Marochetti Carlo - Marocchetti

scultore
Torino 14 gennaio 1805 - Passy - Parigi 28 (29) dicembre 1867

Trasferitosi il padre nella capitale francese, Carlo studiò al Liceo Napoleone e fu segnalato in pari tempo al celebre incisore Giuseppe Bovio, direttore generale dei Musei di Francia, il quale protesse anche Lorenzo Bartolini. Costui, con iperbole provenzale, diceva del suo discepolo: “Marochetti n’est pas un élève, mais un digne émule de Michel-Ange,,. A diciassette anni, nel 1822, l’adolescente potè andare a Roma. Morto allora il Canova, vi pontificava in arte il danese Thorwaldsen. Tornato a Parigi, il Marochetti dette principio alla gloriosa serie delle sue grandi opere monumentali. Caro a Sovrani d’Italia, di Francia, d’Inghilterra, fu pe’ suoi meriti artistici nominato Barone dal Re Carlo Alberto. Nel 1848 lasciò Parigi per Londra. Suoi ritratti e opere di mole si trovano in Italia, Francia, Inghilterra, nell’India e nell’America del Nord, nonché nell’Asia Minore. Tutti istantanea vita e sapienza plastica, i suoi monumenti equestri sono delle apoteosi. Racconta il Duprè che Marochetti coloriva le sue sculture. In ordine cronologico si rammentano qui i frutti più opulenti del suo genio: “Bimba che giuoca con un cane,, (1827) nel Palazzo dei Duchi di Agliè presso Genova; “Statua del Pallavicino di Morano,, (1831), marmo che trovasi a Trieste; i due “Angeli,, adoranti, ai lati della balaustra della Chiesa della Maddalena a Parigi (1834); i busti marmorei “ Carlo Felice di Sardegna,,, “Vittorio Emanuele II,,, “Duca Ferdinando di Genova,,, del 1838 al pari dello stupendo ‘ ‘ Monumento a Emanuele Filiberto ,, in piazza San Carlo a Torino. Seguono: “Bambina che dorme,,, marmo; la statua bronzea di “La Tour d’Auvergne,, (1840) a Carhaix di Finisterre; la statua di “C. L. Berthollet,, (1843) ad Annecy; la statua equestre in bronzo del “Duca d’Orléans,, (1844) a Versailles, e la replica nella piazza del Governo ad Algeri; la statua di “ San Vincenzo di Paola ,, (1846) nell’ospedale della Carità a Lione. Poi, la serie dei monumenti equestri in Inghilterra e Scozia: “La Regina Vittoria,,(1846), “Il Principe Consorte Alberto,,, “Il Duca di Wellington,, (intorno al 1854) a Glascow; “Riccardo Cuor di Leone,, (1860) a Londra. "La principessa Elisabetta Stuart", chiesa di S. Tomaso - Newport. "Busto di Antonio Panizzi" patriota italiano, Biblioteca del Museo Britannico. Del 1861 è la fusione del “Monumento a Carlo Alberto,, in Torino. Notevoli busti di marmo, marmo colorato, bronzi, terracotte, si trovano nel Castello della famiglia Marochetti a Vaux in Francia e altrove.

Esegue il Monumento a Gioacchino Rossini, per la città di Pesaro, che viene inaugurato il 21 agosto 1864.

Marochetti Carlo

…Godendo della particolare considerazione della Regina Vittoria e del Principe Consorte, Carlo Marochetti eseguì vari monumenti per la chiesa di S. Paolo di Londra. Nel 1850 esponeva alla Royal Academy un busto ed una Saffo: nel 1851 i ritratti del Principe Alberto e di Lady Constance Gower. Per l’ingresso della grande Esposizione Universale del 1854 a Londra presentava, ammiratissimo, il modello del Re Riccardo Plantagenet, Cuor di Leone. Proseguendo nella esecuzione di moltissimi busti il nostro illustre scultore provvedeva frattanto alla fusione di questa statua equestre, affidatagli per pubblica sottoscrizione e della quale il pubblico stesso, entusiasta, chiese ed ottenne il collocamento presso la Camera dei Lords, davanti a Westminster.

