Bonaffini Giorgio

pittore incisore
Curtatone (MN), 7 settembre 1921 - Mantova, 39 giugno 1996

Nasce il 7 settembre 1921 a Curtatone (MN), muore a Mantova il 30 giugno 1996.

A Modena frequenta l'Istituto d'Arte "A. Venturi"; questo periodo risulterà fondamentale per la sua formazione artistica: Wiligelmo e le sue strutture architettoniche del romanico di Lanfranco lo avvicineranno al "muro" che, con la "pietra", diverrà il supporto primario della sua ricerca.

Nel 1941 si trasferisce a Milano dove, conseguita la Maturità Artistica, si iscrive all'Accademia Belle Arti di Brera. Nello stesso anno esordisce in arte conseguendo, a Roma, il primo premio per la scultura ai "Ludi Juveniles". Nel 1942, militare di leva a Palermo, gli viene allestita a Messina la sua prima mostra personale di grafica presso la Sala Mostre della Casa Editrice "La Sicilia". Nel 1944 viene aggregato alla V armata americana presso la quale svolge attività artistica come designer; negli ultimi mesi dello stesso anno opera a Roma, in qualità di scenografo, presso gli Studi della "Tirrenia Films" a Cinecittà.

Solo nel 1946 Bonaffini può riprendere gli studi a Brera, dove ha come insegnanti tre illustri maestri del novecento: Aldo Carpi, Carlo Carrà, Achille Funi. Di questo periodo risulterà rilevante la conoscenza delle opere dei lapicidi, attivi nel secolo XI a Milano, Como e Pavia.

Partecipa, nel 1948, alla Mostra Provinciale d’Arte Artisti Indipendenti al Palazzo della Ragione di Mantova, nel mese di ottobre, con i due acquerelli Interno di S. Andrea e nella sezione del bianco e nero con tre Studi dal nudo.

L’anno seguente, alla Mostra d’Arte al Circolo della Stampa di Mantova, espone l’acquerello “I barconi”.

Nel 1949 è a Venezia, impegnato negli studi sull'arte bizantina, gotico-fiorita e sull'incisione.

Partecipa nel 1950, dal maggio all’ottobre, alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani in Palazzo Te a Mantova, con tre acquerelli Paesaggio. Nel settembre 1958, partecipa con il quadro Paesaggio Alto Mantovano al V Premio di pittura di Bozzolo.

Gli anni '60 per Bonaffini sono anni intensi, ricchi di sperimentazioni, sollecitate dal patrimonio delle sensazioni filtrate dalla memoria e potenziate dalla fantasia; i brandelli di muro, i suoi frammenti sono "strappati" a sconosciute città, come quelle immaginate e descritte da Italo Calvino. Gli anni '70, invece, sono caratterizzati particolarmente da omaggi ad alcuni periodi architettonici; degli anni '80 e '90 sono i "Giardini di pietra" e le "Composizioni murali", con una peculiare ricerca sugli intonaci, col preciso intento di salvaguardare superfici di interesse storico.

Bonaffini è più volte invitato al Premio Suzzara, come pure alle Biennali di Thiene, di Cremona, di La Spezia, di S. Leo; ancora a Sele Art Parco esposizioni in Milano, nonché alla 1° Mostra Europea d'Arte Contemporanea allestita nel Palazzo dei Congressi all'EUR di Roma. Inoltre partecipa a numerose rassegne a Pisa, Ancona, Campione d'Italia, Fiesole, Firenze, Bergamo, S. Giminiano, S. Marino. Nel 1963 è segnalato al concorso internazionale "Piastrella d'oro CEDIT" Milano; inoltre, nel 1964, è invitato al concorso nazionale "Arte Luce", Artemide, Milano.

