Minerbi Arrigo

scultore medaglista
Ferrara 10 febbraio 1881 - Padova 9 (10) (11) maggio 1960

Fu allievo della Scuola d’Arte Dosso Dossi nella città nativa. Visse qualche tempo a Firenze; poi si trasferì a Milano. Ivi rimase vicino allo scultore Adolfo Wildt. La sua plastica ha assunto aspetti e sviluppi contrassegnati di profonda individualità, nella quale il tormento dello spirito s’innalza a sfere ideali. Sobrietà concentrata della forma, esaltante angoscia del contenuto vengono incontro nell’opera sua. Ha dato: "Nettuno" (1910), che si trova a Monterosso; “Autoritratto,, (1916), che trovasi a Palazzo Pitti nella Galleria degli Autoritratti; “Cesare Battisti,, (1918), marmo, nel Castello del Buon Consiglio di Trento; “Mattino di primavera,, (1919) marmo, nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma; “Annunciazione,, (1921) marmo, nella Collezione Marzotto a Valdagno; “Vittoria del Piave ,, (1922) bronzo dorato, a Ferrara; e replica al Vittoriale degli italiani in Gardone. Inoltre: “Monumento al Medico caduto in guerra,, (1924), marmo, nel chiostro della Sanità militare a Firenze; “San Francesco che predica agli uccelli,, (1926-28), gruppo bronzeo nel Cimitero monumentale di Milano; “L’ultima Cena,,, (1930) argento, nella Collezione Pasquinelli a Milano; “Maternità,, (1931), marmo, nell’Istituto Ostetrico Ginecologico del Padiglione Mangiagalli a Milano; “ L’Arca di Luisa d’Annùnzio,, (1938) per la Chiesa di Pescara, e la “Pietà,, marmorea, dello stesso anno, nella Collezione Marzotto a Valdagno; i due marmi “Don Orione morente,,, (1940) al Piccolo Cottolengo e “L’Assunta,, (1942) nella Chiesa delle Grazie a Milano. Son poi da ricordare la “ Maschera tragica di Eleonora Duse ,, e numerosi ritratti.

Ha compiuto l’imponente ciclo figurativo d’una delle minori porte di bronzo per la facciata del Duomo milanese. I gessi dei bassorilievi in pietra “La Tessitura,,, “La Miniera,,, “ L’Industria Chimica,,, “L’Elettrotecnica ,,, “ L’Edilizia ,,, “ L’ Elettromeccanica ,,, sono custoditi dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano.

Dal 30 marzo al 30 giugno 1921, figura alla Prima Biennale Romana, con la scultura: Ritratto di Vittore Grubicy.

È presente con i gessi L’Annunciazione; La Comunione; Mattino di primavera; con le sculture in marmo La Vittoria; Il falco; Crisalide; Ritratto di V. Grubicy; Giovanna; Autobiografia; Fanciullo che ride; con i bronzi Cesare Battisti: l’apostolo, l’arresto a Monte Corno, il Martire; Bimbo; e con le targhette in argento S. Cecilia e Ritratto; alla mostra La Fiorentina Primaverile, Prima Esposizione Nazionale dell’opera e del lavoro d’arte, che si tiene nel Palazzo delle Esposizioni al Parco di S. Gallo a Firenze dall’8 aprile al 31 luglio 1922.

Nel 1924 Partecipa alla Biennale di Venezia, con la scultura in pietra di Botticino: La Vittoria del Piave: 1917.

Nell’ottobre - novembre 1928, partecipa a Ferrara, alla Mostra d’Arte Ferrarese, con una Mostra individuale, dove presenta le opere: Santo Francesco, La Comunione, Vittorio Grubicy sul letto di morte, Eleonora Duse, Gabriella (ritratto), Il pianto del fiore (in morte di un giardiniere).

Il 31 ottobre alla presenza di S. M. il Re sono state inaugurate a Ferrara una Torre dedicata ai Caduti in guerra, ed una Statua in bronzo di Minerbi dedicata alla Vittoria del Piave.