Per Glasgow Marochetti eseguiva ancora un Principe Alberto, forse preceduto «per commissione e pietoso sentimento della Regina, dalla statua della Principessa Elisabetta, l’infelice figlia di Carlo 1°, giacente sulla sua tomba nel carcere dove morì e del quale le sbarre infrante significano la liberazione dello spirito che nessun vincolo può trattenere… Questo monumento è a Saint-Thomas Church, a Newport, isola di Wight.

Con alacrità prodigiosa e pari alla bravura Marochetti arricchiva ed abbelliva, esaltandone nel bronzo o nel marmo le glorie, gli eroi, le personalità più elette e le figure dei Principi, la terra, non certo feconda di eccelsi statuari, del Regno Unito. Sorgevano così il monumento ai Soldati inglesi a Scutari (Bosforo), un altro a Inkerman ed un terzo a Strathfieldsay, una nuova statua di Wellington, il Lord Clive a Shrewsbury, il Lord Clyde ed un altro Wellington per la piazza di Waterloo a Londra, la statua di Sir Jamsetjee Iejeebboj per Bombay, un monumento a Robert Peel, uno a Lord Melbourne per la Cattedrale di San Paolo... E ancora: un M. Thackeraj, la statua di John Cast (?) per Westminster Abbey, quella di Earl Brownlow per Belton Church, il ritratto di Sir Edwin Landseer, un medaglione di Lord Macaulay, un Wellington per l’America, un busto del patriota italiano Antonio Panizzi per la Biblioteca del Museo Britannico…

«Eletto, per tanti titoli, socio della Royal Academy of Arts nel 1861 (e veramente ci avevano messo del tempo), ne fu Accademico nel'67… E nella storia della detta R.A. il Sir William Sandby lo dice ardito nel comporre i suoi temi e romantico nel trattarli e vanta il molto suo spirito nel disegno dei cavalli e il giusto collocamento dei cavalieri… e nei busti delle signore anche l’idealità e la nobilitatone. E tanto lavoro e tanta riuscita giustificavano sempre meglio la gloria e la protezione che gli accordavano gli inglesi».

Il monumento - inaugurato a Glasgow nel 1846 - della regina giovanetta a cavallo, rappresentata ancora adolescente benché coronata da sette anni e sposa dal 1840, è un trionfo di suprema grazia e di dignità regale. Non stupisce, pertanto, l’ammirazione unanime ed entusiastica con cui l’opera venne accolta dai critici e dal pubblico d’oltre Manica, cui quel soffio d’arte latina, equilibrata e pur geniale, pura espressione di armonica potenza, doveva dar gioia agli occhi e conforto agli spiriti, oltre che soddisfare il devoto orgoglio dei sudditi di S.M. Britannica.

Ma ciò che desta, anche tra noi che tali gioie assaporiamo a dovizia e da secoli, un senso di meraviglia e quasi di turbamento è la mole immensa di opere condotte a termine dal Marochetti durante la sua permanenza in Inghilterra. E ci si prospetta naturalmente - scrive Marco Calderini - la domanda: quale altra grande attività rimaneva possibile ad altri? Tanto, a distanza di tempo e di ambiente, ci appare colà egli solo!

E invero, escludendo il Severs e pochi altri competitori sull’attività e sul valore dei quali non siamo informati, lo scultore italiano fu un dominatore ed un principe dell’arte, indiscutibilmente senza rivali degni di lui in campo inglese.

Ed oggi, più che mai, ci è caro riaffermarne la gloriosa e risplendente supremazia, ricordando le parole di ammirazione e di fede con cui Camillo Cavour, discutendosi il disegno di legge per l’erezione di un monumento a Re Carlo Alberto nella seduta del 22 novembre 1852 al Parlamento Subalpino, si esprimeva nei riguardi dell’artista: « Posso dire senza esitanza, che il Marochetti è tenuto come il primo scultore d’Inghilterra, e, per ciò che concerne le statue equestri, come il più distinto artista d’Europa. E noto che a lui fu commessa la statua equestre di Wellington per Glasgow.

