Raffaldini Arturo

pittore restauratore
Mantova, 31 marzo 1899 - Firenze, 24 gennaio 1962

Nasce a Mantova il 31 marzo 1899, ultimo di cinque figli di Ascanio e Adele Calza.

Ottenuta la licenza dall'Istituto tecnico di Mantova si trasferisce a Milano, in via Marsala 11 ed è ammesso all'Accademia di Brera per l'anno 1913‑1914 con una borsa di studio Franchetti di lire 800, a Milano completa gli studi con il 2° corso di specializzazione in pittura sotto la guida di Cesare Tallone e si distingue come ritrattista.

Nel 1915 riceve un'altra borsa di studio Franchetti, sempre di 800 lire. Fra il dicembre 1915 e il gennaio 1916 partecipa alla Mostra artistica mantovana pro mutilati e orfani dei militari caduti in guerra al Palazzo Ducale di Mantova con nove opere: Testa di bimbo, Testa di bimbo al sole, Impressioni di Porto Catena, Testa di vecchio, Impressioni d'orto, Bozzetto di bambino, Testa di bambino, Testa di bambino, Impressioni di piazza Sordello.

Nel 1916 riceve ancora una borsa di studio Franchetti di lire 900 per completare gli studi a Milano e nell'anno accademico 1916‑1917 a Brera vince il premio Hayez, consistente fra l'altro, in una pensione di due anni, i cui versamenti sono però sospesi in tempo di guerra. Raffaldini viene chiamato alle armi con i "ragazzi del ’99" e nel 1919 è presso il Battaglione Radiotelegrafisti a Tivoli, dove riesce comunque a dedicarsi alla pittura se in una lettera dello stesso anno chiede al segretario dell'Accademia di Brera un acconto per poter comprare i colori e ottiene così ad ottobre un pagamento di lire 100 a titolo di sussidio. Tenta anche se senza successo di essere ammesso all'Accademia di Roma, per accedere alla quale il nuovo regolamento prevede un esame di integrazione, e presenta una lettera datata 17 maggio 1919 del Segretario dell'Accademia di Brera nella quale si legge: "… ma infine se qualche facilitazione si può fare, questo è forse il caso di farla poiché si tratta di un giovane di talento che ha bisogno di tornare ad esercitarsi nei suoi studi prediletti."

La pensione Hayez sarà poi regolarmente versata fra il 1920 e il 1922 ed è probabile che prima dell'ultimo trimestre, come prevedeva il regolamento del premio, Raffaldini abbia depositato presso l'Accademia un suo autoritratto, destinato ad andare perduto come purtroppo buona parte dei ritratti degli altri vincitori. Nel 1921 riceve infine la nomina a socio onorario dell'Accademia.

Tornato a Mantova, nel maggio del 1921 espone ritratti e paesaggi alla Mostra artistica mantovana che si tiene nel Palazzo Ducale e nel dicembre del 1922 ordina una mostra personale in città. Per l'occasione Giuseppe Guerra scrive: “Il Raffaldini è il più giovane dei pittori mantovani, di più lo sappiamo fornito di tenaci qualità volitive e d'un serio senso di autocritica… due qualità innegabili può scorgere però l'attento osservatore in queste rapidissime impressioni: la composta intonazione della tavolozza e la sicurezza del tratto. Sempre fedelmente è ritratto il suggestivo paesaggio dolomitico; e la grigia densità dell'atmosfera che in certe ore adombra ed attutisce la crudezza prospettica delle cime alpine, da motivo pittorico si trasforma spesso in motivo sentimentale e poetico. Il Raffaldini non si lascia mai sedurre dalle esagerazioni del colore, né dai lussureggianti barbagli di colore, cosicché i suoi lavori sono sempre esenti da quel barocchismo che parla tanto agli occhi e nulla allo spirito.”

Dal 29 aprile al 24 maggio 1928 espone alla Fiera d'arte mantovana nel Palazzo della Camera di Commercio di Mantova sei dipinti: Paesaggio molo, Tremosine, Viareggio spiaggia, Autoritratto, Viareggio molo, Cortina d’Ampezzo.

Nel 1933 partecipa alla Mostra provinciale "Pittura e Scultura" tenutasi a Palazzo Ducale in occasione della III Settimana mantovana (30 aprile‑21 maggio) con i dipinti Ritratto di mia moglie, Ritratto di mia figlia, Bambina che dorme, Cupola di S.Andrea, Ultimi raggi.

