Razzetti Giuseppe

pittorepittore giuseppe razzetti
Mantova, 1801 - Mantova, 31 dicembre 1888

Nasce nel 1801 a Mantova, dove muore il 31 dicembre 1888.

Da giovanissimo si dedica alla pittura e studia a Firenze e a Roma con Pietro Benvenuti, Francesco Hayez e Giuseppe Diotti, quindi, tornato a Mantova vive per la sua arte, dipingendo e restaurando molti quadri antichi, inoltre insegna. Esegue varie pale d’altare, ed una intera collezione di ritratti dei Principi e delle Principesse della Casa Gonzaga, raccolta di proprietà prima dei Cocastelli, e poi del marchese Giuseppe Cavriani. Esegue numerosi pregevoli ritratti di suoi contemporanei tra i quali ricordiamo: Marchese Lugi Strozzi, Cav. Graglia, Nob. Zaremba, Giuseppe Accordi e Antonietta Ferrè coniugi, Mons. Pietro Rota Vescovo di Mantova, Un cavaliere dell’Ordine del Redentore per Casa Cavriani, Marchesa Teresa Arrigoni moglie del Marchese Annibale Cavriani con la figlioletta Drusitta, Marchesa Virginia Di-Bagno, Senatore Giovanni Arrivabene, e di Attilio Bondurri.

Nel 1836 esegue la pala per l’altare dedicato a Sant’Anna nella Chiesa dei Santi Gervaso e Protasio di Mantova; la stessa viene inaugurata il giorno 8 settembre; sulla Gazzetta di Mantova, Cesare Costa scrive: “… nella sua tela non troppo ampia, espose per commissione il natale della Madre del Redentore. In mezzo al quadro collocò S. Anna avente in grembo la gloriosa bimba eletta dal Cielo. … Lo sposo suo, già pervenuto all’età senile comparisce in disparte, e legge con disiata compiacenza un antico papiro, sul quale riscontra la promessa di Dio. Due ancelle in atto di ubbidire stanno d’accanto a quella amorosa madre, meravigliate del paro e liete per un tanto prodigio. Per causa singolare vi si volle l’immagine del santo sottodiacono Stefano primo martire cristiano: egli è l’ultimo del gruppo, tiene le braccia incrociate, ha un ramoscello di palma, e un sasso, simbolo della maniera del suo tormento.

Tutte le figure sono ferme al loro posto, tutte studiate ad apposito uffizio ed attitudine particolare: son collocate armonicamente in un atrio magnifico, che comunica ad un bellissimo loggiato, sostenuto da alte colonne d’ordine corintio…”.

Il Razzetti, precedentemente, aveva già dipinto il quadro la Vocazione di S. Luigi Gonzaga di proprietà de’ Nobili Capilupi (ora nella stessa Chiesa di San Gervasio), come si legge nell’articolo di D.G. Battistoni, a proposito di un nuovo dipinto per commissione della Contessa Maria Beffa Borsa, apparso sulla Gazzetta di Mantova il 28 gennaio 1837: “Il quadro che terminò, non è guari, il sig. Giuseppe Razzetti per nobile commissione, da ritenersi in privato presso la signora Contessa Maria Beffa Borsa, poiché dagli intelligenti venne concordemente ammirato; è giusto si porti in cognizione comune, facendone un cenno a debita lode. La qual lode come gli venne per lavoro - Il Quadro di S. Anna in S. Gervaso - compartita, e da un dipinto a questo antecedente - la Vocazione di S. Luigi Gonzaga di proprietà de’ Nobili Capilupi; - la riterremo dove maggiormente in quest’ultimo i suoi ingegni si vedono sollevati.

