Ercole Magrotti - Nato a Milano il 14 febbraio 1890, morto a Roma il 23 luglio 1967.
Autodidatta, dopo i primi incerti tentativi e la lunga interruzione della guerra, cui aveva partecipato, si dedica con rinnovato fervore all’arte. Nel 1921, alla Mostra degli «Amici dell’Arte» di Varese espone una Frescura, che piace. Figura in altre mostre lombarde, a Busto Arsizio ed a Gallarate e tiene personali nelle predette città ed a Varese.
Nel Municipio di Gallarate figura Sole d’autunno; nella Raccolta del Comm. Maino Lo scarico (Porta Ticinese); nella Collezione Tommasini Strada in brughiera; altre opere significative Mercato del mattino, Una strada di Besozzo, Rustico. È citato nel Dizionario del Comanducci ed in altre pubblicazioni.
Ciò per quanto concerne la biografia, che rappresenta la «cronaca» nella vita di un artista. Ma l'elemento critico, la valutazione estetica dell’arte del maestro milanese non devono sfuggirci. Devono anzi farci considerare che le sue tele possono essere paragonate alla parola semplice e chiara di una persona veramente colta, che rifugge da verbosità ricercate perché non sente il bisogno di fare sfoggio del proprio sapere. La pittura del Magrotti è fatta di pennellate piane (nel significato spirituale del termine) ed ha un tracciato ed una costruzione che dimostrano perfetta aderenza con ciò che l’occhio dell’uomo vede, con ciò che circonda l'uomo. Eppure, quanto valore nelle accorte campiture dei toni, nella scelta degli scorci, nella rappresentazione delle creature! La pittura del Ma- grotti è aerea, lieve, serena di colore, armoniosa nei rapporti cromatici, lirica nell’intento. Essa riflette la fine dell’Ottocento, quando il pittore nacque, e l’inizio del nostro secolo, in cui egli si formò, senza soccombere al magnetismo degli astri di moda, crescendo con energie proprie, con risorse di pensiero scevre di convulsioni. Oggi che il Maestro è scomparso, una pagina di serenità è stata esaurita nel libro del tempo, di questo tempo nostro, così saturo d’incertezze e di ansietà.
Ercole Magrotti è stato uno degli artisti italiani più suggestivi; non ho avuto il piacere di conoscerlo ma ho ammirato le sue tele e ho notato che le sue opere si distinguono per un contenuto poetico, dal quale deriva il loro fascino.
Magrotti è stato un fedele amante della natura, egli sapeva dipingere come si conviene ad un artista di razza, e sapeva selezionare quei luoghi e quegli elementi, che più si confacevano ai paesaggi, alle marine, ai verdi boschi, che egli voleva raggiungere ed immortalare.
Se l’artista è considerato come uno dei maggiori paesaggisti italiani, lo si deve proprio all’intensa ricerca dei luoghi e dei mezzi: la resa dei suoi impasti, usati con sobrietà, conduce all’esclusione di ogni cromatismo esteriore per giungere alla modulazione della tonalità.
In nessuna delle opere del maestro ho notato un colore violento, offensivo, ed anche nelle grandi tele il tutto è soffuso di quiete, di pacatezza, di senso religioso, poiché, come egli diceva: «La natura è di Dio, a differenza delle macchine che sono degli uomini».
Magrotti di solito tendeva ad isolarsi per raccogliere le sue sensazioni, che gli venivano da un particolare modo di vedere la natura; le ambizioni metafisiche, le distorsioni della moda non lo riguardavano. Egli considerava, saggiamente, l’essenza delle cose visibili, che già mostrano a sufficienza l’aspetto metafisico. (Da «Paesaggisti» di Pier Rinaldo Zucchi.
Bibliografia:
1970 - Omaggio a 6 Maestri scomparsi, catalogo mostra, Verona, Istituto Nazionale d'Arte, pp.nn.
1972 - Dizionario dei Pittori Contemporanei della Tradizione, Volume primo, Verona, Istituto Nazionale d'Arte, pp. 113/114.