Mi recai apposta in quella città nel recente mio viaggio in Inghilterra, per vedere tale monumento, e devo confessare che, se non vi rinvenni il merito e la poesia dell’Emanuele Filiberto, trovai che esso, e massime il cavallo, era mirabilmente eseguito…».

Sempre dalle pagine di Marco Calderini riportiamo ancora quanto, sul soggiorno londinese di Marochetti, scriveva il conte Stanislao Grimaldi, artista di buona fama ed autore del monumento ad Alfonso Lamarmora di Torino: «Marochetti era all’apogeo della sua carriera e a Londra realizzava la posizione di Tiziano e di Rubens… Egli era a quel tempo sui cinquant’anni, nel vigore dell’età, onorato, ricco, pieno di vita ed attivissimo».

L’ultima statua che l’illustre scultore piemontese aveva eseguito in Inghilterra, grande assai più che nelle solite proporzioni, rappresentava il Principe Alberto ed era stata destinata ad uno dei vasti parchi di Londra. Essa era pronta per la fusione verso la fine del 1867: ma Carlo Marochetti non poté più rivederla. Recatosi a Parigi per le nozze di una nipote, il 28 dicembre 1867 egli si spegneva improvvisamente a Passy, poco più che sessantenne.

Molta dell’arte sua è rimasta laggiù, con tutta la sua incomparabile nobilità e con tutta la sua inconfondibile impronta latina; lontana da noi, ma oggi più nostra e più luminosamente bella che mai.

(1) M. Calderini - Carlo Marochetti, G. B. Paravia e C. - 'Torino, 1928 - L. 60.

Giovanni Reduzzi (1936 - Giovanni Reduzzi, L’opera di Carlo Marochetti in Inghilterra, (con ill.), Torino, a b c rivista d’arte, n. 4, aprile, p. 7/9).



Bibliografia:

1864 - Filippo Filippi, Rossini - Celebrazioni a Pesaro del suo XVIII Anniversario, Milano, Museo di Famiglia, n. 12, p. 192.

1864 - Angelo De Gubernatis, Le feste Rossiniane a Pesaro, Milano, Museo di Famiglia, n. 35, pp. 545, 547.

1864 - Carlo Marochetti, (con ill.), Milano, L’Emporio Pittoresco, anno I, n. 17, 25 dicembre, p. 129 (ill.), 130/133.

1866 - Torino. L’Emporio Pittoresco, Milano, Sonzogno, Anno III, n. 72, pp. 453 ill.

1867 - Il Monumento a Colombo, (con ill.), Milano, L’Universo Illustrato, n. 9, p. 140.

1867/1868 - Carlo Marocchetti, L’Universo Illustrato, Milano, Emilio Treves, vol. II, 1867/1868, p. 243, 357/358.

1867/1868 - G. Mongeri, Carlo Marocchetti, L’Universo Illustrato, Milano, Emilio Treves, vol. II, 1867/1868, pp. 357/358 (con ill.).

1888 - Monumento ad Emanuele Filiberto s Torino, L’Illustrazione Popolare, Milano, Fratelli Treves, vol. XXV, pp. 260 ill., 262.

1901 - Giovanni Duprè: Pensieri sull’arte e ricordi autobiografici, Firenze, Felice Lemonnier.

1928 - Marco Calderini: Carlo Marochetti, Torino, G. B. Paravia e C.

1936 - Giovanni Reduzzi, L’opera di Carlo Marochetti in Inghilterra, (con ill.), Torino, a b c rivista d’arte, n. 4, aprile, p. 7/9.

1994 - Vincenzo Vicario, Gli scultori italiani, Dal neoclassico al liberty, seconda edizione, volume secondo, Lodi, Il Pomerio, pp. 677/683.

2003 - Alfonso Panzetta, Nuovo Dizionario degli Scultori Italiani dell’ottocento e del primo novecento, volume II, M-Z, Adarte, p. 570.

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