Nasce ad Asola il 31 maggio 1900; muore a Firenze il 24 luglio 1963. Pittore e scrittore.
Dopo un periodo giovanile di attività pittorica, si dedica a studi storico-letterari, pur non trascurando a larghi intervalli, la prima attività.
Collabora come pubblicista, ai maggiori periodici e quotidiani italiani (Corriere della Sera, Tempo, La Fiera Letteraria, Illustrazione italiana, La Nuova Antologia, La Lettura e molti altri), e per oltre trent’anni collaboratore letterario ai programmi radiofonici.
Nel 1926 è tra i fondatori del Premio Bagutta a Milano.
Tra il 1926 ed il 1946 pubblica una decina di importanti opere di bibliofilia, tra le quali ricordiamo: Prime edizioni italiane, Bibliografia manzoniana, Bibliografia dannunziana, Rarità bibliografiche dell’800 (8 volumi), Immagine della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni.
Dal 1933 al 1937 fa parte della redazione della “Enciclopedia Italiana” a Roma.
Tornato a Milano dal 1937 al 1945 è direttore del Centro nazionale di studi manzoniani.
Ha dato alle stampe più di sessanta opere ed ha diretto alcune case editrici e cinque riviste.
Negli anni ’40 riprende con viva intensità la pittura.
Ordina una mostra personale a Merate nel 1944.
Nel 1947 viene chiamato a Firenze come dirigente della casa editrice Sansoni.
Nella Saletta del Fiorino di Firenze, tiene una mostra personale nel 1954.
Partecipa al Premio Marzotto 1956, 4a Mostra Nazionale di Pittura Contemporanea alla Permanente di Milano e a Valdagno con tre opere: Prealpi varesine, Sul Trasimeno, Verso Montepulciano. Ordina pure, lo stesso anno, una Mostra personale con oltre quaranta opere, nella sala dell’Accademia delle Arti del Disegno.
Figura alla Mostra del disegno contemporaneo, nel 1957, a Firenze.
Nel 1959 è presente alla V Mostra Nazionale “Triglia d’oro” a Marina di Carrara.
Dal 9 al 21 gennaio 1960, allestisce la prima personale milanese alla Galleria dei Re Magi in via Boito 8, diretta da Lia Gussoni Barbaroux, la mostra raggruppa 42 opere tutte recenti ed esclusivamente di carattere paesaggistico; in catalogo Michelangelo Masciotta scrive: “…Fedele agli impulsi del sentimento, Marino Parenti ci dà nello stesso tempo la prova della sua coerenza di pittore. Dalla veduta frontale è passato ai tagli obliqui, dai colori impostati sulle tinte è salito alle variazioni dei toni, dalla riprese oggettiva, folta di particolari, ha saputo restringersi all’essenziale; e da tanti paesi ha tratto un paesaggio, tipicamente e soggettivamente caratterizzato: un paesaggio ch’è suo, e di nessun altro”. Mentre Dino Villani sulla Gazzetta di Mantova scrive: “…Sono paesaggi tranquilli e silenziosi, scelti da chi come Parenti deve sentir qualche volta di isolarsi dal frastuono, per uscire dalla vita movimentata e febbrile di ogni giorno; di osservare le cose non offuscate dalla folla in movimento; di godere un po’ di pace, tra la natura che vive senza agitarsi e sotto il cielo che la contempla pieno di speranze…”.
Espone dal 29 maggio all’8 giugno 1962 con Orio Vergani, Dino Buzzati, Adriano Grande, Virgilio Lilli, alla Mostra Cinque scrittori-pittori che si tiene alla Galleria Gian Ferrari di Milano, per l’occasione presenta alcuni paesaggi di cui Leonardo Borgese (Corriere della Sera, del 30 maggio) rileva la delicatezza e nei quali noi possiamo intuire tutta la dolce serenità e la finezza di gusto che sono proprie del nostro autorevole e illustre studioso.
Muore a Firenze il 24 luglio del 1963
Giudizi critici:
La pittura di Marino Parenti è forse la meno letteraria che sia possibile immaginare. Ed è certo fra le più chiare e sensibili che si producano in questo momento in Italia.
La sua caratteristica principale consiste in un'estrema delicatezza. Ma non per questo essa ha mai un'apparenza di tenuità, perché i suoi paesaggi piacciono soprattutto per quel loro distendersi nello spazio, e per quella virtù che hanno di apparire quasi percorribili. Sulla prospettiva delle sue strade si ha l'impressione che una macchina possa velocemente passare. In certi suoi campi arati sembra che da poco i buoi abbiano faticosamente camminato.
Altra virtù della pittura di Parenti e la sua costanza stilistica. Uno stesso filo di chiarezza lega i suoi più giovanili paesi a quelli dipinti in questi ultimi mesi, in questi ultimi giorni. In tutti è la stessa ariosa delicatezza, la medesima aura poetica.
Giovanni Colacicchi
Tra le cose degli anni che diremo antichi e quelle recentissime, vedrete la costanza dei temi emotivi e del modo di interpretarli che è rimasto, anche se varie furono poi le dimore e i contatti del nostro pittore, tutto lombardo. E dicendo lombardo non si parla di quella deviazione verso il solemnel, verso l'olimpicismo, verso lo “strutturale”, che furono tipici di taluni atteggiamenti del cosiddetto Novecento lombardo… Il post-impressionismo lombordo è il suo punto di partenza, per stendersi poi verso le limpide libertà di quelle che, per naturale tendenza di una luce delle primavere lombarde, doveva diventare il “chiarismo”. Tra il primo e il secondo, Parenti svolge il suo viaggio di pittore, il suo limpido itinerario di paesista, sviluppa le sue silenziose amorose contemplazioni, che - posso sbagliarmi? - avrebbero potuto essere quelle letterarie di un Carlo Linati nelle sue passeggiate lombarde sulle “orme di Renzo”, o, per citare un modello più grande, quelle di un Manzoni quando accompagnò verso la casa di Lucia padre Cristoforo, che esce dal convento di Pescarenico, in quella tale indimenticabile mattina campestre, da cui il racconto manzoniano inizia il suo richiamo alle veci future della Provvidenza.
Orio Vergani
Bibliografia
2003 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume V, Na - Ru, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 2221/2226.