In questi anni Raffaldini si trova immerso nel particolare clima culturale di Mantova, cui gli interventi di recupero di Palazzo Ducale aprano dibattiti su temi nuovi e soprattutto offrono ampie possibilità di lavoro agli artisti cittadini; la passione per la pittura viene affiancata da un crescente interesse per il restauro, che lo conduce in particolare ad approfondire studi e ricerche sulle tecniche artistiche del passato.

Fra il 1927 e il 1935 Raffaldini ricopre il ruolo di responsabile dei restauri e segue i lavori sulle due pareti non istoriate della Camera degli Sposi e della Galleria della Mostra, restaurata fra il 1933 e il 1934 grazie al contributo del collezionista americano Samuel Kress; altri suoi interventi si segnalano nell'appartamento di Troia e nella Sala di Manto, mentre qualche anno più tardi, nel 1938 alla ripresa dei lavori nella Camera degli Sposi Raffaldini si scontra con il nuovo direttore scientifico dei lavori, Pelliccioli. Motivo del contrasto è il disaccordo sulla tecnica usata da Mantegna che Raffaldini sostiene essere la pittura a tempera e non l'affresco, ritenendo quindi non opportuno lo strappo dell'opera dalle pareti.

Sempre nel 1938 Raffaldini cura invece lo strappo di un affresco rinvenuto in un edificio privato mantovano, si tratta di una copia dei Trionfi di Cesare di Mantegna, eseguita probabilmente da qualcuno degli allievi dell'artista. Nell'articolo dedicato all'evento, comparso sulla Gazzetta di Mantova, Luigi Pescasio tratteggia in modo vivace il turbamento e la perplessità dell'osservatore profano davanti alle operazioni di strappo e li contrappone alla calma del professionista; stati d'animo questi che Raffaldini deve sicuramente aver letto spesso negli sguardi dei propri interlocutori durante i suoi interventi.

“Incominciamo, dice Raffaldini.

Due uomini salgono sulla scala e iniziano il lavoro. Preso un capo della tela incominciano a tirare. Lentamente, scricchiolando, staccando piccoli calcinacci, la tela si scrosta e si stacca; e con essa l'affresco.

Una sottile pellicola, fine fine, aderente alla tela come una calcomania.

Ma è un lavoro che sulle prime sconcerta lo spettatore profano. Perché con quello strappare rude, fatto senza tanti complimenti, sembra che tutto debba andare a catafascio. Ti verrebbe quasi voglia di scommettere che alla fine, dell'affresco, non n'è rimasto neppure una traccia.

È meraviglioso: un lavoro semplice, ma che ti lascia attonito. Raffaldini sorride… guardando me che devo avere un'aria impressionatissima”.

In questi anni Raffadini lavora ancora in città nella basilica di S. Andrea, su commissione della Fabbriceria con il concorso finanziario dello Stato, dove termina il restauro di due affreschi di Fabrizio Perla e di una Natività di Rinaldo Mantovano. Nel Battistero del Duomo, nel 1943, riporta alla luce una crocifissione ad affresco del XIV secolo; nel 1944 il restauratore mantovano e invece protagonista di un episodio relativo al movimentato salvataggio dell'affresco di Piero della Francesca nel Tempio Malatestiano di Rimini, che viene da lui strappato sotto i bombardamenti e trasportato a Mantova per il restauro. A proposito delle operazioni di fissaggio della pellicola pittorica su un nuovo supporto che richiedevano del caseato di calcio, ricavabile da calce, latte e formaggio, così ricorda in un suo intervento Ottorino Nonfarmale, allievo del Raffaldini e oggi fra i maggiori restauratori italiani:

“Per l'affresco di Piero, il Ministro decise un'assegnazione straordinaria di un'intera forma di grana, di latte e uova in abbondanza… L'intera forma fu ripartita tra i restauratori e i custodi di Palazzo Ducale e per l'affresco di Piero rimasero solo le croste.

Ma bastarono”.