Molti i premi che ottiene, tra cui il primo premio al concorso nazionale di grafica, Foligno, nel 1957; i primi premi ai nazionali dell'acquerello: al "Premio Bozzolo", nel 1958 e al "Premio Campigna", S. Sofia di Romagna, nel 1963; medaglia d'oro al "Dante Alighieri", Sondrio, nel 1965; i primi premi al "Premio Mantova" nel 1967 e nel 1968. Ricordiamo, ancora, la “Vela d'oro” a Desenzano del Garda, nel 1968 e la medaglia d'oro al "Premio Segantini" ad Arco di Trento, sempre nel 1968. Nel 1972 ha vinto il "Premio Ostiglia" e la "Targa d'oro Città di Mezzane".

Nel 1974 è premiato al "Marconiano Città di Milano"; al "Pavone d'oro", sempre a Milano; al "Premio Moretto", a Brescia; al "Riviera del Conero", ad Ancona, nonché al "2° Gran Premio del Montefeltro", alla 1° Biennale di S. Leo.

Successivamente, nel 1990, Bonaffini ottiene il primo premio per la pittura alla 1° Biennale Internazionale del Manifesto Oncologico "Un messaggio per la Vita", che si tiene presso il Palazzo della Ragione, a Mantova. Nel 1993 consegue il secondo premio alla XIX Biennale nazionale "Città di Thiene".

Dal 27 gennaio al 18 febbraio 2001, viene ricordato con una significativa Mostra retrospettiva, a cura di Claudio Rizzi, alla Casa del Mantegna, di Mantova.


Mostre personali:

1966 - Galleria Arte Centro, Milano; 1968 - Galleria San Petronio, Bologna; 1972 - Galleria Arte Centro, Mantova; 1973 - Galleria Hostiliæ Padus, Ostiglia; 1974 - Galleria Andreani, Mantova; Galleria Salotto Copelli, Verona; 1976 - Galleria Hilton, Milano; 1977 - Galleria Kursaal, Circolo dei Forestieri, Lignano Riviera; 1978 - Circolo La Rovere, Mantova; 1979 - Galleria Modì, Bergamo; 1981 - Galleria L. Orsi, Campagnola (RE); 1983 - Testimonianze romaniche, Palazzina Comunale Ex Finanza, Peschiera del Garda (VR); Testimonianze romaniche, Galleria Andreani, Mantova; 1990 - Di Segno in Segno attraverso la Padania, Galleria Lo Scalone, Mantova; 1992 - Testimonianze, Galleria Lo Scalone, Mantova; 1995 - Composizioni murali, Galleria 2E, Suzzara (MN).


Pubblicazioni realizzate:

Sessanta tra disegni e caricature sul Numero Unico del 10° Reggimento Bersaglieri, ediz. La Sicilia, Messina, 1942;

Illustrazioni di Mantova sulla rassegna mensile della Camera di Commercio, Mantova, 1956-58;

Grafici di Mantova sulla "Bancarella" di Giovanni Piubello, Mantova, 1955-56;

Disegni sulla Chiesa di San Vitale a Ravenna, Campanella, Napoli, 1956;

Cinquanta disegni più copertina del volume "Pinocchio", Rossi, Foligno, 1957;

Copertina del testo "Equazioni Chimiche" ediz. Giano, Mantova, 1958;

Scuola Veneta, rivista di informazione ed attualità, Michele Sanmicheli e Andrea Mantegna, ediz. M. Bettinelli, Verona, 1960-62;

Disegno e storia degli stili, ediz. A. Messedaglia, Verona 1961;

"Orientamento" tre testi didattici per la scuola media, ediz. Corona d'oro, Mantova, 1960-61;

Copertina dischi Corale 3 Laghi: Padova 1980, Torino 1985;

Copertina del Volume "Governolo", un viaggio nella storia, Mantova, 1987.


Scritti e studi sull'opera di Giorgio Bonaffini sono apparsi su quotidiani, settimanali, riviste, annuari e cataloghi di mostre personali.