Rappresenta il Quadro (alto cent. 47, largo 37) Maria Vergine amorosamente vezzeggiante il diletto Bambino, cui le siede sulle ginocchia in atto quasi di cullarlo fra cari tripudj di castissimi affetti. In terra genuflessa, tutta gioia, e da venerazione compresa, a destra vi è collocata Sant’Anna, cui traspare vivo il desiderio di ottenere il diletto bimbo nelle sue braccia, e intanto sta come adorandolo. Alla sinistra così qual fanciullo a fanciullo abbracciato al simbolico agnello si trastulla il Battista, e sorride a quelle labbra dolcissime di Gesù che gli forniscono di un riso…”.

Don Ferdinando Cristofori sulla Gazzetta di Mantova del 13 aprile 1839 così descrive l’affresco del Razzetti realizzato per la Chiesa di Santa Caterina a Mantova: “…Mosso da una voce pressoché generale che nella chiesa di S. Caterina in Mantova, un tempo parrocchia, si era eretto dalla pietà dei fedeli, dietro fervido eccitamento del parroco, del vicario sussidiario, e della fabbriceria di S. Apollonia, un elegante altare sotto il titolo del Crocefisso; e che un quadro a fresco recentemente eseguito ne abbelliva e condecorava la spaziosa parete; mi nacque bramosia di visitarlo, onde convincermi della realtà di così splendido e rinomato lavoro. Colà dirigeva il passo, e già entrava nel venerato recinto lezzante all’intorno di odorose fragranze, che dal calice uscivano de’ fiori a deliziarne lo spirito. Fui preso ad un tempo da venerazione, maraviglia ed affetto. Contemplai dappresso l’opera e rilevai nell’insieme un non so che di raro e pregiabile, per cui saziarmi non sapeva mai lo sguardo di una vista, la quale beavami l’animo delle più tenere e gioconde sensazioni. Mestoso sorge l’altare d’ordine composito, i cui lati sono retti da due colonne di verde antico, coi capitelli e la base di un bianco marmo lucidissimo. I gradini ed il parapetto hanno il colore di un granito screziato, condotto con soma finitezza e leggiadria. La cornice del quadro non è di marmo, ma si direbbe tale, essendo giunto l’artefice ad imitarlo perfettamente. Al disopra di essa vi si osserva dipinto il sudario, il cui velo è sorretto da due angioli coll’ali alquanto spiegate. Ma ciò che maggiormente interessa l’osservatore si è l’accennato quadro eseguito a fresco che in grandioso aspetto si appresenta, ove scorgesi in esso l’ingegno e l’accortezza del pittore nello sviluppo delle sue idee. Qual mano poteva trattare il pennello con più felicita se non un seguace della scuola dell’immortale d’Urbino? A canto del Crocefisso, ammirabile per le sue forme, e per l’aura zona che ne cinge la parte inferiore del corpo, vi locò l’egregio dipintore effigiata la Vergine e l’Apostolo S. Giovanni. Prima stassi la divina madre dinanzi all’alta croce colle braccia aperte in atto d’ineffabile cordoglio. Il pallido di lei sembiante esprime i vivi caratteri la piena degli affetti i più commoventi. Non tacerò le bionde trecce sparse sugli omeri e sul petto, le quali imitano il naturale. Un candido velo alla foggia orientale le cinge l’augusta fronte ornata da un’aureolo folgoreggiante. Il panneggiamento è dei più proprj, e che lo fa risalire alle costumanze dell’Asia antica. Succinta da una purpurea serica veste, vien in pari tempo ricoperta da un manto pomposissimo filettato d’oro, il quale dall’omero le attraversa il petto, avvolgendosi a tergo l’estremo suo lembo.