Anche se la sua attività principale resta quella di restauratore, Raffaldini continua a dipingere, nel 1944 partecipa alla X Mostra sindacale degli artisti mantovani allestita dal 23 aprile al 14 maggio nella sede dell'Unione professionisti e artisti in via Marangoni 14 a Mantova con tre dipinti: Nevicata, Ritratto di bimbo e Composizione. A questi anni, che lo vedono sfollato a Schilpario con la moglie e le figlie, appartengono i paesaggi montani, eseguiti spesso su materiali di recupero come parti di cassette di legno o cartone.

Dopo la guerra Raffaldini espone quattro oli alla Mostra della Libertà, a Mantova dal 14 al 30 ottobre 1945: Case rustiche, Ritratto di mio figlio, Sole in montagna, Testa di bimbo.

Sempre in questo anno Raffaldini ordina alla Galleria del Pioppo di Mantova una mostra personale ed espone quadri che permetteranno ai mantovani amatori d'arte di ammirare le doti di colorista vivacissimo. Nel settembre dell'anno successivo partecipa alla Mostra d'arte mantovana al Palazzo della Razione.

Nel 1947 si trasferisce a Firenze dove prosegue l'attività di restauratore aprendo lo studio in via Landini.

Sono anni di lavoro molto intensi che lo vedono ancora collaborare con la Soprintendenza ai monumenti di Verona per interventi a Mantova in San Francesco e nella sagrestia del Duomo, mentre sempre più numerosi sono gli incarichi affidatigli a Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna.

Vale sicuramente la pena di ricordare fra questi gli interventi a Bologna nella cappella di S. Apollonia a Mezzaratta (1948‑1953) sugli affreschi della scuola di Vitale da Bologna, e nella Cappella Bentivoglio in S. Giacomo Maggiore (1952‑1953); a Ferrara in Duomo (1948), dove reintegra nella loro forma e struttura originaria le quattro ante d'organo di Cosmè Tura, e nel salone degli affreschi di Palazzo Schifanoia (1951‑1953); infine a Napoli dove nel 1957 realizza lo strappo di circa 85 metri quadrati di affresco del Fischetti dal Soffitto dell'ex palazzo Casacalenda, ricollocandolo a Capodimonte, e interviene fra il 1959 e il 1960 nelle chiese cittadine di S. Brigida e di S. Maria del Popolo.

Intanto a Firenze nel 1957 Raffaldini espone presso la Galleria Lyceum opere ad olio e ad encausto; fra le prime Testina di bimbo, Case rustiche, Veduta di Schilpario, Bambine, Piazza Sordello a Mantova, Case di Schilpario, Primavera, Autunno, Bimba che legge, Autoritratto, Paesaggio di Schilpario, Interno di stalla, Ritratto di bimba, Paesaggio mantovano, Bambino con fondo rosso, Natura morta, Bimba pensosa, Ritratto di mia figlia, Ritratto di mia figlia, Ritratto di mia figlia, Ritratto di mia moglie, Bimba che lavora, e cinque versioni di Molo di Cesenatico. Molto interesse suscitano anche le opere ad encausto: Ritratti uniti, Molo di Cesenatico, Imitazione trecentesca, Imitazione trecentesca, Fiori, Molo di Cesenatico, Molo con vela bianca, Basilica di S. Andrea di Mantova, Imitazione dipinto pompeiano, Figurina di donna (su muro), Molo di Cesenatico (su papulit), Molo di Cesenatico (su populit), Molo di Cesenatico (su populit), Molo di Cesenatico (su muro), Imitazione Filippino Lippi, Nevicata (su cartone), Bacchino (imitazione affresco settecentesco su tela), Imitazione pittura pompeiana (su mattone), Imitazione paesaggio di Giotto (su mattone), Decorazione (su mattone), Decorazione (su mattone), campioni vari.

Raffaldini riscopre i segreti dell'encausto, antica tecnica già usata dalla pittura greco‑romana e poi soppiantata dalla pittura ad affresco, e se ne avvale nelle sue opere, affascinato soprattutto dalle possibilità espressive di una materia di gran lunga superiore per luminosità, trasparenza e resistenza alla tempera e al colore ad olio. Non solo l'encausto viene sperimentato dal pittore, ma addirittura, alla luce della propria esperienza di restauratore, Raffalini ne intravede le innumerevoli potenzialità applicative. In un'intervista pubblicata sul Messaggero l’8 luglio 1958 egli confida al giornalista:

“L'encausto moderno può essere utilizzato sia per pitturare sia i muri che per il legno, la tela, il mattone, il cartone e molte altre sostanze. I romani e i greci si servivano dell'encausto per dipingere le loro navi e quella “pittura a fuoco" resistette validamente alla corrosione della salsedine. Appunto per la sua proprietà di non deteriorarsi in contatto con gli agenti atmosferici considero l'encausto eccellente per decorazioni murali, affreschi e tinteggiature di edifici soprattutto in quei luoghi dove l'umidità e il mare sono, diciamo così, di casa”.

