Vive sul Lago di Garda negli anni '30.
Nel 1934, Enrico Gaifas Junior, scrive: "...Questo pittore di Szabadka recentemente ha esposto a Genova, a Brescia, a Milano (Casa d'Artisti), a Riva del Garda, suscitando ovunque unanimi consensi nella critica e nel pubblico. Lukàcs Gyelmis, che vive sulle sponde incantevoli del nostro Benaco,...".
Presso il Museo Civico di Rovereto nella rassegna: "Ci vuole un fiore: dalla Natura alle Arti
Museo della Città", tenutasi dal
1 febbraio – 19 luglio 2020 e prorogata fino al 30/10/2020 per emergenza Covid, La sezione di Fiore in fiore presenta opere dei maggiori artisti attivi nella prima metà del Novecento, tra i quali il nostro Gyelmis.
Lukàcs Gyelmis
Pulsatur et aperietur vob/s.
Incomincio con un comprensibilissimo latino, dal fine sentimentalismo evangelico, per farmi perdonare da Gyelmis che non ama che si parli di lui.
Ho riscontrato che, tra le diverse porte, quelle dei pittori sono le meno inesorabili, e alla diffidenza iniziale succede sempre, almeno nei miei riguardi, l’invito cortese e il libero adito alla curiosità più insolente. Il Gyelmis, che ama il più raccolto ed isolante silenzio, ha aperto la porta poiché io vi ho bussato, e così scivolato nello studio, collo sguardo ho avidamente cercato sulle pareti quella sensazione ottica, visiva che ogni pittore dà colle sue opere al visitatore anche più distratto.
Invece: s’incomincia con una piccola delusione! Le pareti sono quasi nude: lo studio si sonorizza e gode di quella tela che, campeggiando dal cavalletto, ancora vibra e vive il tormento di questo giovane artista ungherese, poiché a quella sta lavorando. Silenzio, semplicità! Non sono riuscito ad aprir bocca ed a chiedere. Conosco i quadri del Gyelmis e sento la necessità di vederli, di contemplare i saggi della sua arte meditata ed equilibrata, priva di tentennamenti e di smozzicature capricciose. La formulazione civilizzata di questo desiderio mi è difficoltosa di fronte alla evidente scontrosità che l’artista ha per tutti gli importuni, ma ecco che il mio sguardo inquieto, frugante gli angoli dello studio, viene interpretato… Lo vedo chinarsi, raccogliere una tela, porla sul cavalletto. Tele che rivolte contro il muro, vi conservate il mistero, non protestate al dispotico volere del vostro creatore, ma vivete di più bella luce e del calore che egli vi ha dato! Lo studio si va popolando, tutto si vivifica, si identifica, si individualizza. Questo magiaro affronta il problema di parlar chiaro e sonoro, senza veli, senza fronzoli. Si sente che v’è ancora qualche cosa di acerbo, quasi di immaturo nella battaglia che l’artista, ancor giovane, ha impegnato da qualche anno per una espressione sempre più intensa di ciò che vigila nel suo intelletto. È un pittore di solide qualità, che potrebbe esser già riuscito ad interessare il pubblico. Motivi di lirismo assorbono il suo spirito; e su di essi si indugia con una vigoria di tecnica tutta personale, talora sintetica, rivelante crudemente lo sforzo compiuto per raggiungere una più concreta espressione della sua interna visione, che potrà essere magari discussa od anche non piacere. Ma da cui balza, anche per le stesse deficienze formali, viva una personalità rara fra gli artisti nuovi. Non è certo un facile od un abile creatore di motivi piacevoli per esposizioni o per vendite, ma uno che all’arte, cui deve dare tutto se stesso, ha per intima natura assegnato ben diversa e più alta ragione di essere. Fatto non comune che merita di essere segnalato; poiché artisti di tal razza assumono valore anche per l’altezza di ciò che affrontano. E quanto ha già concretato il Gyelmis prova che tale lotta non l’ha affrontata a cuor leggero e senza coscienza delle buone armi che va affilando in mano per vincere. E uno libero da concetti settari, e si preoccupa unicamente - ed il suo originale temperamento artistico lo sostiene - di esprimere in nota limpida senza false intonazioni quel che gli suggerisce il suo interiore. Non importa se per giungere a questo puro accento tormenta il cervello e se le ore scorrono veloci. Forse che, chino sulla tela, come è ora intento a scrutare il volto di un fanciullo, s’accorge che la luce si è fatta grigia e che vi è un estraneo, sia pure silenzioso, nel suo studio? Passerò ad un breve esame tecnico delle opere del Gyelmis. I suoi paesaggi s’imperniano specialmente su di una nota nostalgica e sempre fortemente poetica; da Contrade di Varignano al Ponte di Rocca a Lago Mosso a Paesaggio alpestre tutta una gamma squisita di poesia si effonde e conquista. I massi montani, l’albero solitario, le valli profonde, hanno tutti un valore di materializzazione spirituale, anche quando la tecnica forse non abbia raggiunto quella raffinatezza che solamente anni di studio costante possono dare. Nelle figure sue gioca una sensibilità moderna che rivela robustezza e naturale impulso pittorico. Ai colori luminosi sostituisce tinte sobrie a base di terra; la distribuzione dei piani e dei volumi prevale sulla ricerca della forma. Le nature morte svolgono in profondità quei motivi cui una luce più calda conferirebbe un certo splendore. Egualmente testimoniano perizia, gusto, senso pittorico austero Le dalie e due Nature morte recenti e denotano i progressi che realizza lentamente. I suoi mezzi tecnici sono primitivi, semplici; ai pennelli sostituisce la rudimentale spatola. Vorrei poter parlare più a lungo di questo artista dalla sagoma allampanata e dagli occhi di taumaturgo. Questo pittore di Szabadka recentemente ha esposto a Genova, a Brescia, a Milano (in Casa d’Artisti), a Riva del Garda, suscitando ovunque unanimi consensi nella critica e nel pubblico. Lukàcs Gyelmis, che vive sulle sponde incantevoli del nostro Benaco, è nel novero di quei pochi che formano metà della loro vita nel culto fervente dell’arte e vivono solo in essa o attraverso le estrinsecazioni delle opere prodotte; Egli è alieno dal pittoricismo a buon mercato, dallo scolasticismo, e, ad onta di certe apparenze, dall’estetismo alla moda.
Enrico Gaifas Junior (1934 - Enrico Gaifas Junior, Lukàs Gyelmis. Torino, a b c Rivista d'Arte, anno III, n. 10, ottobre, pp. 25/27).
Bibliografia:
1934 - Enrico Gaifas Junior, Lukàs Gyelmis. Torino, a b c Rivista d'Arte, anno III, n. 10, ottobre, pp. 25/27.