L’espressione dell’Apostolo è delle più energiche e sentimentali. Giace semigenuflesso, portando scolpita in volto, ove gareggiano la rosa e il giglio, la traccia del più intenso dolore. Vaga n’è l’aurea chioma, che inanellata gli scende con vezzoso scherzo sugli omeri e sul candido seno, fregiata avendo la fronte di un semplice raggio. Una veste violacea assettata al petto lo abbellisce e difende; ove parimenti un manto roseo tessuto, maestosamente gli scende a tergo, e gli ricinge con elegante maniera il rimanente del corpo. Tiene protesa alquanto una mano in atto supplichevole, offrendo coll’altra al Redentor Crocefisso un calice, da cui esce un serpe, così raffigurato per il prodigio che ne rappresenta. L’invenzione, l’ordine, il colorito, i panneggiamenti che in tal dipinto campeggiano, nulla lasciano a desiderare. Porgerò ancora un cenno sulla tinta delle nubi che ammantano il cielo, ed il soggetto orizzontale. Un chiaro-scuro va succedendosi all’alternativa di un azzurro, che vieppiù si fa opaco all’apparire dei crepuscoli della sera. Il monte sovra cui s’innalza il vessillo della croce, è si bene raffigurato che sembra all’occhio di ravvisarlo in natura. Dirupata n’è la salita ed erta la cima: il suolo è coperto di qualche cresta verdeggiante o fiore montano, che si riscontra nelle sue regolari lontananze. Un silenzio, una mestizia per tutto vi regna la più profonda. E quale mestizia?… I lai sembravi udire della sconsolata Vergine misti a que’ dell’Apostolo che le notturne aure commovono, ed il cuore della forsennata soldatesca, che all’orrendo traballo della terra sen fugge sbigottita e tremante nel profondo dell’erma silenziosissima valle…

Non è d’uopo ch’io ridica i sovraccennati pregi di questo meritissimo quadro, essendo in una parola dei più commoventi. Esso fu opera dell’eccellente pittore signor Giuseppe Razzetti, il di cui bell’ingegno è abbastanza noto per altri insigni lavori, dai quali riscosse non solo in questa, ma in altre città di Lombardia generosi encomii.…”.

Il 26 ottobre 1846 con una festosa cerimonia viene collocata nella Chiesa Parrocchiale di Sant’Egidio in Mantova, la pala raffigurante i Santi e martiri Crispino e Crispiniano, (ora dispersa). La Gazzetta di Mantova dedica all’avvenimento un ampio resoconto nel numero del 7 novembre: “…L’autore ha scelto per situazione dell’argomento un duplice sacrificio: l’uno consumato appieno, l’altro che stà per operarsi. Sono quattro le principali figure e due le accessorie in giusta proporzione di prospettiva colocate. Nel davanti del quadro, sul terreno irrigato di sangue, giace S. Crispiniano a cui già tronco vedasi il capo con l’ultimo atomo di esistenza appena perduto. Il corpo è tuttavia color della vita, perché il sangue non è ancor tutto sgorgato, e si comprende quindi il sacrificio appena compiuto. Il reciso capo ha un punto giusto di prospettive e desta insieme la pietà e l’orrore. Il cadavere è bene atteggiato ed il disegno n’è pretto. San Crispino è posto nel mezzo de’ due sicari, che già anelano il minuto del secondo misfatto. il manigoldo alla sinistra del santo ha un brutto ceffo; un non so che d’arcigno nella fisionomia che direbbesi essere quel viso il ritratto dell’aretino. È figura molto espressiva, di buon colore e assai bene disegnata. L’altro alla destra del santo si tiene ritto con la scure in mano macchiata dell’innocente sangue di S. Crispiniano. Il volto di costui non attesta indignazione di sorta: ha un’aspetto d’indifferenza, come accendo che non è la ferocia perenne nell’uomo. È quì il pittore ha dato prova di filosofico pensamento. Sazio appare quel malandrino del sacrificio primo, e non ravvisa il secondo a cui egli è ministro, se non se come atto di nefanda servilità… Il Santo è bella figura in atto di rassegnazione atteggiata? Sembra superbo della parte che gli tocca d’espiazione, e par che aspetti di salire il cospetto di Dio…”. Nello stesso articolo si cita anche un altro dipinto del Razzetti: “…un ritratto al vero di donna, la cui dipartita da questa terra fu pianta da tutti quelli che ne conoscevano l’affabile tratto, e la beltà del cuore, è opera quasi scevra di mende. Vera la persona ritratta, lucido il colorito, i panni con dignità, gli accessori accuratamente trattati… Quel ritratto è posseduto dai Marchesi Cavriani di qui…”.

