Marconi Otello

pittore decoratore
Sustinente (MN), 29 marzo 1907 - Mantova, 10 agosto 1991

MARCONI OTELLO

Nasce a Sustinente il 29 marzo 1907 da una modesta famiglia operaia; muore a Mantova il 10 agosto 1991.

Frequenta la Scuola d’arte “P. Valentini” di Mantova, dove consegue la licenza nel 1922 e, successivamente, l’Istituto di Belle Arti di Brera dove segue i corsi del prof. Palanti.

A Milano inizia l’attività di pittore-letterista e pubblicitario per proseguirla poi, in proprio, dal 1935 al 1977, nella propria città.

Viene inserito nella prestigiosa mostra “L’arte figurativa mantovana del XX secolo” che si tiene dal 23 agosto al 7 settembre 1975 nella Galleria Antico Caffè Teatro di Quistello, la mostra è ordinata dal Comune di Quistello e patrocinata dall’E.P.T. di Mantova.

Ottiene riconoscimenti al Premio “Mantova ’80” e al Premio “Città di Diano Marina”.

Presso il Salone Mantegnesco del convento di San Francesco in Mantova ordina, dal 14 febbraio all’8 marzo 1981, la sua prima personale, in catalogo Alessandro Dal Prato così lo presenta: “Di un’artista m’interessa sempre conoscere come abbia mosso i primi passi nella vita e nell’arte. Ciò forse per essere stato tanti anni assieme ai giovanissimi ed avere avuto così modo di constatare come quasi tutto ciò che si avvererà poi nella vita di ognuno sia il proiettarsi di ciò che era come preannunciato nei fatti che ne hanno puntualizzato l’infanzia e l’adolescenza.

Per questo, dopo che Otello Marconi, presentatomi da un comune amico, mi aveva fatto vedere i suoi quadri, la prima cosa che gli chiesi fu di parlarmi degli anni della scuola materna e delle elementari. “La scuola materna - mi rispose - non era una scuola, ma una sala di custodia dove i bambini gridavano, si rincorrevano e spesso si pestavano, ed ai quali io non mi associavo, preferendo, in quei momenti, ritirarmi in un angolo”. “Delle scuole elementari, frequentate prevalentemente negli anni della prima guerra mondiale, mentre mio padre era al fronte, ho un ricordo vago. Disegnavo sempre, questo me lo ricordo bene”.

Più vivi sono nella sua memoria, invece, gli anni successivi; quando il parroco di Sacchetta, don Jori, consigliò la famiglia di mandare il ragazzo a Mantova, da don Zancoghi, affinchè venisse preparato a sostenere gli esami di licenza tecnica. Cioè a fare il primo passo verso una condizione diversa da quella del contadino o del carrettiere come il padre.

Il giovane Marconi si mise a studiare a tempo pieno: di giorno con don Zancoghi; di sera alla scuola di disegno “Pietro Valentini”, dove conquistò subito la stima degli insegnanti, fra i quali l’Antonelli, professore di disegno e calligrafia. È allora, nell’amore per la bella grafia delle lettere dell’alfabeto e della geometria, che comincia a delinearsi embrionalmente l’attività futura del giovane Marconi. Un delinearsi che è meglio avvertibile quando, a Milano, incontra casualmente il tenore Chiodo, amico del Palanti, professore a Brera e cognato di un salumiere, presso il quale starà cinque anni come un figlio; e, ancora, quando fra i suoi compagni fa amicizia con il figlio del Montalbetti, titolare di una delle più grandi imprese di insegne di negozi di Milano.

Ecco già presenti i due poli di attrazione di tutta la sua vita: la pittura (Palanti-Brera); la decorazione di insegne (Negozio-Montalbetti).

Purtroppo la vita volle il Marconi prevalentemente decoratore letterista per il maggior numero di anni della sua vita. Ma si può proprio dire “purtroppo”? Questa attività non rappresenta adesso uno dei più prestigiosi rami dell’industrial design?

Non si può dire che progettare e realizzare una insegna di negozio sia sempre più facile che dipingere un paesaggio. Si ha notizia di autentici artisti anche del passato, che si dedicarono all’esecuzione di insegne: Andrea Brustolon, Fra’ Vittore Ghislandi, Leonetto Cappiello, sono i primi nomi che mi vengono in mente. E numerose sono le insegne oggi conservate nei musei.

