SANTAGATA ANTONIO GIUSEPPE - MAGGIORE DI FANTERIA
Nato a Genova il 10 novembre 1888. Ha studiato a Genova. Ha preso parte alle Biennali Veneziani dal 1928 in poi; alle Biennali e Quadriennali Romane; alle esposizioni d’arte di Madrid, Barcellona, Budapest. Pensionato a Roma dell’accademia Ligustica di Belle Arti. Opere in Gallerie pubbliche e private. Galleria d’Arte Moderna di Roma e di Genova.
Nel 1932 per la Casa Madre dei Mutilati di Roma, nel Salane delle Adunate al primo piano, raffresca le quattro grandi arcate: le prime tre rappresentano i momenti della guerra (La Partenza, L’Assalto, Il Ritorno), la quarta – la vela centrale – rappresenta L’Offerta della Casa Madre alla Vittoria.
Esegue anche (1936/1938) Il grande affresco murale (con Cipriano Efisio Oppo entrambi reduci e feriti durante i combattimenti) che corre lungo la Corte delle Vittorie (porticato del cortile della Casa Madre dei Mutilati e Invalidi di Guerra a Roma) è l’unico esempio italiano a raccontare per immagini, in oltre 500 metri quadrati, la Grande Guerra. È il ciclo pittorico che celebra le quattro vittorie delle truppe italiane nel primo conflitto mondiale.
Per la Cappella nella Casa dei ciechi di guerra in Roma, esegue una via Crucis in terracotta, Cristo in Croce e Madonna del Grappa.
Esegue le pitture per le vetrate nella Casa madre dei Mutilati di Genova (1938)
Esegue Cinque Mosaici sulle "Leggi fasciste" nel Palazzo di Giustizia di Milano (1938).
Affresca nella sala delle adunate e della cappella "L'attesa e L'attacco" nella Casa madre dei Mutilati di Palermo (1940).
Realizza l'affresco nel salone e vetrata all'ingresso dedicata alla medaglia d'oro Paolucci di Calboli nella Casa madre dei Mutilati in Milano (1942).
Realizza i mosaici nella sala riunioni "Giulio Cesare attraversa il Rubicone" e "La marcia su Roma" (distrutto dai nemici dell'arte nel dopoguerra: rappresentava Roma con il Duce alla testa degli squadristi marcianti tra labari e gagliardetti), nella Casa madre dei Mutilati di Ravenna (1944).
Esegue affreschi nelle Case Littorie di Bergamo e Rapallo.
(1955) Nato a Genova il 10 novembre 1888, nel 1955 vive e lavora a Molinello di Recco nella riviera ligure. Fin dalla prima giovinezza si è affermato nel campo dell'affresco e, dopo aver partecipato alla grande guerra mondiale, fu chiamato a decorare il salone e il cortile delle Vittorie nella Casa Madre dei Mutilati di Roma, costruita dall'Arch. Marcello Piacentini. Del 1938 è il grande affresco per la Biennale d'arte veneziana; del 1939 sono i cartoni della vetrata policroma sopra il portone d'ingresso della Casa dei Mutilati di Genova. Altre sue composizioni ad affresco e a mosaico figurano in palazzi pubblici di Palermo, Ravenna (Casa del Mutilato), di Venezia, di Milano, del Lido di Roma oltre al ciclo pittorico dedicato in Bergamo alla memoria della medaglia d'oro Antonio Locatelli. Nel 1930 ha esposto, su invito, il dipinto ad olio “Sulla Via di Emmaus” alla Mostra Internazionale di Arte Sacra per l'Anno Santo. Altre sue opere figurano nelle principali Gallerie italiane ed estere. Chiamato cinque anni or sono dalla fiducia di Don Giacomo Alberione, fondatore e Superiore Generale della Pia Società S. Paolo, a decorare l'intera cupola della nuova chiesa in Roma “Regina degli Apostoli” ha portato a termine il grande lavoro che si sviluppa su 1200 metri quadrati di superficie affrescata con la trattazione del tema “La Madonna Mediatrice Universale”. --- (1955 fine)
Nel 1925 illustra con 8 xilografie originali il volume di Carlo Delcroix, Sette Santi senza candele, edito a Firenze, da Vallecchi. (Ritratto di Carlo Delcroix, La comunione colla notte, Il Sudario, La cena, Primavera spenta, Pietà, Il deserto, Risurrezione).
Nel 1926 partecipa alla XV Biennale di Venezia con 1 dipinto.