Esegue la medaglia offerta dalle Comunità Israelitiche d’Italia al Re e al Duce in ricordo della legge 30 Ottobre 1930.

Nel 1932 partecipa alla XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con Mostra Individuale, presenta dieci sculture: Maternità (terracotta), Anna Maria (gesso), L'Ultima Cena (argento) Santo Francesco (marmo), Eleonora Duse (marmo), La mano del Santo (marmo), L'Annunciazione (marmo), Il pittore Grubicy (marmo), Ritatto del pittore V. Grubucy (terracotta), La madre del caduto (marmo).


Arrigo Minerbi, pervenuto dopo lunghi decenni di eroico lavoro ad una ragguardevole rinomanza nella sua città natale e nella metropoli lombarda, dove risiede da anni, è rimasto troppo lungo tempo assente dalle massime competizioni d’arte della Penisola perché il suo nome non debba suonare oggi, a Venezia, pressoché nuovo alle generazioni giovanissime e a quella parte del grande pubblico che tiene d’occhio di quando in quando le assegnazioni dei premi e le vittorie nei concorsi, illudendosi che ciò possa essere sufficiente a seguire, come suol dirsi, il movimento delle nostre arti figurative, risorte a fervida vita.

Ma il silenzio e la riservatezza, di cui l’artista nostro ha voluto circondare le sue nobili ed incessanti fatiche, avrà servito, pensiamo, a rendere più acceso e durevole il consenso d’oggi, che coincide oramai con la piena maturità del plastico e del trasfiguratore, se anche non debba affatto essere considerato come il premio ed il conforto largiti ad un maestro che abbia pronunciato le sue parole più alte e sappia di non poter più essere in grado di superare se stesso.

La vena creativa di Arrigo Minerbi ce lo attestano le sue opere recenti: L’ultima Cena, il simulacro funebre di Anna Maria e l’altorilievo della Maternità — non è mai stata così copiosa e pura come nel periodo attuale e la mostra odierna è da ritenere, sì, una onorevole tappa riassuntiva, ma soprattutto una sosta rianimatrice per la prossima ascesa.

Arrigo Minerbi è nato nel 1881 a Ferrara, terra bassa, ma epica, fertile di biade e canapa, ma anche di ingegni creatori e di poeti della pittura, da Cosmè a Previati. Nel campo plastico, l’unico maestro ferrarese memorabile è stato, nella prima metà del Cinquecento, l’ottimo modellatore Alfonso Lombardi, che ha lasciato l’orma più genuina del proprio talento con i busti in terracotta del Cristo e dei dodici Apostoli, adornanti l’interno della Cattedrale di Ferrara. E l’odierna Cena del Minerbi, fusa in argento per incarico di un mecenate degno dell’età aurea, l’industriale milanese Francesco Pasquinelli, fa rivivere, se pure con ben altro spirito, l’acuta caratterizzazione tipologica del vecchio plasticatore realista.

Questa dell’aderenza infallibile al reale è una dote che il ferrarese d’oggi deriva per li rami dagli antichi del periodo estense e noi possiamo leggerla a chiare note nell’autoritratto bronzeo, quasi donatelliano, che egli intitolò giustamente Autobiografia, nel busto di Eleonora Duse e nelle maschere di Previati e di Vittore Grabicy, oltre che in quell’innocentissimo ma terragno San Francesco, col cuore a fior di labbro, che sembra veramente un ritratto immaginario.

Ma la virtù tipica e singolarissima del Minerbi, il quale si parti dalla sua Ferrara verso l’avvenire tormentoso e splendente, recando nel povero bagaglio, come viatico, il volume delle Myricae di Pascoli, è la umanissima, profonda, insaziata sete di elevazione spirituale ed affettiva, che ha trovato principalmente nell’esaltazione dei dolori e delle gioie eterne e negli episodi culminanti del Vangelo i soggetti più idonei alla sua espressione plastica, in forme sempre controllate e d’ autonomo respiro, con sicura coscienza d’ogni attributo lineare, chiaroscurale e compositivo. Lo dimostrano esaurientemente la scena drammatica, ma per nulla teatrale, della Cena; il corpo giacente nell’estremo riposo di Anna Maria (come soccorre qui, senza riferimenti stilistici, il lirismo sublime dell’Ilaria di Iacopo della Quercia); l’altorilievo della Maternità, con le figure, originalissime e spiranti amore, della prossima, giovane madre e della nutrice; la rappresentazione del tutto inedita e liliale dell’Annunciata.

