Brigoni Giuseppe

scultore
Medole (MN), 24 luglio 1901 - Castiglione delle Stiviere (MN), 1 dicembre 1960

Nasce il 24 luglio 1901, a Medole (MN) in via Passeggio 7, da Angela Bocchio e Giovanni Battista contadini.

Trascorre l'infanzia nella campagna medolese durante la quale, precocemente manifesta la naturale, istintiva passione per la scultura. Alla scuola del Parroco medolese Don Regonini si applica allo studio della matematica, dell'italiano e del francese.

Negli anni della grande guerra alterna l'aiuto al lavoro nei campi con lo studio, da autodidatta, della scultura alla quale si applica con assiduità.

Dal medolese Domenico Pesenti e dal già affermato nipote Vindizio il giovane Brigoni viene esortato a continuare il lavoro intrapreso.

Consegue a Mantova la borsa di studio “Franchetti” negli anni ’17 - ’19 e, grazie a questa, parte per Milano per perfezionarsi nell'atelier dello scultore Prassitele Barzaghi, figlio del famoso Francesco; vi resterà per tre anni quando, pur se diventato collaboratore considerato, decide di rientrare a Medole.

Dal 30 agosto 1920 al 7 settembre 1921, presta servizio miliare di leva nell'aviazione a Capua, quindi viene trasferito all'aeroporto di Cascina Costa di Gallarate.

Dopo l'esperienza milanese, lo scultore poco più che ventenne, inizia a far conoscere la sua opera: nel maggio del 1921 partecipa, con tutti i più noti artisti mantovani del momento, alla Mostra Artistica Mantovana che si tiene nel Palazzo Ducale di Mantova esponendo quattro pitture e due sculture. In questo periodo esegue un ritratto a pastello di un figlio dell'industriale Agusta.

Nel 1921, a Brescia, partecipa al concorso Premoli per la realizzazione di un'opera scultorea Deposizione da erigersi nel cimitero di Brescia. Il suo bozzetto viene notato ed apprezzato dall'allora Senatore Leonardo Bistolfi, illustre scultore componente della giuria del concorso, che lo vuole all'opera nel suo studio torinese ed in una lettera a lui inviata scrive “…Mandare Lei a scuola sarebbe come voler insegnare il canto fermo ad un usignolo…”.

Nel 1922 vince la Borsa Franchetti, e si trasferisce a Torino presso lo studio di Bistolfi, partecipa alle Mostre Premio della Permanente di Milano con l’opera La Pietà della quale Polvara scrive: “La Pietà del Brigoni di Medole invece, pur rivelando delle titubanze di composizione e di tecnica, dimostra d’altra parte una serietà di intenti ed una ricerca di sentimento che deve essere apprezzata e confortata nel giovanissimo artista”. Collaborerà con il Maestro Bistolfi fino al 1927.

Nel 1923 partecipa alla 3a Mostra Artistica Mantovana che si tiene in aprile a Palazzo Ducale, vi espone quattro gessi e due pastelli; nel dicembre dello stesso anno, alla Mostra Annuale d'Arte a Brescia, nel ridotto del Teatro Grande, a cura del Circolo Bresciano-Arte in Famiglia, presenta 8 opere tra sculture, bassorilievi, disegni e dipinti.

Nel 1925 esegue il medaglione in bronzo con l’effigie di Emanuele Segre da collocarsi a Nichelino di Torino e, per il Comune di Moncalieri esegue una grande targa in bronzo a ricordo del nobile gesto di Stefano Camoletto. Nel 1926 porta a termine il monumento al patriota-scrittore Giuseppe Cesare Abba che viene inaugurato in settembre a Brescia.

Partecipa su invito, nel 1927 alla IV Mostra d’Arte del Sindacato Artisti Mantovani tenutasi nel Palazzo Ducale di Mantova, dal 21 aprile al 21 maggio, presentando 4 sculture: La pigiatura (bassorilievo in gesso), La Vendemmia (bassorilievo in gesso). Ritratto dello scultore Sen. Leonardo Bistolfi (gesso patinato), Pietà (gesso), il dipinto Paesaggio e quattro disegni.

Nel 1927, a Biella, consegue il massimo premio al concorso, indetto nel mese di maggio dagli industriali lanieri del luogo, presentando un pannello ad alto rilievo dedicato alla pecora. Emilio Zanzi su “Emporium” n. 396 dicembre 1927, nell’articolo “Cronache piemontesi” scrive: “ Giuseppe Brigoni, artista mantovano e contadino, ha esposto un bassorilievo Pecore popolato da molte figure realiste quasi popolaresche. Il giovine allievo di Leonardo Bistolfi che ha debuttato con questa grande targa ha osato dare, plasticamente, la visione sintetica della vita pastorale nelle stalle della bassa Lombardia: massaie grinzose, spose coi bambini al petto, ragazzi, bifolchi: dodici figure umane e dieci pecore: ma le pecore e l’asinello sono piuttosto elementi complementari e decorativi nella bella composizione che però, ai lati, rivela qualche squilibrio.”

