Nasce nel 1905 a Goito; muore a Desenzano (BS) nel giugno 1989.
Quattordicenne si trasferisce a Milano in casa dello zio architetto Francesco Malerba. Studia architettura all’Accademia di Brera, allievo di Giorgio De Chirico con il quale instaura duraturi rapporti di amicizia.
Dalla fine della seconda guerra mondiale vive a Cremona fino agli anni 60.
Nell’ottobre del 1948 partecipa alla Mostra d’Arte Provinciale di Cremona organizzata dai pittori Amici dell’Arte, con tre dipinti di notevole importanza.
Dal 23 aprile al 3 maggio 1960, tiene una mostra personale alla Galleria La Gonzaghesca di via Oberdan a Mantova, dove espone 25 dipinti; il cronista della Gazzetta cita tra i dipinti più ammirati le opere: Mia madre, Soli, e Ritratto di donna. Inoltre sulla stessa testata, o. d. m. scrive: “… Malerba, infatti, è nato a Goito nel 1905. Discende da una conosciuta e rinomata stirpe d’artisti che hanno operato in Lombardia sul finire del secolo scorso. Uno zio dirige ancor oggi la Fabbriceria del Duomo di Milano. Nato per la scultura come i suoi predecessori ha studiato e lavorato a Milano, poi le necessità e le alterne vicende della vita lo hanno portato a vagabondare per la Penisola. Durante il tempo dell’ultima guerra e negli anni successivi ha stabilito la sua residenza a Cremona. A Cremona nel silenzio della tranquilla città, Malerba ha tralasciato di modellare la terra e scolpire marmi per dedicarsi e ritrovarsi nella pittura. Questa sua attività gli ha dato modo di mettere in luce le sue qualità di pittore acuto e sensibilissimo. Mostre collettive e personali il pittore ha effettuato a Cremona, a Milano presso la Galleria Barbaroux, a Venezia alla Galleria S. Stefano, a Parigi alla Galleria Marcel Bernheim incontrando ovunque i lusinghieri se non addirittura favorevolissimi consensi del pubblico e della critica…”
Dal 5 al 15 maggio del 1962, allestisce una mostra personale alla Galleria La Gonzaghesca di Mantova dove espone dipinti e disegni, sulla Gazzetta, Giovanni Botti scrive: “… All’atto inaugurale della Rassegna, …ha rivolto affettuose parole ad Aldo Malerba lo scultore milanese Leone Lodi, il quale, fra l’altro, ha affermato di riconoscere nel pittore una immaginazione viva che onora l’arte e che riesce a mantenere vitale, pur nel susseguirsi delle correnti moderne, la tradizione pittorica nelle sue forme più elevate.
(…) Oltre ai diciotto dipinti presentati - fra i quali non si può dimenticare Uragano e Cavalli con donna - spicca, per una sua particolare singolarità, una serie di nitidi, ben delineati disegni fra i quali sono New York, Naviglio, Venezia e il prezioso inchiostro Cavallo a riposo…”
Tiene una mostra personale alla Galleria La Saletta, di Mantova, dal 17 ottobre 1964; Edgarda Ferri sulla Gazzetta scrive: “Aldo Malerba espone oggi alla Galleria d’arte La Saletta. Una trentina tra oli e disegni, coi suoi colori dominanti che sono il verde e il blu. Reduce da esposizioni a New York, Parigi, Milano, Napoli e Venezia, Malerba torna per la seconda volta nella sua città. Goitese di nascita, allievo di Carrà, Messina e De Chirico, ha ancora molto caro il paesaggio e la figura. Nato come scultore, ha scoperto la pittura solamente cinque anni fa, e in pochissimo tempo ha fatto la sua strada. Per esporre a Mantova, dove ha molti amici, Malerba ha spostato la data della mostra che terrà ad Amburgo. Subito dopo, tra la fine di quest’anno e l’inizio dell’anno prossimo, andrà a New York, invitato dalla “Valigia Diplomatica”. Contemporaneamente, una mostra a Milano.
Verde e blu, nel paesaggio da lui ritrovato: Il Mincio, il Po, la pianura tra Goito e la Torre, i filari dei pioppi.”
A Parigi hanno scritto di lui che “Malerba é il pittore del silenzio”. Nessuna violenza nei suoi ritratti e nei suoi paesaggi. Né polemica o ricerca di cose al di là del possibile. Giunto a New York contemporaneamente a Lucio Fontana, insieme al quale era stato allievo dello scultore Wildt, Malerba ha avuto, dagli americani, il più assoluto riconoscimento. e mentre Brian O’Doherty scriveva sul “New York Times” che Fontana “attacca i quadri con tanta energia da sfondare le tele” a proposito di Malerba diceva “porta qui da noi un soffio di quella civiltà latina di cui abbiamo sempre molto bisogno”. Come tanti, Aldo Malerba non è profeta nella sua patria. Altrove, il suo successo ed il suo nome sono molto più grandi che qui. A tre anni dalla sua prima mostra, ora si ripresenta con poche cose, tra il verde e il blu. C’è molto del paesaggio mantovano, dal pittore scoperto dopo anni di assenza. Angoli veneziani. Cavalli. Maternità. Non l’ha preso l’angoscia; ma una sottile, silenziosa malinconia”.
Si interessa della mostra anche Renzo Margonari che sulla Gazzetta di Mantova, scrive: “… torniamo a Malerba che con una vasta gamma di verdi e di azzurri riproduce coloristicamente il paesaggio dell’alto Mincio con parecchia vericidità ambientale. È interessante vedergli smorzare un rosso di un tetto al punto di poterlo inserire impunemente nel verde quasi monocromo in Borghetto, o conservare il ricordo delle grigie nebbie mantovane anche ritraendo una Venezia sotto la pioggia.
Malerba è un uomo che parla sottovoce. I suoi discorsi sono suadenti ed ha il potere straordinario di rilassare l’interlocutore in una specie di nirvana cosciente. Mentre si osservano le opere allineate alle pareti e il ronzio della voce di Malerba all’orecchio ci accompagna, si ha la sensazione di una estrema aderenza di questa pittura alla personalità dell’uomo. È anch’essa una voce sommessa innocua come un palliativo per il mal di capo: una pausa tranquilla nel panorama esagitato ed isterico della pittura. Si vorrebbe aggiungere che una pittura che non propone ideologie o sperimentazioni tecniche o formali di alcun genere, ma che punta unicamente sulla possibilità di esprimere un mondo di consuetudini, di piccole emozioni quotidianamente riferite sulla tela è giusto riceva il riconoscimento da parte di un pubblico per cui queste cose hanno ancora un significato nello spazio breve delle giornate”.
Aldo Malerba, negli anni settanta (risiede a Desenzano da oltre dieci anni), viene nominato “Accademico d’Italia”. Il riconoscimento, giunto dall’Accademia Italia delle Arti e del Lavoro, compensa il meritato lavoro dell’artista che da anni opera con successo in Italia e all’estero.
Di lui, tra gli altri, hanno scritto Carrà (“Il pittore Malerba nelle sue diverse mostre ha ottenuto ottimi successi”), De Grada (“In Aldo Malerba la visione si chiude e si approfondisce nell’introspezione psicologica”).
La rivista “Masqua et Visage” scrive “Un mantovano che è venuto ad incantare i parigini. La Galleria ‘Marcel Bernheim’ si vanta di presentarci uno dei migliori pittori italiani attuali”.
Bibliografia:
2002 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume IV, La - Mu, Mantova, Archivio Sartori Editore, p. 1752.