Figura alla XVI Biennale di Venezia nel 1928, con la scultura Ritratto di Carlo Delcroix, e cartella con disegni, acqueforti, xilografie..
Nel 1930 partecipa alla XVII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con due dipinti: Cesara Delcroix, Casa diroccata.
Nel 1932 partecipa alla XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con tre dipinti: Letizia, Pubertà, La cupola.
Nel 1934 partecipa alla XIX Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con tre dipinti: Avanguardista sciatore, Ingegnere, Pioggia in Liguria.
Nel 1936 partecipa alla XX Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con tre dipinti:
Nel 1938 partecipa alla XXI Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con un dipinto:
Nel 1940 partecipa alla XXII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con un dipinto:
Affresca nel 1940 la vasta parete della Casa Littoria di Bergamo, con la memoria dell'eroe Antonio Locatelli, tre volte medaglia d'oro.
Nella primavera del 1942 partecipa a Roma, alla Prima Mostra degli Artisti Italiani in Armi, presenta sette disegni a carbone: San Giorgio, Patrono celeste della Cavalleria, disegno a carbone, cm 135x280, Santa Barbara, Patrona celeste dell’Artiglieria, disegno a carbone, cm 135x280, San Martino, Patrono celeste della Fanteria, disegno a carbone, cm 135x280, Ufficiale con megafono, disegno a carbone, cm 49x64, Fanti, disegno a carbone, cm 49x64, Guastatore, disegno a carbone, cm 49x64, Paracadutista e carrista, disegno a carbone, cm 49x64.
Nel 1942 partecipa alla XXIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 2 affreschi, e nello Spazio del Bianco e Nero con 1 cartone per un affresco.
Antonio Locatelli - TRE VOLTE MEDAGLIA D'ORO - NELLA PITTURA CELEBRATIVA DI A. G. SANTAGATA
Credo che nessuno, tra i molti artisti d’Italia che praticano la pittura a fresco, meglio di A. G. Santagata avrebbe potuto celebrare la sublime figura di Antonio Locatelli, cavaliere di tutti i cieli della guerra, trasvolatore di continenti e di oceani, eroe purissimo, Prediletto della Vittoria, come ebbe a chiamarlo Gabriele d’Annunzio. L’artista ligure, che oggi ha raggiunta una compiuta maestria nella tecnica della pittura murale, ha sentito il tema della sua fatica d’arte con una sincerità ed un impeto davvero commoventi. Antonio Locatelli-, che dai cieli della patria trasvolò nel cielo della gloria immortale, dopo una vita pura onesta eroica- fu un soldato del dovere in tutte le ore della sua operosa esistenza. Un suo amoroso biografo, rievocandone le opere e i giorni, disse di lui: «Anzitutto seppe uniformare tutta la vita. E quegli alti ideali in cui aveva fisso lo sguardo, come a una stella. Non ultimo della sua esistenza egli trascorse che non fosse nobilmente occupato nell’adempimento dei suoi doveri. Come i santi, così i veri eroi devono in ogni momento combattere il male, che è in noi e che tenta di distoglierci dalla retta via, e Locatelli fu eroe in questo senso, eroe prima della guerra, in guerra, dopo la guerra ». E Santagata ha intesa e compresa la grande figura dell’Eroe, ne ha penetrato lo spirito. La vasta parete della Casa Littoria di Bergamo, -dedicata ad Antonio Locatelli, tre volte medaglia d’oro- sulla quale Santagata ha voluto rivivesse l’Eroe della Patria e della Rivoluzione, si illumina appunto alla figura di Lui che campeggia nel centro.
Faccio ritorno da Bergamo, ove alla presenza di Amilcare Rossi, medaglia d'oro e presidente dei combattenti d’Italia, e delle autorità e delle gerarchie cittadine, ha avuto luogo, nella bella Casa del Fascio, bene ideata e bene costrutta dall’architetto Bergonzo, la cerimonia della consegna dell’affresco celebrativo, che Santagata ha condotto secondo l’antico sistema italiano di Cennino Cennino, codificatore della pittura murale giottesca. Il pittore ligure è un tenace lavoratore e un attento studioso; e la pittura a fresco non ha segreti per lui, che divide il proprio amore tra Giotto e Piero della Francesca, tra Andrea del Castagno e Signorelli. Dopo le vaste pitture celebrative della Guerra e della Vittoria nel salone della Casa Madre dei Mutilati, dopo quella, non meno nobile ed interessante, della conquista dell’Impero, nel Cortile d’Onore della superba casa romana ove la Vittoria è vivente, Anton Giuseppe Santagata afferma decisamente la propria personalità d’artista con un’opera salda e potente che sopravviverà al proprio creatore: un’opera concepita con sicura acutezza ed espressa con lucida evidenza, con sobrietà e nobiltà, in una tonalità calda, che bene si addice alla dignitosa severità dell’ambiente.