Le opere, qui esposte, di Arrigo Minerbi, che ne mettono in rilievo la ricchezza delle attitudini e la capacità creatrice inconfondibile, non rappresentano che una parte della sua produzione multiforme. Esse sono più che sufficienti, tuttavia, a far collocare l’individualità del loro autore accanto a quelle, meglio divulgate, degli altri plastici italiani contemporanei che assicurano oramai alla nostra Patria il primato novecentesco nell’ arte mediterranea della scultura. ALBERTO NEPPI - 1932 - (Alberto Neppi) XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, pp. 58/59.


Bibliografia:

1919 - Vincenzo Bucci: Arrigo Minerbi, Bergamo, in “Emporium,, novembre 1919.

1921 - Prima Biennale Romana. Esposizione Nazionale di Belle Arti nel Cinquantenario della Capitale. Catalogo mostra, Roma, pp. 77

1922 - Carlo Bozzi, su: La Fiorentina Primaverile, catalogo mostra, Firenze, aprile-luglio, p. 150/151;

1925 - Edoardo Pansini, XIV Biennale Venziana, Cimento, Anno V, p. 27, 28.

1928 - La Torre dei Caduti e la statua della Vittoria a Ferrara, Napoli, Cimento, p. 102.

1928 - Mostra d’Arte Ferrarese, catalogo mostra, Ferrara, ottobre - novembre, p. 44, ill.

1930 - L’Eroica, L’ultima Cena di Arrigo Minerbi, Milano, L’Eroica, n. 147/148, nov.-dic, pp. 3, 17/20, 29/32, 43/46, 47, 51/54, 59/60.

1931 - La medaglia offerta dalle Comunità Israelitiche d’Italia al Re e al Duce in ricordo della legge 30 Ottobre 1930, (con ill.), L’Illustrazione Italiana, Milano, n. 22, 31 maggio, p. 814;

1931 - Francesco Scarpelli: Arrigo Minerbi, Bergamo, in “Emporium,, agosto 1931.

1932 - (Alberto Neppi) XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, pp. 58/59.

1932 - XVIII Esposizione Internazionale d'Arte - Venezia, 1932 X° 28 aprile 28 ottobre, Fascicolo di Maggio della Rivista Le Tre Venezie, anno VIII°, N° 5, p. 261.

1933 -Guido Ludovico Luzzatto: Le ultime opere di Arrigo Minerbi, Roma, in “Rassegna dell’Istruzione Artistica,, febbraio 1933.

1938 - Arrigo Minerbi, Notte del 1° marzo 1938. Milano, L’Eroica, nn. 235/237, mar.-mag., p. 24, 25/27, 64, 65

1949 - Francesco Sapori: Scultura italiana moderna, Roma, Libreria dello Stato.

1988 - Rossana Bossaglia e Mario Quesada, D’Annunzio e la promozione delle Arti, Milano, Mondadori - De Luca, pp. 196, 197, 198;

1994 - Vincenzo Vicario, Gli scultori italiani, Dal neoclassico al liberty, seconda edizione, volume secondo, Lodi, Il Pomerio, pp. 712/714

2000 - Raffaele De Grada, Ottocento Novecento, Le collezioni d’Arte del Museo della Scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci” di Milano, Anthelios Edizioni, pp. 228, 231/241;

2003 - Alfonso Panzetta, Nuovo Dizionario degli Scultori Italiani dell’ottocento e del primo novecento, volume II, M-Z, Adarte, p. 582

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