Nel 1851 viene posta nella Chiesa di Santa Maria della Carità in Mantova la tela di Santa Liberata con S. Antonio, San Luigi Gonzaga e due fanciulli, sempre nella stessa Chiesa viene collocata nel 1860 la tela Presentazione di Gesù al Tempio.

Sulla Gazzetta di Mantova del 21 aprile 1852, si trova la descrizione del Ritratto a mezza figura in atteggiamento di preghiera di una giovinetta Cavriani.

A completamento del ciclo degli affreschi con grandi scene dedicati al Vangelo, lavoro eseguito prevalentemente da Felice Campi nella navata di Sant’Andrea in Mantova, il Razzetti, nel 1854, dipinge la scena della Resurrezione di Lazzaro, e successivamente, nel 1877, la Guarigione del cieco nato. Per la stessa chiesa di Sant’Andrea esegue pure un dipinto ad olio, di formato cm. 40 x 50, che raffigura Sant’Antonio Abate a mezza figura, collocato nella cappellina di Sant’Antonio, sopra la pala centrale.

Per la chiesa di San Tommaso a Levata di Curtatone esegue due pale, una dedicata a Sant’Eufrasia in adorazione, e l’altra a Sant’Antonio Abate con alla base i ritratti di marito e moglie committenti dell’opera.

Esegue pure una pala dedicata a San Camillo e Gloria di Santi, per i frati Carmelitani.

Tra il dicembre 1857 ed il giugno 1858, per incarico del Muncipio esegue la copia all’acquerello degli affreschi “giotteschi” che raffigurano La Vergine in trono col Bambino, L’adorazione dei Magi, La disputa nel tempio dei Dottori, Lo sposalizio mistico di Santa Caterina, I Santi Pietro e Paolo, che si trovano nella Torre della Gabbia, in Mantova.

Il Comune di Mantova dà incarico ai pittori Razzetti ed Antoldi di dirigere la nuova scuola mantovana di disegno e ornato a partire dall’anno scolastico 1862-1863, nelle Sale del Palazzo Scientifico, in seguito si aggiungono i corsi di geometria e architettura a cura di Cesare Campi.

All’esposizione Artistico-Industriale provinciale del settembre 1868, espone una grandiosa tela.

Negli ultimi tempi della sua vita viene eletto socio dell’Accademia Virgiliania.

Muore il 31 dicembre 1888.

Altre opere dipinte dal Razzetti sono: grande quadro raffigurante San Tonio o Tommaso per una Chiesa di Verona; Santa Cecilia, per il Marchese Luigi Strozzi; San Giuseppe col Bambino di commissione del Cav. Graglia; Copia dello Sposalizio della Madonna di Raffaello, per Ippolito Cavriani; il Martirio di San Lorenzo alla graticola, tela di grande formato, eseguita per commissione di Giovanni Chizzoni, poi di proprietà della Famiglia Canneti, oggi al Museo Diocesano di Mantova.


Bibliografia:

1836 - Cesare Costa, Pittura, Gazzetta di Mantova, 1 ottobre, pp. 1/4;

1837 - D.G. Battistoni, Pittura, Gazzetta di Mantova, 28 gennaio, pp. 1/3;

1839 - Don Ferdinando Cristofori, Descrizione di un Quadro a fresco recentemente dipinto, Gazzetta di Mantova, 13 aprile, pp. 1/3;

1846 - X, Un Quadro del pittore Razzetti, Gazzetta di Mantova, 7 novembre, pp. 1/3;

1851 - F. A., Una tela del pittore Razzetti in Santa Maria della Carità di Mantova, Gazzetta di Mantova, 23 giugno, p. 1;

1852 - A…, Belle-Arti, Gazzetta di Mantova, 21 aprile, p. 1;