Si sono interessati alla sua pittura: Pietro Annigoni, Luciano Bertacchini, Renzo Biasion, Umberto Bonafini, Liana Bortolon, Gastone Breddo, Luciano Budigna, Aldo. Carpi, Mario Cattafesta, Lorena Corradini, Alessandro Dal Prato, Raffaele De Grada, Mario De Micheli, Enrico Agosta Del Forte, Chiara Dynys, Elda Fezzi, Luigi Fraccalini, Lanfranco Franzoni, Achille Funi, Giannino Giovannoni, Piero Girace, Werther Gorni, Benvenuto Guerra, L. Lazzari, Mario Lepore, Virgilio Lilli, V. Lusvardi, R. Marchi, Renzo Margonari, A. Marini, Giorgio Mascherpa, Gino Meloni, Mario Monteverdi, Alessandro Monzambani, Luciano Morandi, M. Pezzotta, G. Pirotti, Mario Portalupi, Domenico Purificato, Alessandro Righetti, Brenno Romiti, Bruno Saetti, M. G. Savoia, Adalberto Scemma, Carlo Segala, Luigi Servolini, Luciano Spiazzi, Carlo Federico Teodoro, Umberto G. Tessari, Diego Valeri, Giannetto Valzelli, Gian Luigi Verzellesi, Dino Villani, Aldo Zagni.


Giudizi critici:

Giorgio Bonaffini partito dall'acquerello è arrivato lentamente, attraverso un costante lavoro cosciente e meditato, alla pittura ad olio.

Un'estrema coscienza del mestiere e una coerente disciplina interiore lo hanno sempre condotto a meditare per rendersi pienamente conto di ciò che man mano è venuto dicendo col suo lavoro. Dobbiamo confessare che, a tanti anni di distanza, di fronte alle sue opere dalle prime, le più lontane, ad oggi, notiamo una costante aderenza a certi principi estetici, anche se l'artista, nelle varie fasi della sua produzione, ha sempre cercato esperienze di linguaggio diverse.

La coerenza nelle diverse forme espressive si avverte nel filo logico sempre presente nei momenti in cui si svolge il discorso, si che è possibile osservare le varie fasi in cui si attua la poetica dell'artista, come conquiste che ne maturano e completano la formazione. Giorgio Bonaffini è un ex studente d'architettura e attualmente è un insegnante; non bisogna trascurare questi elementi se vogliamo raggiungere una vera comprensione di quel discorso che ci offre l'esibizione delle sue opere. Il sottofondo culturale è sempre presente sia nella sua pittura, diciamo «di getto» come pretende di essere l'acquerello, sia in quella di oggi, più meditata, cioè nella pittura ad olio. Il pittore che da giovane amava l'immediato contatto con la natura per un'oggettiva descrizione del reale, oggi elabora nel suo studio i suoi quadri che, pur conservando un riferimento all'oggetto, son completamente ricreati dall'artista e il riferimento alla realtà diventa sempre più un fatto culturale con costante riferimento a motivi architettonici medievali: rosoni, capitelli, portali di cattedrali romaniche. Le architetture da lui tracciate negli stupendi disegni pubblicati tanti anni fa dalla «Bancarella» di Piubello e i motivi degli acquerelli che gli ispiravano la freschezza del suo discorso giovanile, son gli argomenti che ora, distrutti e liberamente ricomposti, ritroviamo con linguaggio perfettamente aderente nelle meditate opere di oggi.

Perciò gli oli legati alla sua archeologia medievale rivelano la cultura non improvvisata, ma lontana dell'uomo, cultura che non è mai stata pura e semplice informazione, nemmeno quando Bonaffini si limitava a descrivere l'oggetto nei suoi acquerelli. Ma non è solo sapienza di contenuti quella che regge Bonaffini nel suo lavoro; la tecnica usata è molto elaborata, la sua freschezza espressiva è raffinata attraverso un consumato mestiere, sempre condotto con uno scrupolo che definirei artigianale. Il risultato offre un linguaggio molto esperto, il colore è disteso sia col pennello che con la spatola, quest'ultima è usata specialmente quando la superficie pittorica si dilata larga sulla tela e diventa materia la cui preziosità la fa valere per se stessa attraverso i muri rotti, gli intonaci vecchi, consumati che lasciano intravedere i mattoni delle antiche cattedrali, le cui architetture sono intraviste, più che pedantemente descritte.