Purtroppo proprio intorno all'encausto e alla paternità della sua riscoperta verrà alimentata una polemica priva di fondamenti; la serie di interventi presenti sulle pagine dei quotidiani dell'epoca e il carteggio con i suoi interlocutori testimoniano la profonda amarezza che l'intera vicenda suscita nel Raffaldini.

Nel 1960 il restauratore si guadagna ancora una volta l'onore della cronaca come protagonista del curioso e fortuito ritrovamento di un ritratto femminile di Goya, firmato e datato. La tela gli viene affidata da un collezionista mantovano del tutto ignaro del suo valore, e dopo un accurato lavoro di eliminazione della patina scura accumulata nel tempo, riemerge in tutto il suo splendore un ritratto di nobildonna spagnola che si rivela opera inedita del pittore spagnolo.

Dopo una breve malattia, Arturo Raffaldini si spegne a Firenze il 24 gennaio 1962. La Gazzetta di Mantova lo ricorda con queste parole:

“…Il restauro e lo strappo degli affreschi non hanno distolto Raffaldini dalla passione di dipingere, anzi hanno sempre più suscitato in lui quella passione che fin da fanciullo gli è stata propria. Così la sua pittura raffinata e filtrata attraverso un quarantennio di esperienze e ricerche è sempre stata un fenomeno spontaneo, istintivo, determinato dal godimento sensuale della gioia del colore. La sua pittura fu e rimane un fenomeno visivo e per chiunque guardi i suoi dipinti sarà sorgente di ammirazione e di stupore il comprendere quanto il colore possa in un artista sensibilissimo.

Tutto in lui nasceva dal colore. Ombre e luci, materia e atmosfera sono motivi e sensazioni di colore e nei suoi quadri è il colore che prende effettivamente forma, distingue le cose, conduce la narrazione. Si può quindi affermare che Raffaldini per una intera vita è stato alla i ricerca della verità nel colore che egli sentiva come espressione e manifestazione di vita. Nulla quindi in lui che sapesse di vieto realismo o tanto meno di tendenzioso materialismo di maniera. La sua pittura è una continua e felice interpretazione e sublimazione della materia nel mondo poetico del colore. Tale urgenza fu tanto sentita in lui da spingerlo alla ricerca di nuove tecniche, di nuove maniere che gli permettessero sempre più di fissare la gloria coloristica del suo mondo”.

Dal 3 al 20 ottobre 1965 la Galleria La Torre di Mantova gli dedica una retrospettiva, destinata fino a questo momento ad essere l'unica. Nel febbraio del 1990 alcune sue opere sono esposte alla mostra "Collezionismo mantovano: dall'800 sino ad oggi", che si tiene nelle sale del Circolo La Rovere a Mantova. Dal 13 aprile al 3 maggio l992 nel Teatro comunale di Medole in occasione dell'apertura della Civica raccolta d'arte viene esposta nella collettiva "Cento anni di pittura mantovana 1895‑1985" l'opera Paesaggio. Infine, nella mostra "Arte a Mantova 1900‑1950" tenuta nelle sale di Palazzo Te a Mantova dal 26 settembre 1999 al 16 gennaio 2000 è esposto l'olio su tavola Borgo di montagna.

Elena Stendardi e Arianna Sartori

Hanno scritto di lui:

La pittura istintiva del mantovano Arturo Raffaldini… è una vena di canto tutto affidata alla gioia del puro colore, in cui l'artista effonde la ricca sensibilità, sposata alla perizia tecnica che s'appalesa subito all'occhio esperto che la contempli.

I quadri ad olio, che pendono dalle pareti, testimoniano che il Raffaldini era nato a dipingere perché la carenza del segno, da lui trascurato, è largamente supplita dalla musica del colore che nelle pitture ad encausto esce ad effetti considerevoli.