1855 - Davide Mondani, Belle-Arti, Gazzetta di Mantova, 2 gennaio, pp. 1/4;

1855 - N., Appendice di Varietà, Gazzetta di Mantova, 9 gennaio, pp. 1/3;

1859 - Carlo D’arco, Delle Arti e degli Artefici di Mantova, vol. II, Mantova, tip. Benvenuti, p. 288;

1859 - Bartolomeo Arrighi, Mantova e la sua provincia, sta in: Illustrazione del Lombardo Veneto, Vol. V, Milano, p. 400;

1861 - Istituzione di una nuova scuola di disegno di figura in Mantova, Gazzetta di Mantova, 10 luglio, p. 112;

1864 - L. E., Belle Arti, Gazzetta di Mantova, 1 ottobre, pp. 1/3;

1866 - Anonimo, Guida di Mantova, Ivi, Luigi Segna, pp. 80/81;

1868 - L’esposizione artistico-industriale, Gazzetta di Mantova, 10 settembre, p. 3;

s.d. - Mainardi Antonio: Dizionario de mantovani illustri, manoscritto presso la Biblioteca Comunale di Mantova, pp. 123/125;

1882 - G. B. Intra, La Basilica di S. Andrea in Mantova, Milano, p. 17;

1888 - G.B. Intra, Necrologio, Gazzetta di Mantova, n. 337, 31 dicembre - 1 gennaio 1889;

1891 - Atti e Memorie dell’Accademia Virgiliana - Biennio 1889-90, Necrologio, Mantova, pp. XXV, XXVI;

1952 - Memore Pescasio, Salviamo almeno l’ultimo dipinto dell’antico oratorio bonacolsiano, Gazzetta di Mantova, 28 novembre, p. 4;

1965 - Chiara Perina, Mantova, Le Arti, volume III, Mantova, Istituto Carlo d’Arco, pp. 622, 642, 643, 665;

1965 - Chiara Perina, La Basilica di S. Andrea in Mantova, ivi, Istituto Carlo D’arco - E.P.T., p. 25;

1975 - Italo Bini, Ancora sull’affresco mantovano attribuito a Giotto, (con ill.), Gazzetta di Mantova, 30 novembre, p. 3;

s.d. - (1980 ca.) - Giuseppe Amadei, Mantova millenario racconto, Ente Provinciale Per il Turismo;

1987 - Paolo Carpeggiani - Chiara Tellini Perina, Sant’Andrea in Mantova, Un tempio per la città del principe, Mantova, Publipaolini Editrice, pp. 46, 94;

1988 - Italo Bini, a cura di, L’affresco giottesco della Cappella Bonacolsi, Mantova, settembre;

1988 - Italo Bini, Gli affreschi giotteschi della Cappella Bonacolsi, Mantova, Quadrante Padano, n. 3 dicembre, pp. 44/48;

1988 - Costante Berselli, Gli affreschi della Cappella Bonacolsi, nella Torre della Gabbia di via Cavour, Gazzetta di Mantova, 16 ottobre, pp. 20/21;

1990 - R. Berzaghi, La pittura in Italia. L’Ottocento, vol. II, p. 986;

1992 - Daniela Ferrari, I disegni della Cappella Bonacolsi di Giuseppe Razzetti conservati nei “Documenti Patrii raccolti da Carlo D’Arco” sta in: Indizi di castigato disegno, di vivaci colori. Gli affreschi trecenteschi della Cappella Bonacols, a cura di Ugo Bazzotti, Mantova, Palazzo Te, pp. 91/98, 22, 27, 33, 35, 36, 39, 40, 43, 51, 52, 56/59, 65, 67, 68, 102/104, 107, 115;

2002 - Franco Mondadori, La Famiglia Rizzini dal XVII al XX secolo, Editrice Centro Culturale San Lorenzo, pp. 50, 51, 54,

2003 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume V, Na - Ru, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 2547/2557.

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