Giorgio Bonaffini si avverte artista colto anche quando il discorso, nel suo momento creativo, si permette la massima libertà espressiva, che però mai nelle sue opere diventa un fatto arbitrario. Luigi Fraccalini, 1972


La ventata d'irrazionalismo e di impietosa dissacrazione sprigionatasi da qualche decennio in qua, si è violentemente abbattuta anche sul campo dell'arte, nulla risparmiando: cattivo e buono, pessimi esempi e fecondi stimoli. Ma anche questo furore iconoclasta non poteva che esaurirsi, almeno nel suo aspetto più radicale: e così, dopo il tramonto di nichilismi variamente etichettati, molti moderni teorizzatori e operatori sono andati, tra i rottami, alla ricerca di quanto di valido poteva essere ricuperato e rimesso a nuovo.

Ma quando mai l'incontro è riuscito? Raramente, oh quanto: sentivi quasi sempre lo stridore di accostamenti pesanti o maldestri, come se un vegliardo avesse indossato sfrangiati blu jeans o se un tagliaboschi avesse maneggiato i delicati ingranaggi di un orologio.

Tra i pochissimi che sono sfuggiti e sfuggono a questa distonia è Giorgio Bonaffini, mantovano di solida cultura e di originale gusto: inventore di uno stile, di un linguaggio, di un clima tra i più persuasivi e suggestivi. Cominciamo col dire che Giorgio Bonaffini ha saputo cogliere il sapore della poesia nei monumenti architettonici: testimonianze di civiltà passate, di storia. Ma poiché la vera realtà è il divenire, non l'essere assoluto e fuori dal tempo, si è avvicinato a questi rosoni, a queste facciate, a queste colonne, a questi archi, a queste trabeazioni, con tutta la forza della sua modernità e della sua vivacità intellettuale, della sua versatile cultura e provvisto di quella dote che nessuno insegna, ma c'è o non c'è, come il coraggio di cui discorreva don Abbondio: la capacità di cogliere l'essenziale, spezzando e ricomponendo, reinventando al fuoco di una ispirata elaborazione interiore.

La lezione di Bonaffini consiste nel saper far coesistere tanti elementi in apparenza contrastanti: passato e presente (con l'occhio al futuro), cultura ed estro, realtà ed immaginazione, classicismo ed astrattismo. Le sue opere non nascono mai dalla fretta: sono frutto di un sapiente eclettismo stilistico, di uno scabro rigore intellettuale, di un pensare - se così si può dire - in punta di pennello, e insieme di una forte capacità sublimante.

Tutto è rotto, sintetizzato, fuso e rimescolato: e vivacizzato da colori che tuttavia, anche quando sono squillanti e sembrano sfrenati, in realtà mai sono tali da farci dimenticare la corporeità dei muri, il loro senso e il loro peso. Per cui il sogno, quando è suggerito, è sempre ad occhi aperti: invito alla riflessione. Il pittore sa così realizzare un'arte mimetica, di adattamento a ogni occasione, di ricupero di un passato ripulito di ogni muffa archeologica, di riscoperta, col sostegno di mezzi espressivi eleganti eppure carichi di sostanza pittorica. Mario Cattafesta, 1976


“Segno e colore tra disciplina e allusione”

