Giovanni Renica nacque a Montirone nel marzo 1808, e giovane venne a Brescia, ove frequentò lo studio di Rodolfo Vantini. L’illustre architetto intuì nell’allievo l’illustre paesista, e lo consigliò ad abbandonare sesto e compassi per dedicarsi alla geniale arte della pittura.
A quest’uopo il Renica, raggiunti già i venti anni d'età, si recò a Milano, ed ivi fissò la sua dimora, assiduamente occupandosi dell’arte prediletta, lì questa gli corrispose col suo più amabile sorriso, gli fu prodiga di fama e di meritati trionfi; e l’Accademia di Brera lo elesse a suo membro e consigliere.
Viaggiò per istruzione. Percorse la Svizzera, l’Italia meridionale, si spinse nell’Egitto ed a Costantinopoli, sempre osservando e riproducendo con mirabile facilità e stupenda esattezza i punti più pittoreschi dei paesi visitati.
È innumerabile la quantità di studi e bozzetti dal vero ch’egli eseguì nelle sue artistiche peregrinazioni, e tra questi sono assai notevoli moltissimi schizzi a matita per tocco morbidissimo e sicuro.
Dedicò parte del suo tempo all’insegnamento, e, come il suo contemporaneo ed amico Faustino Joli, ebbe moltissime allieve gentili.
Buono, modesto, affabile, al pari di lui lavorò sempre, appassionatamente, finché non fu condannato a forzato riposo.
Amò d’amore intenso la sua città nativa; assente materialmente, vi si faceva vivo coll’invio di opere pregevolissime ad ogni periodica mostra che qui bandisse il patrio Ateneo, al quale volle far dono di una preziosa raccolta di suoi schizzi e bozzetti (circa 600), scusandosene quasi come di atto di soverchia presunzione!
Gli ultimi anni di sua vita laboriosa contava finirli tranquillamente nella sua città nativa. Ma, giunto fra noi e riannodate appena le antiche amicizie, fu colto dalla più crudele disgrazia che possa affliggere un pittore: un velo di tenebra si stese su quegli occhi che tanto erano penetrati ne’ misteri della luce.
Mori il 27 Agosto 1884.
Nell’emiciclo del Camposanto un bel cippo porta la seguente epigrafe in sua memoria:
RICORDERANNO IL VALENTISSIMO PAESISTA
LE OPERE NUMEROSE OVE POTÈ IL PENNELLO
EMULARE MIRABILMENTE GLI ASPETTI SVARIATISSIMI DELLA LUCE.
LA VEDOVA SERAFINA MEDA
RICORDA CON TENEREZZA LE DOMESTICHE VIRTÙ
L’ANIMO MITE E GENEROSO
CHE NON CONOBBE INVIDIE
AMÒ L’ ARTE E NON EBBE CHE AMORE E CULTO
PER CHI LA PROFESSA DEGNAMENTE.
RIPOSA NELLA EDICOLA DEL MUNICIPIO.
Bibliografia:
1903 - Giovanni Renica, Brescia, Illustrazione Bresciana, n. 19, 15 agosto, p. 9.