celso in Milano, posseduto da S. A. R. l’arciduchessa Beatrice d’Este. - Il cortile della certosa di Pavia, eseguito per S.A.I.R. il gran duca di Toscana Leopoldo II. - La veduta interna di quell’insigne basilica pel conte Tasi di Brescia. - E per addottare alcuno fra i dipinti di una finitezza microscopica eseguiti in piccole dimensioni, ricorderemo fra i molti questi due esistenti in Milano, l’uno rappresentante l’interno del teatro della Scala con innumerabili spettatori, che assistono alla mimica rappresentazione della presa di Malaca: l’altro che presenta il prospetto del duomo di Milano con molte truppe schierate a rassegna sulla piazza che vi sta innanzi, il primo posseduto dal marchese G. Giacomo Trivulzio milanese, ed il secondo dal cav. Don Carlo Londonio.

«Migliara non ebbe insegnamento da alcuno nell’arte del dipingere ad olio, e da se medesimo a forza di esperienze apprese l’impasto de’ colori e quella mirabile fusione di tinte che arreca sì grande lucidezza e verità ai suoi dipinti. Da principio egli seguì la maniera del Canaletto, e prese ad immitare le migliori opere di lui: ma poscia convinto che la sola natura è modello inesauribile di sublimi bellezze, non volle a maestro che lei sola, e alla propria perseveranza nel consultarla egli andò debitore di quella verità eminente che colpisce qualunque guardi le sue singolari produzioni.

«Nella prospettiva lineare il Migliara mostrò sì profonda conoscenza, da non essere secondo a nessuno fra coloro che in quell’arte furono più eccellenti: e nell’aerea sembra poter asserire, ch’egli superò quanti per l’addietro tennero il campo in questo genere di cui ragioniamo. Ma dove il suo magistero è più ammirabile si è nel rappresentare i vari effetti della luce. Talora vedesi ne’ suoi dipinti il vivo raggio del sole, che illumina un porticato di un chiostro, fondersi gradatamente con la fredda luce di settentrione intromessa da un opposta finestra. Talora il pallido raggio di luna, che batte sulle antiche pareti di un gotico edilizio, fare contrasto con l’infocato bagliore di molte faci che scappa fuori dalle vetriate di una lunga ed accuminata finestra. E queste luci svariate trovansi così fuse fra loro, che indarno il risguardante si avvisa di notarne il passaggio, e gli oggetti interposti si risentono di quella giusta gradazione di lumi, di ombre e di riflessi, come non finta ma vera fosse l’immaginazione loro. - Una sovrana maestria scorgesi pur anco nelle macchiette con le quali il Migliara popola i suoi dipinti. Spontaneità di atteggiamenti ed esattezza di costumi, correzione di disegno e discernimento finissimo nell’aggruppare le figure, e persino un’espressione caratteristica nelle fisonomie, senza quella penosa finitezza che ha proprio della maniera fiamminga. - È questa una particolarità delle sue dipinture, nella quale pare doversi dire inimitabile: perché in Milano, dove va sorgendo una scuola in questo genere di pittura in cui si notano alcuni distinti allievi che fanno onore agli insegnamenti del Migliara, la parte in cui ciascun di essi è tuttavia lontano dall’emularlo consiste appunto nella verità e nel brio delle macchiette.

«Vive questo esimio artista in Milano, ove da 28 anni ha stabilita la sua dimora dividendo con Felicita Baldoni sua sposa, e con sette ottimi figli una comoda esistenza, ed occupandosi incessantemente nell’esercizio dell’arte sua, col favore di una florida salute nell’età tuttora verde, e della pace e contentezza domestica. Accarezzato dai grandi, consultato dagli artisti, visitato da’ forastieri, caro agli amici non meno per le eccellenti qualità del suo carattere, che per quello del suo ingegno, delle quali le prime acquistano maggior prezzo dalla giocondità del suo conversare e dalla affabilità delle sue maniere, e la seconda da una vera modestia. Il suo nome è ascritto alle accademie di Milano, di Venezia, di Brescia, di Torino, di Padova, e di Alessandria sua patria, dove non ha molto dal consiglio civico gli fu decretato l’onore della medaglia. E da S. M. cattolica fu invitato a Madrid per dipingere alcune vedute prospettiche delle principali cattedrali di quel regno».

Questo celebre artista ha cessato di vivere in Milano la sera del 18 aprile 1837. Egli era stato nominato cavaliere del merito civile di Savoia con lettere patenti del 10 novembre 1831. Il 17 aprile 1832 S.M. il re di Sardegna gli assegnò una pensione di lire 600 sui fondi dell’ordine suddetto: con patenti del 12 gennaio 1833, lo stesso sovrano lo aveva nominato suo pittore di genere.

Nel libro intitolato: Notizie sui celebri pittori e su altri artisti alessandrini, dell’avvocato G. A. De Giorgi con note dell’editore, 1836 dalla tipografia di Luigi Capriolo in 4°, è un elogio del nostro pittore, come ne fa avvertiti la Biblioteca italiana tom. 85, gennaio 1837 a car. 96, la quale a riguardo di lui così si esprime:

«In quanto poi al particolare elogio del cavaliere Migliara, ci sembra che oltre a mettere a cimento la più rara modestia, pecchi alquanto di storica esattezza, giacché Antonio Canale è bensì pittore di vedute, ma non deve confondersi col celebre Canaletto; così il nuovo genere tutto suo proprio, che formossi il Migliara, non potrebbe a tutto buon diritto chiamarsi tale: giacché il cangiamento dell’antica sua maniera tendente alla imitazione del Galliari e dei veneti prospettivisti, ebbe luogo in seguito della pubblica esposizione di alcuni quadretti del sig. Fradelle, distinto artista, che dopo qualche anno di domicilio in Milano si trasferì in Inghilterra».


Bibliografia:


1828 - Viaggio pittorico nel Regno Lombardo-Veneto disegnato da Migliara, Bisi ed altri Artisti, Impresso e pubblicato da Giuseppe Elena.

1837 - Migliara. L'Album, Anno Quarto, distribuzione 16. 24 giugno, pp. 121/123. (con ritratto inciso da Barocci)

1955 - Luigi Servolini, Dizionario Illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, Gorlich, p. 534.

1955 - Mostra della Acquaforte Italiana dell’800. Rassegna storica. a cura Ente Provinciale Turismo di Reggio Emilia, catalogo, Milano, Permanente, pp. 42/43.

1977 - AA. VV., L’Opera grafica di Giovanni Migliara, Torino, Cassa di Risparmio di Alessandria,

1985 - Paolo Bellini, Storia dell’incisione moderna, Bergamo, Minerva Italica, p. 473

2006 - Zeno Davoli, La Raccolta di Stampe “Angelo Davoli”, volume VI, M-Ne, Reggio Emilia, Edizioni Diabasis, p. 234, 241 ill.

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