Da almeno quarant'anni Giorgio Bonaffini propone la sua produzione pittorica al giudizio del pubblico in mostre collettive e personali. L'ampio elenco dei suoi recensori è buon testimone dell'attenzione che è stata riservata alla sua attività. Oggi egli si presenta con una personale che riunisce la sua produzione più recente. Per qualsiasi artista di così lungo "curriculum" il più esteso ventaglio di un'antologica poteva rappresentare un'occasione più calzante, in sintonia con l'opinione che il raggiungimento di certe mete esistenziali porti con sé l'esigenza di procedere ad un bilancio. Ma Giorgio Bonaffini, pur legittimamente pago del passato, non indulge molto in ripensamenti e, spinto da una forte carica vitale, preferisce misurarsi ancora col presente. Fino al 1985, egli ha diviso il suo tempo fra l'attività professionale di insegnante di disegno e storia dell'arte e quella di pittore, ma non ha mai vissuto tale condizione in modo sofferto, rifiutandosi di alimentare un innaturale conflitto tra l'arte e la sua professione. Diversamente, egli ha visto nella professione un campo dove esercitare la pratica della manualità, che meglio poteva esser messa al servizio dell'arte quanto più fosse affinata non solo in esercizi liberi ma anche in compiti strettamente disciplinati dall'esigenza dell'ordine didattico. Non conflittualità tra professione ed arte ma anzi collaborazione e suggestioni trasmesse all'artista dalla sua pratica professionale. Ciò spiega bene la genesi e l'identità formale di tanta sua produzione passata, dove erano sempre evidenziate con forza le linee guida per una migliore comprensione della tridimensionalità di un «paesaggio» o di una «composizione».

Noi oggi, abituati a riconoscere ed apprezzare il segno e la presenza dell'arte, o meglio della singolare spiritualità che l'alimenta, anche nei prodotti incolti, siamo strutturalmente portati a sottovalutare l'importanza dell'esercizio assiduo e disciplinato, ossia del dettame classico «nulla dies sine linea», al fine del raggiungimento di apprezzabili risultati sul piano dell'arte. Giorgio Bonaffini con la sua attività quotidiana non intende mettersi in opposizione dialettica con questa moderna convinzione, ma assume un atteggiamento che trasferisce nel mondo solitamente trasgressivo dell'arte la serietà del comportamento professionale, che vuole prioritaria la fase della sperimentazione rispetto a quella delle realizzazioni. Tutto ciò discende dal fatto che Giorgio Bonaffini non condivide, e la sua opera lo dimostra, la posizione di chi assegna il sigillo dell'arte indistintamente a tutto quanto viene toccato dalla mano di chi si ritiene un artista. Riconosciamo allora in lui il rifiuto delle ideologie ostinatamente legate all'ambizione di contrassegnarsi coll'etichetta dell'avanguardia, anche quando le operazioni di cui sono artefici, invece che proiettarsi in avanti hanno piuttosto il sapore di vendette trasversali.