Nel 1929 partecipa alla Biennale di Brera di Milano con l’opera Testa di Vecchio “improntata ad un naturalismo descrittivo e insistito, permeata di una sincera intensità sentimentale. (Dal Prato)”. Partecipa alla II Mostra d’Arte del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti di Lombardia al Palazzo della Permanente di Milano con la scultura Testa di vecchio (gesso).

La Curia Vescovile di Mantova lo incarica di eseguire una medaglia Episcopale, da coniarsi in argento, a testimonianza della 1a visita pastorale di S.E. Mons. Domenico Menna Vescovo di Mantova.

Lo stesso Mons. Menna successivamente gli commissiona una grande targa in bronzo raffigurante un angelo con due bimbi da porre sulla statale Goitese, alle porte di Guidizzolo, nel luogo ove alcuni bambini uscirono incolumi da un incidente occorso all'automezzo vescovile.

Nel novembre del 1929 espone a Milano alla Biennale di Brera una scultura Testa di vecchio.

Nel gennaio-giugno 1931, partecipa a Roma alla Prima Quadriennale d’Arte Nazionale nella Galleria del Bianco e Nero con l’opera: Schilpario.

Lo stesso anno, il Ministero della Pubblica Istruzione ed Educazione Nazionale (decreto del 27 agosto) lo nomina per un triennio Ispettore Onorario ai monumenti, scavi, oggetti d'antichità, arte nel mandamento di Castiglione delle Stiviere, carica riconfermata poi per un secondo triennio.

Ancora nel 1931 dal 27 settembre al 17 ottobre, in occasione della II Settimana Mantovana, a cura del Sindacato Fascista Belle Arti di Lombardia, Sezione di Mantova, partecipa alla Prima Mostra Provinciale d’Arte nel Ridotto del Teatro Sociale con le sculture Testa di fanciulla, Testa di fanciullo, Testa di bambino (terracotta) Contadino (terracotta) e nella Sezione Bianco e Nero con le opere: Case a Sabionara, Rustico a Medole, Case a Sabionara.

Dal 14 febbraio al 15 marzo 1932 partecipa, al Palazzo della Permanente di Milano, alla 3° Mostra d’Arte del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti di Lombardia con la scultura in gesso: Contadini al lavoro.

L'11 novembre 1933, dopo la morte del padre, si trasferisce a Castiglione delle Stiviere ove terrà studio ed abitazione fino alla morte. Lo stesso anno inizia la collaborazione e l'insegnamento del disegno e del modellamento nella Scuola di Arte Decorativa e Disegno a Castiglione delle Stiviere (tale collaborazione si protrarrà fino al 1959).

Esegue in questi anni molte sculture di tematica diversa e opere di carattere funerario di elevata caratura artistica.

Dall’1 al 31 maggio 1934, partecipa alla V Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Lombardia al Palazzo della Permanente di Milano con tre sculture Testa di ragazzo (Terracotta), Ragazza seduta (Gesso), Testa di giovinetto (Terracotta).

Dall’1 al 31 maggio 1935, partecipa alla VI Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano al Palazzo della Permanente con la scultura in terracotta Bambino, e due opere intitolate: Rustico.

Dal 15 febbraio al 15 marzo 1936, partecipa alla VII Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano al Palazzo della Permanente con due sculture Testa d’uomo, Testa di bimbo.

Partecipa, nel 1941, alla VIII Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani con il disegno: Autoritratto, e con due pastelli Nature morte.

Partecipa nel 1950, maggio-ottobre alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova con le sculture Testa di ragazzo, Testa di bimbo.

Nel 1951 gli viene assegnata la cattedra di decorazione plastica a Guidizzolo (carica che manterrà per otto anni). Oltre all'attività di insegnante e scultore si applica anche alla ceramica.

Nel 1957 gli viene affidato l’insegnamento nella Scuola del marmo di Botticino (BS) per tre anni.

Muore a Castiglione delle Stiviere il 1 dicembre 1960.

Nel luglio 1961, il Comune di Castiglione delle Stiviere gli ordina la prima mostra personale postuma nei saloni dell’Asilo Menghini. Lo stesso anno, alla Rassegna Arti Figurative Mantovane dall’800 ad Oggi, tenutasi alla Casa del Mantegna di Mantova, dal 25 settembre al 31 ottobre, vengono esposte le sue sculture: Ritratto e Maternità.

Nel settembre-ottobre del 1980, la Pro Loco e l’Amministrazione Comunale di Medole dedicano a Brigoni una importante Mostra Antologica a Palazzo Minelli alla quale vengono esposte 49 opere.