Vittorio d'Aste

Ricordare Arturo Raffaldini "Al Pitur", così come era benevolmente e con rispetto chiamato dai mantovani, specialmente da chi gli era vicino.

Un giorno, la sorella Palmira mi chiese di trasportarle un dipinto del fratello all'albergo. Per eseguire questo incarico dovetti passare dallo studio "dal Pitur”. Così vidi esposto su un cassettone una Venezia di Canaletto e una tempera di Cosmè Tura, che erano lì in restauro.

Restai folgorato. La decisione immediata fu di poter entrare come allievo in questo studio, diventare allievo di quel pittore.

Cominciai a propormi come apprendista, non voleva nuovi allievi, però con la mia testardaggine, riuscii ad entrare nello studio tanto desiderato. Il mio unico scopo era di imparare il più possibile da chi poteva insegnare. Arturo "al Pitur" era felice di insegnare tutto quanto sapeva, solo se ne valeva la pena, così diceva. Di frequente menzionava aneddoti, ne aveva per tutte le occasioni, spesso citava gli scritti di Leonardo che lui amava tanto.

Con il nostro rapporto di lavoro, nacque un connubio come tra padre e figlio e viceversa, però non era solo di lavoro manuale, ma un continuo dialogo su innovazioni tecniche, nuove idee per soluzioni conservative. Tutto quanto era nuovo e serviva per il rispetto dell'opera d'arte, da noi veniva disicusso e dibattuto.

Mi ricordo che un giorno Raffaldini ci proponeva come soluzione pittorica di evidenziare una mancanza in un manto dipinto ad affresco, di intervenire evitando di fare un falso, con una leggera ricostruzione con velature di una tonalità di contrasto, addirittura di tono diverso. Molte furono le idee, per le modifiche con nuovi materiali per sostituirli a quelli già in uso. Così, questo modo di interpretare questo lavoro, mi portò alla continua ricerca che ho messo in primo piano nel mio percorso lavorativo, e che faccio tuttora. Fra le tante cose, mi insegnò ad amare questo "mestiere" e a non smettere di studiare e provare soluzioni nuove.

Poi come spesso accade, c'è qualcosa che si rompe, che esplode. Ecco la separazione. Io testa dura, Raffaldini pure.

Nel mio pensiero però ho sempre quel signore che mi ha dato molto del suo; certo, tutto si modifica, i tempi e i materiali cambiano, ma è importante capire che alla base c'è sempre il modo di ragionare, di interpretare le cose per poi operare seguendo i risultati che la ricerca assieme all'esperienza ci consigliano.

Questo è quanto il mio maestro mi ha insegnato e ciò per cui gli sarò riconoscente per tutta la vita.

Ottorino Nonfarmale

La figura di Raffaldini ha… la funzione di mediatore tra mestiere e studio delle tecniche artistiche per meglio comprendere i caratteri dell'opera d'arte. Lo studio è inteso come esercizio d'interpretazione e non di sovrapposizione al bene storico artistico e ciò ha fatto sì che, nonostante l'aggiornamento delle metodologie d'intervento, l'operato di Raffaldini sia ancora oggi esemplare della concezione conservativa dell'opera d'arte, documento di civiltà, di cui si rispetta il carattere unico: il tecnico non deve mai sostituirsi all'artista.

Renata Casarin

Mostre personali:

1922 - Mostra personale, Mantova;

1945 - Galleria del Pioppo, Mantova,

1957 - Galleria Lyceum, Firenze, 23 aprile‑8 maggio;

1965 - Galleria La Torre, Mantova, 3‑20 ottobre.

Mostre collettive:

1915 - Mostra artistica mantovana, Palazzo Ducale, Mantova;

1921 - Mostra artistica mantovana, Palazzo Ducale, Mantova;

1928 - Fiera d'Arte mantovana, Palazzo della Camera di Commercio, Mantova, 29 aprile‑24 maggio;

1933 - Mostra Provinciale "Pittura e Scultura", Palazzo Ducale, Mantova, 30 aprile‑21 maggio;

1944 - X Mostra Sindacale d'arte, Sede dell'Unione professionisti e artisti, Mantova, 23 aprile‑24 maggio;

1945 - Mostra della Libertà, Palazzo Ducale, Mantova, 14‑30 ottobre;

1946 - Mostra d'arte mantovana, Palazzo della Ragione Mantova.