Più volte mi sono fermato ad ammirare una bella insegna; come pure ho ammirato certe figurazioni su furgoni di ditte industriali e commerciali, vere opere d’arte inserite nel traffico quotidiano. Seppi poi che molte di quelle erano state ideate ed eseguite da Otello Marconi. (…)

Non deve fare meraviglia, pertanto, di ritrovare come rispecchiata in questa sua pittura, quella mantovana degli anni trenta, in particolare quella di gusto monfardiniano. Essa per il Marconi rappresenta una fedeltà ai principi che avevano esaltato la sua giovinezza e che ora gli permettono di tradurre in libero canto il suo inesausto amore per il paesaggio, per i fiori, per tutte le belle cose della nostra realtà quotidiana; concentrando la sua sensibilità nello studio oggettivo della natura, con la partecipazione di uno stato d’animo limpido e teso”. (Alessandro Dal Prato)

In data 2 giugno 1988 gli viene conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”.

Dall’11 al 26 giugno dello stesso anno, è presente alla Mostra d’arte “Natura Fluens”, seconda edizione, al Palazzo Ducale di Mantova.

Dal 9 al 24 giugno 1990, figura alla Mostra d’arte “Natura Fluens”, quarta edizione, al Palazzo della Ragione di Mantova.

Dal 14 al 18 agosto 1999, il Comune di Sustinente onora la sua memoria con un’ampia rassegna antologica curata e presentata da Alessandro Righetti.

Dal 18 febbraio al 2 marzo 2000, la figlia Anna gli dedica la mostra personale “Retrospettiva”, con presentazione di Gilberto Cavicchioli, alla Galleria “Arianna Sartori - Arte” di Mantova.

Giudizi critici:

“Una vita per l’arte”

Nel corso di un viaggio in Sardegna abbiamo conosciuto il pittore mantovano Otello Marconi. La sua biografia ci porterebbe molto lontano ma la riportiamo, brevemente, cercando di tracciare la figura dell’uomo, dell’artigiano e dell’artista, che è stato ed è il Marconi (dal carattere forte, espansivo e nello stesso tempo paterno), amante della vita e della natura, ideatore di un messaggio visivo e culturale che è il suo lavoro di artigiano come pittore‑letterista e pubblicitario per molti anni, completato con la tecnica del disegno e del dipingere; questi sono il risultato finale della sua personalità, ricca di amore, di sensibilità, di saggezza, di umanità: “uomo” di 74 anni, meritevole della nostra considerazione.

La conversazione avuta con l’interessato sulle incantevoli spiagge della Sardegna ricalca fedelmente l’immagine che ci siamo fatta dell’uomo che ha operato “una vita per l’arte”.

“Fra uno schizzo, una pennellata ed una barzelletta, racconta di suo padre carrettiere, della sua famiglia, dei suoi sette fratelli (molti dei quali nati come lui con il “pallino del disegno”), di Sustinente (suo paese d’origine), dell’appoggio di don Jori e di don Zancoghi, e della licenza tecnica”. Da semplici sequenze di parole e di fatti nasce la storia di un uomo - marito, padre e nonno ‑ che ha saputo raggiungere l’approdo, reclamato dal solido cervello e da una più solida volontà “virgiliana”.

E la strada continua sempre in ascesa e sempre piena di generosi imprevisti. Le aspirazioni del giovane Marconi si rivolgono a Milano verso l’Accademia di Brera. “La situazione finanziaria non gli permette di mantenere la frequenza all’Accademia di Belle Arti e, pertanto, nei primi anni di soggiorno a Milano, convive nella generosa famiglia Astolfi, che gestisce due salumerie, facendo le vetrine del negozio e creando piatti gastronomici. La vita non è facile, ma i sacrifici non lo fanno indietreggiare e completa gli studi accademici. Un compagno di studi lo porta a conoscere il padre, che faceva della pubblicità a carattere decorativo, attività che egli segue - per la sua curiosità intellettuale - per sei anni. Torna a Mantova “uomo”, con la maturità degli studi e con la specializzazione di “decoratore-pubblicitario”, che l’aveva ormai conquistato”.

La conversazione di Marconi prosegue con scioltezza ed i ricordi gli tornano familiari e vivi: “Benedini conosciuto nel corso delle lezioni serali presso la Scuola d’arte di Mantova - lo chiama a fare il decoratore nella sua bottega, dove lavora per due anni e da dove si stacca per mettersi, nel 1935, in proprio, impiantando un laboratorio-studio artigianale di decoratore di insegne pubblicitarie, con la qualifica - più appropriata - di “pittore-letterista”. E da allora ha seguito la sua via, creando il marchio di moltissime ditte, studiandone e inventandone nomi, disegni, diciture originali, insegne, cartelloni stradali, etc., attività che ha lasciato, nel 1975, “in eredità al più meritevole e valido suo collaboratore ed allievo”.