Un fondamentale nutrimento dell'arte di Giorgio Bonaffini è sempre stato lo studio dei caratteri stilistici di alcuni periodi architettonici, specialmente del romanico, del gotico e del barocco, con una dichiarata predilezione per il gotico e per l'ambiente veneziano. La ricerca degli stilemi peculiari delle forme gotiche l'ha portato a impossessarsi dei segni che meglio le traducono in piano, al punto di farne quasi i simboli grafici di un personale alfabeto per mezzo del quale intessere un rapporto di reciprocità con quel raffinato mondo scomparso. L'architettura è fra le arti quella più soggetta alle norme di una disciplina e l'interesse che Giorgio Bonaffini ha portato, come pittore, verso l'architettura è stato causa della sua ricezione di una identica esigenza. Con tali precisi condizionamenti, è evidente che lo spazio operativo di Giorgio Bonaffini va a collocarsi sul versante opposto della pittura gestuale. Niente accidentalità nella sua opera ma piuttosto tanta calcolata allusione. Questa attinge in egual misura alla forza evocatrice contenuta sia nel segno che nel colore. Il segno sale in archi rampanti, si avvolge in spirali, si articola in nitidi segmenti, senza mai creare la sensazione inquietante di inestricabili grovigli, e al suo interno si adagia la variata gamma di colori luminosi, che sembra avere la sua ascendenza nelle modulazioni cromatiche elaborate sull'insegnamento del Bauhaus. Nella sua ultima produzione, ispirata all'architettura veneziano-bizantina, si leggono queste componenti formali ma tutto in chiave di citazione mnemonica, onde le immagini appaiono spezzate, ma non però frammentarie, perché i singoli brani sono ritagliati in regolari pannelli che poi vanno variamente a sovrapporsi. Il viaggio della memoria tra le forme e i colori di Venezia bizantina e gotica non aggrega immagini romanticamente pervase dal senso della decadenza fisica, quali Venezia suggeriva circa un secolo e mezzo fa alla sensibilità raffinata e dolente di John Ruskin. Ai nostri giorni troviamo Egidio Bonfante che esprime in opere dalle tecniche più diverse il suo amore esclusivo per Venezia, puntando sui due poli dell'architettura e della luce. L'immersione di Giorgio Bonaffini nell'atmosfera delle forme e dei colori veneziani lo conduce a superare la realtà della condizione contingente, rimuovendone i dati oggettivi di preoccupante significato, per far assurgere l'argomento dei suoi sogni all'incorruttibile regno platonico delle «idee», che propone moduli ed «exempla» contrassegnati dal crisma dell'eternità, e quindi inattaccabili dai segni del tempo. Venezia risulta un mondo che stringe l'artista in spire così sottili e coinvolgenti da innescare le più diverse e incontrollabili cariche emotive In Giorgio Bonaffini il ricordo di Venezia si realizza attraverso un momento di dissociazione, che separa, come elemento di scarto, la realtà inquietante di oggi dal saporoso nucleo sottoposto, di ritrovata e perdurante purezza. Questo atteggiamento sembra nascere dal rifiuto sentimentale di accettare l'idea che anche il mondo dell'arte visiva fondata sul colore, materializzato in Venezia, possa essere soffocato dall'ondata montante dei gas di scarico del consumismo e della cultura di massa. (Purtroppo, invece, di questa triste evenienza abbiamo avuto un chiaro presagio nel recente scandaloso episodio del mega-concerto rock tenuto nel bacino di S. Marco, davanti ai venerabili marmi di edifici che non hanno eguali sulla terra).

Ma l'attuale mostra della più recente produzione di Giorgio Bonaffini verte anche su una diversa componente tematica, dalla quale anzi l'Artista ha voluto trarre il titolo per l'intera rassegna: «Giardini di pietra». In questo settore egli abbandona la tecnica dell'acquarello, usata per i soggetti veneziani, ed anche il piccolo formato, per tuffarsi nel campo della pittura materica su grandi tele, in una visione fondamentalmente informale, che si sostanzia di spessi strati di colore, mescolato a polveri di marmo, diverse per granulometria e per valori cromatici. La spinta emotiva che è alla base di queste opere è l'impatto con la situazione di degrado delle nostre antiche città, e pertanto un preciso commisurarsi alla realtà di oggi. Le pietre dei vecchi edifici si coprono di croste nere e progressivamente polverizzano in superficie, mentre i vecchi intonaci perdono il colore e si staccano dal corpo murario. Una ricerca in atto in alcune città è volta a fissare in schede le caratteristiche fisiche e cromatiche degli intonaci degli edifici di interesse storico. Giorgio Bonaffini si inserisce da pittore in questa problematica di attualità e svolge la sua ricerca affidandosi ancora al patrimonio delle sensazioni, filtrate dalla memoria e potenziate dalla fantasia. I suoi brani di muro sbrecciato non appartengono alle vie o alle piazze di Mantova, o di qualunque altra delle «cento città d'Italia», ma sono strappati piuttosto da sconosciute città della fantasia, come quelle immaginate e descritte da Italo Calvino. Questo atteggiamento non nasce però da un riemergente rifiuto dell'artista di recepire la realtà del nostro tempo, quanto piuttosto da una sostanziale carica ottimistica, dalla quale è spinto a trasfigurare la malattia delle nostre città in un'occasione per scoprire fiori di pietra e insieme nuove ricchezze cromatiche al di sotto degli intonaci sbrecciati. Allora non manifestazione di un decadente culto per i ruderi, ma anzi vampata di vitalità, che vuol essere auspicio di rifiorenti primavere per quei «giardini di pietra» che sono le nostre antiche città. Lanfranco Franzoni, 1989