Dal 13 aprile al 3 maggio 1992, nel Teatro Comunale di Medole in occasione dell’apertura della Civica Raccolta d’Arte, espone, nella Collettiva “Cento anni di Pittura mantovana 1895-1985”, la scultura: Fanciullo medolese (Vasco), gesso.

Nel 1999, dal 25 settembre al 17 ottobre, Castiglione delle Stiviere gli dedica la mostra: “Giuseppe Brigoni, opere”, curata da Renata Salvarani, presso il Palazzo Pastore, alla quale vegono esposte una cinquantina di opere che finalmente celebra i meriti dell’artista mantovano. Lo stesso anno il carboncino Pensierosa viene esposto alla mostra “Il disegno a Mantova 1900-1950” presso la Pinacoteca Comunale di Quistello dal 16 ottobre al 5 dicembre.

Giuseppe Brigoni è stato un artista completo, infatti oltre che all’imponente mole di opere scultoree, ha eseguito numerosissimi e pregevoli disegni a matita e a carbone, sanguigne e graffiti, olii e pastelli di grande bellezza.

Sue opere figurano in collezioni pubbliche e private e nei Cimiteri di Castiglione delle Stiviere: Pietà Tomba Desenzani, Il nido Tomba Veronesi, di Carpenedolo: Cristo risorto Tomba Galletti, Medole: Deposizione Tomba Avv. Minelli, Ceresara, Castelgoffredo, Asola, Torino, Lodi, Cremona.

Giudizi critici:

Ho conosciuto Brigoni a Milano, nel corso della inaugurazione della Biennale di Brera del 1929.

Di lui avevo già visto a Mantova un'opera che mi era piaciuta moltissimo: un busto di contadino grande al vero, di un realismo crudo, tagliente, insolito anche in quegli anni.

Seppi che era di Medole (sul catalogo della mostra figurava essere di Mantova), come Vindizio che ci aveva presentati, e come Lilloni che di lì a poco si unì a noi, facendo una rimpatriata di mantovanità in chiave medolese.

Lilloni esponeva per la prima volta quella sua Eva, ancora oggi considerata un caposaldo della pittura lilloniana; nella sala successiva, la quarta, Vindizio esponeva un Piccolo lago e Brigoni una Testa di vecchio, un’opera che, come quella che conoscevo già, offriva una sintesi mirabile di idea e di natura osservata in serena dimestichezza, improntata ad un naturalismo descrittivo e insistito, permeata di una sincera intensità sentimentale.

Manifestai agli altri e a lui la mia impressione. Brigoni ne fu felice, e per un momento uscì da quella sua schiva riservatezza congenita.

Prese l'avvio così un'amicizia fondata sulla stima per l'artista e per l'uomo, che durò nel tempo senza offuscarsi mai. Stima che ebbi modo di confermargli quando, nel 1951, ebbi la possibilità di chiamarlo a coprire la cattedra di decorazione plastica nella mia scuola di Guidizzolo e, successivamente, nel 1957, per incarico di quella amministrazione comunale, gli affidai l'insegnamento della scultura nella Scuola del marmo di Botticino.

L'iter formativo di Giuseppe Brigoni seguì una linea che fu abbastanza comune a molti giovani artisti nei primi decenni del nostro secolo.

Cioè non frequentò scuola d'arte o accademie, ma studiò da solo eleggendo a propria maestra la natura; integrando la propria preparazione tecnica, soprattutto, frequentando lo studio-laboratorio di uno scultore affermato.

Quando Brigoni muoveva i primi passi sulla via dell'arte, era ancora vivo il ricordo del gesto del direttore dell'accademia di belle arti di Napoli, che autorizzò l'amministrazione provinciale di Chieti a corrispondere ugualmente la borsa di studio a F.P. Michetti da lui invitato a lasciare la scuola ed a ritornare in Abruzzo “reputando che lo studio diretto del vero, gli giovasse assai più dell'insegnamento”.

Non deve fare meraviglia, quindi, che Domenico Pesenti, quando scoprì nel Brigoni, ancora giovane contadino, lo scultore nato, lo abbia consigliato, come ricorda la figlia: “a fare da sé, semplicemente, guardando soltanto la natura”.

Brigoni seguì il consiglio dell'illustre pittore concittadino, e continuò a modellare figure con la creta che trovava nei campi attorno a casa; a disegnare ed a dipingere, ispirandosi alla vita agreste della quale era ad un tempo spettatore e protagonista.

Riceveva anche lezioni di cultura generale dal proprio parroco don Regonini.

Ma verso il finire dell'adolescenza, sentì il desiderio di ampliare i propri orizzonti e di plasmare una materia diversa dall'argilla.