Gli oltre 40 anni di attività artigianale come “pittore-letterista” e la passione per la pittura, che ha sempre seguito e curato anche nel poco tempo che il lavoro gli lasciava libero (di sera e nei giorni festivi), hanno consentito al nostro Marconi di perfezionare la sua tecnica grafica. Oggi usa con facilità olio, pastello, acquerello, tempera, carboncino, etc., per realizzare i soggetti che più gli stanno a cuore e orientandolo verso una realtà obiettiva e sentimentale (egli predilige in particolare il paesaggio mantovano, i fiori, le piante, i cieli, i monti, le marine, i bambini), che gli è naturale.

La sua umiltà e la sua riservatezza in settantaquattro anni di vita ci portano a qualificarlo degnamente oggi sia come uomo, sia come artigiano, sia come pittore.

Attilio Verri

“Segno e colore”

Qualunque sia il soggetto, l’impegno tecnico è sempre lo stesso. Un segno preciso, meticoloso, cui si affianca una rigorosa ricerca cromatica. Nei paesaggi si nota quel calore che deriva da viaggi compiuti all’interno della natura: quasi un passaggio, tra il misticismo e l’esigenza fisica, ma una realtà che spesso trascuriamo.

Il segno, la grafia e la precisione gli derivano dalla professionalità: cartellonista e pubblicitario per necessità ma anche per vocazione. Più facile, per lui, fare della propria “grammatica” un momento di crescita pittorica. Caso mai la sorpresa più gradevole deriva, per l’appunto, dall’insieme cromatico: ogni tinta non è mai violenta, ma non ripudia nemmeno i colori forti. Bisogna, comunque, ascrivere ad Otello Marconi il senso della misura. Nelle figure si ritrova il bisogno di un’analisi attenta e puntigliosa. Non importa se il mezzo usato è l’acquerello o l’olio. Per l’artista mantovano l’importante è arrivare all’obbiettivo. Il che significa consolidare il momento di crescita umana.

Marconi è classico con il suo vario caleidoscopio. Ma sa anche essere moderno, allorché ritrae con vivace partecipazione ciò che gli sta attorno. È l’occhio che pretende la sua parte: vuole capire i temi e vuole gustarli. Per soddisfare, quindi, l’artista deve saper cogliere le esigenze di un pubblico vasto ed eterogeneo. La rassegna attuale è un biglietto di visita qualificante.

Werther Gorni

…Disegnava Marconi, disegnava in continuità, prima e dopo qualche studio artistico, compresa la frequentazione di Brera, dando libero sfogo alla sua creatività, imprigionata dalle committenze al pittore‑letterista qual’era di professione. Appena aveva un momento libero dall’attività di progettista e dipintore di insegne e scritte pubblicitarie, attività che svolgeva tuttavia con puntigliosa professionalità, prendeva lapis, pastelli, carboncini e quant’altro e lasciava segno della sua mano su fogli, cartoni, compensati, ovunque insomma gli capitasse. Ma amava anche il colore, quel colore che stendeva fluente ed armonioso sulle sue tele e che, non di rado, andava a sostenere opere di rasserenante e bucolica dolcezza, poiché questo era il suo intimo temperamento intriso di saggezza e bonomia contadina.

In questa mostra, che è quasi una sua piccola antologica, possiamo infine cogliere un eclettismo che talvolta evidenzia il riferimento senza mai tuttavia cadere nel rifacimento o peggio nella copiatura.

Sono interessanti quei suoi “vitellini” in cui si coglie lo stesso spirito del primo Giorgi, contadino, se non addirittura un’ascendenza compositiva lombarda, benché deprivata del colore.

Significativo anche l’ottimo Autoritratto che bene si inserisce nel tradizionale filone della buona ritrattistica locale. Sono tuttavia i suoi scorci mantovani a convincere definitivamente delle sue qualità laddove il tipico paesaggio di acque, ricco di alberi, di piccoli bugni, di erbe palustri non di rado si profonda sino ad una sua personale Mantova sognata e sognante che chiude l’orizzonte col suo profilo azzurrato dalla distanza e dalla nebbia…

Gilberto Cavicchioli, febbraio 2000


Bibliografia:

2002 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume IV, La - Mu, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 1809/1818.
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