Bibliografia:

1949 - F. R., La Mostra d’Arte al Circolo della Stampa, Gazzetta di Mantova, 3 novembre, p. 2;

1958 - R. D., Nella gara di pittura ex-æquo…, Gazzetta di Mantova, 8 settembre, p. 3:

1958 - Carlo Ghidorsi, Inaugurato a Bozzolo il V Premio di pittura, Gazzetta di Mantova, 23 settembre, p. 7;

1970 - Comanducci, IV ed., Milano, Patuzzi Editore;

1971 - Catalogo Illustrato d’Arte Moderna - Milano, Piccioli Editore;

1980 - Luciano Morandi, Giorgio Bonaffini, Mantova, Quadrante Padano, n. 1;

1985 - Adalberto Sartori, a cura di, Pittori Scultori Incisori nella Mantova del ’900, Mantova, Archivio Grafico Sartori;

1987 - Mostra Artisti Mantovani 1987, catalogo mostra, Palazzo della Ragione, Mantova;

1989 - Bonaffini, Giardini di Pietra, catalogo mostra, Casa di Rigoletto, Mantova;

1989 - I Biennale di Cremona - Mostra d’Arte Padana, catalogo mostra, Cremona;

1989 - Per Isabella, catalogo mostra, Borgoforte (MN), Ex Forte, ottobre;

1989 - Per Isabella, catalogo mostra, Casa di Stella dell’Assassino, (FE), novembre-dicembre;

1990 - I Biennale d’Arte Sacra, catalogo mostra, Cremona;

1991 - Po padre e padrone, catalogo mostra, a cura di B. Guerra, Revere, Palazzo Ducale, giugno, e Carbonara Po, Villa Bisignini, agosto;

1991 - XXXI Premio Suzzara, catalogo mostra, Suzzara (MN);

1991 - Art Box, catalogo mostra, Carpi (MO), Castello dei Pio, novembre;

1992 - II Biennale d’Arte Sacra, catalogo mostra, Cremona;

1993 - III Biennale di Cremona - Mostra d’Arte Padana, catalogo mostra, Cremona;

1993 - Omaggio a Claudio Monteverdi, catalogo mostra, Cremona, ottobre;

1993 - Omaggio a Claudio Monteverdi, catalogo mostra, Mantova, novembre;

1994 - La mantovanità nella pittura per vincere la cecità, catalogo mostra, Mantova, Palazzo Ducale, aprile;

1994 - III Biennale d’Arte Sacra, catalogo mostra, Cremona;

1995 - IV Biennale di Cremona - Mostra d’Arte Padana, catalogo mostra, Cremona;

1995 - Arnaldo Maravelli, Giorgio Bonaffini - L’arte come ordine umano nel cosmo, Mantova, Archivio, n° 7 settembre;

1997 - Il Segno Inciso, L’Incisione Mantovana del Novecento, Pinacoteca Comunale, Quistello.

1999 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume I, A - Bona., Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 487/496.

2001 - Giorgio Bonaffini. Un giardino di memoria. A cura di Claudio Rizzi, catalogo mostra, Mantova, Casa del Mantegna, pp. 88.

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