Bibliografia:

1913 - Registro di iscrizione Accademia di Brera, anno accademico 1913/1914;

1914 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 46/B;

1914 - Registro di iscrizione Accademia di Brera, anno accademico 1914/1915;

1915 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 53;

1915 - Mostra artistica mantovana pro mutilati e orfani di militari caduti in guerra, Mantova, Palazzo Ducale, catalogo mostra, p. 4;

1916 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 48;

1919 - Archivio storico dell'Accademia di Brera, cartelle C II 2, fasc. 8, "Corrispondenza e varie inerenti ai concorsi" e C II 1, fasc, "Rendiconti relativi alle pensioni Hayez";

1921 - La Mostra Artistica Mantovana, La Voce della Sera, 20 maggio;

1922 - Giuseppe Guerra, La mostra Raffaldini, Il Giornale, 15 dicembre;

1928 - Fiera d'Arte Mantovana, Mantova, aprile‑maggio. Catalogo della mostra, p. 10;

1928 - Romolo Quazza, Devastazioni e restauri nel palazzo Ducale di Mantova, Emporium, marzo, n 399, p. 154;

1928 - I grandi palazzi d'Italia ristorati: la reggia dei Gonzaga, Il Giornale d'Italia, 7 novembre, p. 5;

1929 - Andrea Schiavi, La Sala grande del Palazzo ex Ducale di Mantova, Il Garda, gennaio, p. 21;

1929 - Clinio Cottafavi, R. Palazzo Ducale di Mantova. Sale dei Capitani e dei Marchesi di Corte Nuova, Milano, Bollettino d'arte del Ministero della pubblica istruzione, n. IX, marzo, p. 428;

1931 - Clinio Cottafavi, Il Palazzo Ducale di Mantova: impressioni e cenni sui restauri, estr. da Architettura e arti decorative, Milano-Roma, Bestetti e Tuminelli;

1933 - III Settimana Mantovana, mostra provinciale Pittura e Scultura, Mantova, Palazzo Ducale, catalogo mostra;

1934 - Galleria della Mostra nel Palazzo Ducale di Mantova. Relazione del restauro e della ricostruzione con una nota storico artistica di Nino Giannantoni, Mantova, Società per il Palazzo Ducale, p. 10;

1937 - L'Istituto Giuseppe Franchetti e il suo primo trentennio di vita, La Voce di Mantova, 12 novembre, p. 2;

1938 - Arturo Raffaldini, I restauri del Mantegna a Palazzo Ducale, La Voce di Mantova, 1 gennaio;

1938 - Ettore Modigliani, I restauri del Mantegna a Palazzo Ducale, La Voce di Mantova, 27 gennaio, p. 5;

1938 - I restauri del Mantegna a Palazzo Ducale: una replica del pittore Raffaldini, La voce di Mantova, 3 febbraio, p. 5;

1938 - Nuovi restauri a Sant'Andrea, La Voce di Mantova, 1 luglio, p. 4;

1938 - I Trionfi di Cesare del Mantegna: Lo strappo degli affreschi è terminato, Mantova, 24 novembre, p. 3;

1939 - Alfredo Barbacci, Restauri artistici a Mantova e nel mantovano, estr. da Le vie d'Italia, agosto, p. 4;

1944 - Artisti ed opere della X mostra sindacale, La Voce di Mantova, 30 aprile, p. 2;

1945 - Mostra della Libertà, catalogo della mostra tenuta a Mantova, Palazzo Ducale;

1945 - Una mostra di Raffaldini alla Galleria del Pioppo, Mantova Libera, p. 2;

1946 - F. (Faccioli), Artisti al Palazzo della Ragione, Gazzetta di Mantova, 3 ottobre, p. 3;

1947 - Affreschi restaurati a San Michele in Bosco, L'avvenire d'Italia, 30 ottobre, p. 3;

1948 - Capolavori del Rinascimento restaurati ed esposti in Pinacoteca, Giornale dell'Emilia, 11 aprile, p. 2;

1948 - Aspetti del Rinascimento: Cosmè Tura pittore sconcertante, Giornale dell'Emilia, 1 maggio, p. 3;

