Seitz Ludovico

pittore
Roma, 11 giugno 1844 - Albano (Roma), 11 settembre 1908

IL PRINCIPE DELLA PITTURA MODERNA (1910 - Luigi Schiocchetti)

Laus Deo 1892-1902: ecco la firma che il professor Seitz scriveva in un angolo del quadro dell’Assunta, ultimo del gran ciclo di affreschi eseguiti nella cappella decorata a spese dei tedeschi nella basilica lauretana e che venne scoperta al pubblico nell’ottobre del 1908 dinanzi alle autorità civili e religiose e a una folla di popolo.

Occorsero sei anni per condurre a termine il pavimento e gli stalli ideati dal compianto architetto Sacconi.

Leone XIII, quella grand’anima di mecenate, definì il lavoro del Seitz «Epopea Mariana». Non poteva darsi definizione più esatta e nello stesso tempo più magnifica. E difatti tutto ciò che la Chiesa insegna di più grande, di più sublime, di più umano della Vergine è quivi mirabilmente condensato ed espresso.

Nel soffitto tra un coro di angeli agitanti fumanti incensieri e le simboliche figurazioni del Cantico dei Cantici è raffigurata l’incoronazione della Vergine.

Nelle lunette sopra il cornicione si ammirano i patriarchi e i profeti che della Vergine preannunziarono i grandi destini. Da Adamo, che guardando giù al quadro della crocifissione è esterrefatto dell’immane sacrificio che si sta compiendo per riparare alle conseguenze del suo peccato, ad Abramo, che appressandosi con atto raccolto all’ara ci fa pensare alla rassegnazione del Seitz quando perdette il suo Giorgio; da Mosè a Ezechiele, da Ester a Giuditta, che prefiguravano i trionfi di Maria; dagli Evangelisti che ce ne raccontarono la vita ai più grandi dottori della Chiesa che ne cantarono le glorie, noi siamo trasportati attraverso a tutta la letteratura mariana come in una visione di cielo.

Sotto il cornicione ogni lato ci descrive la vita della Madonna presa nei suoi differenti aspetti. La vetrata è dedicata a Maria sine labe... La parete che segue dal lato di destra a Maria Virgo; l’altra a Maria Mater Dei; l’opposta a questa a Maria Compatiens; e l’ultima a Maria Mediatrix.

A Dio ha egli offerto tutta la gloria che glie ne veniva da questo lavoro colossale.

L’ultimo tocco del suo pennello fu per scrivere Laus Deo.

Ma chi può dubitare che da Dio ricevesse l’ispirazione per dipingere quei soavissimi volti di Gesù e di Maria!

Chi ha visitato la cappella quando ancora vi era il ponte, non avrà certo dimenticato né il dolcissimo profilo di Maria incoronata, né la figura spasimante di Cristo che incontra la Madre nella sua via al Calvario.

É impossibile descrivere tutte le bellezze profuse in questa cappella. Solo chi la vede può dire se il prof. Seitz non abbia raggiunto in modo mirabile il suo scopo qual’era quello di parlare al cuore del credente e di commuoverlo.

Chi non ha la fede del Seitz potrà parlarci della sua semplice tecnica, del disegnatore potente, del forte coloritore, ma non potrà mai comprendere lo spirito che anima l’arte sua!

Quanti insigni visitatori, profani o artisti, trasportati, da un moto d’entusiasmo, baciarono il Maestro, estasiati da tali bellezze!

Quante popolane cadevano ginocchioni e pian gendo protendevano le braccia verso quei simulacri della fede e del dolore!

E questi scatti di fede semplice ma viva, commovevano il buon Maestro, che vedeva così raggiunto il suo scopo, coronati i suoi sforzi; e spesse volte una lagrima furtivamente asciugata tradiva la sua gioia per questo plauso sincero degli umili.

Lo stile di tutta l’opera, come quello della Chiesa, è il gotico veneziano e gli artisti del quattrocento furono quelli dai quali egli maggiormente trasse l’ispirazione.

Dai Giotteschi la grazia dell’architettura; dal Signorelli la maestà delle figure e la larghezza del panneggiamento; dal Beato Angelico egli imparò la soavità e la purezza dei visi angelici e verginali.

Il Pinturicchio sembra essergli stato maestro nella profusione dell’oro e nella ricchezza dei particolari.

Se altro il Seitz non avesse dipinto, l’opera di Loreto basterebbe per annoverarlo tra i più grandi artisti dell’arte nostra.

Nostra, noi diciamo, perché è vano e inesatto voler far di lui un artista tedesco.

Egli ebbe dei tedeschi la forza, la tenacia, ma dal suo pennello scaturiva arte italiana, perché italiana fu in parte la sua educazione, e dei maestri italiani fu egli grande ammiratore e studioso; delle belle città italiane, dei nostri colli e del nostro cielo egli era entusiasta. La sua arte è italiana perché se così non fosse non potrebbe sì altamente commuoverci. Ma molti altri lavori conta nell’attivo il prof. Seitz.

La Chiesa dell’Anima a Roma fu decorata da lui, e suoi sono gli affreschi della cappella di San Giovanni Nepomuceno, che ultimamente arricchì di una pala d’altare. La grande vetrata della facciata è pure opera sua.

Suoi sono i cartoni dei mosaici che ornano il nartece di San Lorenzo, ove trovasi la tomba di Pio IX, come pure suo è il disegno dell’altare in stile bizantino nel medesimo mausoleo; e ciò non faccia meraviglia perché egli si dedicò a tutti i rami dell’attività artistica quale architettura, plastica, cesello, incisione, maioliche. Da poco aveva finito di disegnare sei candelieri per la Cappella Sistina.

Né qui si sarebbe arrestata la sua attività se la morte non lo avesse colto.

Aveva già finito il progetto decorativo per il catino absidale della Cattedrale di Treviso, ove egli aveva dipinto nel 1888 quattro grandi quadri.

Doveva ancora dipingere altre due Cappelle nella basilica del Santo a Padova, una dedicata a Santa Rosa, di cui aveva finito il bozzetto da poco, e l’altra a Sant’Angela; oltre a condurre a termine quella di Santo Stefano, finita solamente per tre quarti, cioè il soffitto in cui ha legato l'opera sua con alcune figure del trecento, coscienziosamente restaurate, il gran quadro della lapidazione di Santo Stefano e uno piccolo, il medesimo Santo davanti al Sinedrio. Resta da terminare la conversione di S. Paolo e da far per intiero un altro di minore importanza. Questo lavoro fu affidato al prof. Biagetii, unico discepolo formatosi interamente alla scuola del Seitz e che ne abbia ereditato tutto il sentimento.

A questo giovane artista dalla commissione lauretana, con fine accorgimento, è stata poi affidata la decorazione della cappella che gli slavi donano all’insigne Santuario della Vergine. Ivi egli di certo perpetuerà la gloriosa tradizione del suo insigne maestro, di quella grand’anima di credente e di artista che non è più tra noi, e che è scesa nel sepolcro prima di gustare la gioia del trionfo!… Luigi Schiocchetti. (1910)

Bibliografia:

1910 - Luigi Schiocchetti, Il principe della pittura moderna, L'Artista Moderno, Torino, volume IX, n. 14, pp. 217, 220/225.

1910 - Rodolfo Villani, A proposito dell'Arte di Ludovico Seitz, L'Artista Moderno, Torino, volume IX, n. 17, p. 277.

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