Forse consigliato dallo stesso Pesenti, e con l'aiuto della borsa Franchetti, negli anni 1918, 1919, 1920, frequentò a Milano, lo studio-laboratorio dello scultore Prassitele Barzaghi. Artista che lasciò in Brigoni un ottimo ricordo, ma del quale si sa ben poco, scomparso tragicamente nel 1921.

A vent'anni la prima formazione di Giuseppe Brigoni, quella basilare, era già completa.

Nel 1921 infatti, partecipò al concorso Premoli, a Brescia, per un monumento sacro da erigersi nel cimitero della città. Della giuria faceva parte lo scultore Leonardo Bistolfi, grosso personaggio del tempo, senatore del regno per meriti artistici, che apprezzò molto l'opera presentata dal giovanissimo Brigoni, tanto che lo volle conoscere per proporgli di andare con lui come aiuto.

Fu un incontro importante.

Ma Brigoni doveva ancora fare il soldato. Assolti gli obblighi di leva in aeronautica raggiunse Bistolfi a Torino nel 1922, presso il quale stette circa cinque anni come collaboratore, in un accentuato rapporto di filiale amicizia.

In quegli anni il maestro torinese realizzava una delle sue opere più belle, il monumento a Carducci che è a Bologna.

La casa di Bistolfi era frequentata da scrittori, poeti, giornalisti e dalla jet society del tempo, e da principi di Casa Savoia.

Brigoni conobbe il gran mondo, senza restarne abbagliato. Infatti tornò a Medole.

Sulle conseguenze della permanenza di Brigoni accanto a Bistolfi i pareri sono discordi: c'è addirittura chi parla di deleteria influenza dell'anziano maestro sul giovane scultore. Un tempo l'ho creduto anch'io; ma dopo avere bene esaminato e confrontato l'opera dell'uno e dell'altro, ho modificato parere.

Il meno crudo realismo del medolese del dopo Bistolfi, è dovuto, secondo me, ad un processo evolutivo naturale ed autonomo. Nelle opere successive al periodo Torinese, il Brigoni si compiace di un realismo più morbido, sì, che però non ha nulla di bistolfiano.

Nelle sculture realizzate dal Brigoni tra la fine degli anni venti e l'inizio degli anni trenta, infatti, vediamo spuntare come una fioritura di delicate eleganze e di soavità; seguire una linea di equilibrio, di semplicità e larghezza nella raffinata rticerca di effetti chiaroscurali.

Ma in nessuna opera del Brigoni è presente l'ispirazione bistolfiana e quella particolare tendenza a realizzare in scultura la visione degli impressionisti.

Lo stare accanto al Bistolfi non può aver nociuto al Brigoni. Tutt'altro. Piuttosto io sono portato a credere che egli possa non aver realizzato in misura completa il proprio notevole talento, perché fuorviato dalle necessità della vita, che lo costrinsero, spinto anche dalla sua profonda umanità e dal suo amore per la famiglia, ad occuparsi d'altro.

Fra le cose migliori di Giuseppe Brigoni, sono da annoverare i ritratti, che nella mostra sono qualitativamente e quantitativamente ben rappresentati, in cui egli poté sviluppare le sue non comuni capacità interpretative del carattere delle persone effigiate. Del tutto assenti, per le difficoltà inerenti al loro trasporto sono, invece, gli altorilievi, nei quali il Brigoni si manifestò artista dotato di forti capacità espressive e sensibile modellatore racchiudendo e definendo masse robuste e piani plasticamente animati, in una sintesi di straordinario vigore. Altorilievi di tema quasi sempre rurale, in cui il lavoro della gente dei campi viene rappresentato nella sua bellezza e nella sua asprezza; in cui la semplicità e, si potrebbe dire, la sacralità dei gesti dei protagonisti conferiscono a queste opere un carattere di densità e di pienezza di vita.

Per i bellissimi disegni e per i dipinti bisognerebbe fare un discorso a sé; discorso che mi riprometto di fare alla prima occasione.

La morte del padre prima, e gli avvenimenti che sconvolsero l'Italia, e il mondo negli anni quaranta, gli crearono molte difficoltà. Per risolvere senza sacrificio per i propri familiari, Giuseppe Brigoni non esitò a rallentare l'attività artistica poco remunerativa, per aumentare quella artigianale, accettando lavori d'ogni genere, in prevalenza funerari.

Fu una sofferenza per lui. Sofferenza alleviata quando le commissioni dei clienti gli permettevano di fare ancora della vera scultura. Cosa che gli capitò abbastanza frequentemente come testimoniano sue opere sparse nei cimiteri dell'Alto Mantovano. Opere che sarebbe auspicabile che venissero rivedute, elencate, recensite e giustamente rivalutate.

Alessandro Dal Prato, Settembre 1980


Bibliografia:

2000 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume II, Bond - Dic, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 598/607.

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