1948 - Gli affreschi di Mezzaratta sono tornati alla vita, Corriere del Mattino, 24 luglio, p. 3;

1948 - La Mostra alla Pinacoteca dei capolavori delle chiese, Giornale dell'Emilia, 2 ottobre, p. 2;

1951 - Gli affreschi stupendi di Schifanoia riacquistano la loro antica bellezza: una meticolosa e sapiente pulizia rivela ogni giorno particolari inediti e colori vivissimi, Giornale dell'Emilia, 18 aprile, p. 4;

1952 - Importante restauro in San Giacomo maggiore: la cappella Bentivoglio ritornerà com'era nel '400, Giornale dell'Emilia, 30 ottobre, p. 4;

1953 - Pierino Pelati, Bellezze dimenticate della città gonzaghesca: il battistero del Duomo e la pala della Madonna, Gazzetta di Mantova, 29 settembre, p. 2;

1953 - Pierino Pelati, La Cattedrale di Mantova, Mantova, Alce, pp. 29, 56;

1954 - Cesare Gnudi, Notizia critica sul recente restauro, in I mesi di Schifanoia in Ferrara, ed. il Milione, p. 99;

1955 - Cultura estense a Ferrara: gli affreschi di Schifanoia, Il Messaggero, 23 marzo, p. 3;

1957 - La polemica per l'encausto, Il Gardello, 7‑13 settembre, p. 3;

1957 - Carpito il segreto dell'encausto, elisir di eterna giovinezza dell'incorruttibile pittura di Pompei, Nazione sera, 26 aprile, p. 4;

1957 - Vittorio d'Aste, Gli occhi sui quadri, L'Osservatore toscano, 12 maggio, p. 5;

1957 - Arturo Raffaldini rivendica a sé la riscoperta della tecnica dell'encausto, Gazzetta di Mantova, 12 maggio, p. 5;

1957 - Why old frescoes keep their colour, The Times, 21 may, p. 3;

1957 - Roberto Longhi, Come è stata salvata la Galleria d'arte di Capodimonte: i capolavori nell'immondezzaio, L'europeo, 2 giugno, p. 41;

1958 - Era stato un segreto degli artisti greci e romani: risolto il rebus dell'encausto nuove strade s'aprono alla pittura, Il Messaggero, 8 luglio, p. 3;

1959 - Elena Schiavi e l'encausto, Gazzetta di Mantova, 9 gennaio, p. 3;

1959 - La questione dell'encausto, Gazzetta di Mantova, 1 febbraio, p. 6 ;

1960 - La crosta regalata al parroco era di Goya, Nazione Seta, 4 giugno, p. 2;

1960 - Un Goya inedito in una galleria di Mantova, 5 giugno, p. 6;

1960 - Esposto alla Gonzaghesca un Goya autentico e inedito, Gazzetta di Mantova, 5 giugno, p. 3;

1960 - Cesare Marchi, La sconosciuta dama dall'enigmatico sorriso, Oggi, giugno, p. 59;

1962 - È deceduto a Firenze il pittore Arturo Raffaldini, Gazzetta di Mantova, 25 gennaio, p. 5;

1965 - Renzo Margonari, Una mostra postuma di Arturo Raffaldini, Gazzetta di Mantova, 28 settembre, p. 5;

1965 - Retrospettiva di Raffaldini, Gazzetta di Mantova, 30 settembre, p. 4;

1965 - Mostre d'arte: Raffaldini, Gazzetta di Mantova, 3 ottobre, p. 6;

1985 - Pittori mantovani ’800‑’900, Scami Edizioni, Montanara (MN);

1990 - Nelle sale della “Rovere” collezionismo mantovano: dall'800 sino ad oggi, Gazzetta di Mantova, 3 febbraio, p. 21;

1992 - Mantegna: la Camera degli Sposi, a cura di Michele Cordaro, Olivetti Electa, p. 238;

1997 - Le raccolte storiche dell'Accademia di Brera, a cura di Giacomo Agosti e Matteo Ceriana, Firenze, Centro Di, p. 29;

1999 - Renata Casarin, Scheda biobibliografica, in “Arte a Mantova 1900‑1950”, catalogo mostra, Mantova, Palazzo Te, Electa.

2003 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume V, Na - Ru, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 2511/2522.

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