Nel centro dell’opera è l’aitante figura di Locatelli; e la Vittoria accompagna il suo Prediletto. Alle spalle delle due figure centrali è la visione di Bergamo cattolica e guerriera, con le chiese e la Cappella Colleoni, le torri snelle e le mura severe. La superficie della parete- (circa 140 metri per una lunghezza di oltre sedici metri e una altezza di più che otto metri) -è divisa in senso longitudinale in tre parti, secondo l’esempio michelangiolesco di palazzo Farnese. E la parte inferiore è riservata alla esaltazione della Giovinezza Nostra che, col proprio fervore e col proprio sangue, ha creato, dal ’915 al ’937, la Nuova Italia; da sinistra a destra, si va dalla guerra contro l’Austria alla Marcia su Roma e alla conquista dell’Impero. Una selva di querce e di alloro separa le due epopee, chiuse ai lati da due gruppi di cavalieri.
Negli scomparti superiori si adunano i più significativi episodi della vita inimitabile dell’Eroe. Sulla sinistra: la battaglia nel cielo di Trento, il volo su Vienna, la prigionia, l’epica fuga. A destra: la trasvolata delle Ande, il volo in Groenlandia, l’impresa etiopica e il rogo di Lekemti. Liberato dal peso mortale, il Prediletto della Vittoria, adagiato sulle ali bianche della divinità guerriera, viene condotto all’Arco del Trionfo Romano. E l’Arco di Trionfo si contrappone plasticamente alla Prigione di sinistra: doppia evasione dell’Eroe, in vita e in morte, liberazione da una schiavitù, ascesa al Cielo.
Temo di avere espressa male, in questa frettolosa nota, la gagliarda efficacia della celebrazione, evidentissima nei volumi plastici, armoniosa nella colorazione, mai stridente, mai violenta, come ispirata agli esempi di delicata grazia dei frenatori del nostro Quattrocento. E, se non temessi di vedere male interpretata la mia impressione, direi che i bellissimi cavalli dei due gruppi del piano inferiore mi hanno spinto a ripensare a quei purissimi capolavori di Paolo Uccello e di Andrea del Castagno, che s’ammirano in Santa Maria del Fiore. (Affido alla intelligenza del lettore la valutazione di questo mio ricordo fiorentino).
Concludo. A Bergamo, Antonio Locatelli, figliuolo dilettissimo, è ricordato con infinito amore. Nel giorno della consegna dell’affresco, quando la vasta pittura è stata liberata dalle impalcature, ho visto più di una lacrima brillare negli occhi dei presenti. Spettacolo infrequente, ai giorni nostri. (1940 - Federico Petriccione, Antonio Locatelli tre volte medaglia d'oro, nella pittura celebrativa di A. G. Santagata, L'Illustrazione Italiana, n. 52, 29 dicembre XIX, pp. 996/997).
Bibliografia:
1925 - Carlo Delcroix, Sette Santi senza candele, Firenze, Vallecchi.
1928 - Roberto Papini, L’arte degli italiani, (ill.), Le Tre Venezie, n. 5, maggio, p. 41.
1930 - XVII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, p. 109.
1932 - XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, p. 85.
1934 - XIX Esposizione Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, catalogo mostra, p. 145.
1940 - Federico Petriccione, Antonio Locatelli tre volte medaglia d'oro, nella pittura celebrativa di A. G. Santagata, L'Illustrazione Italiana, n. 52, 29 dicembre XIX, pp. 996/997.
1942 - Prima Mostra degli Artisti Italiani in Armi, catalogo, Roma, Stato Maggiore R. Esercito, pp. 72/73, 331/337.
1951 - Ettore Padovano, Dizionario degli Artisti Contemporanei, Milano, I.T.E., p. 306.
1955 - Giuseppe Santagata. Pittore, Città del Vaticano, Fede e Arte, Rivista Internazionale di Arte Sacra, Anno III, n. 11 novembre, p. f.t.
1996 - La Biennale di Venezia. Le Esposizioni Internazionali d’Arte 1895-1995, Venezia, Electa, p. 614.
1991 - Germano Beringhelli, a cura di, Dizionario degli artisti liguri, Genova, De Ferrari, p. 282.