Gasparini Bruna

pittrice
Mantova, 1913 - Venezia, 1998

Nel 1937 giunge giovanissima a Venezia inserendosi ben presto nel tessuto culturale della città dove può alimentare la sua passione artistica e culturale frequentando personalità fortemente creative ed istruite. Si forma come autodidatta seguendo consigli di amici, tra cui Luciano Gaspari che seguirà i suoi esordi e diventerà suo marito nel 1943, e affermati maestri come Martini e Guidi. Inizia la sua attività espositiva nel 1938 partecipando alla “Prima mostra universitaria triveneta d’arte” organizzata a Padova. Alle prime possibilità espositive propone opere che risentono della influenza di Guidi ma anche di un particolare interesse per le opere di Scipione e Mafai. Nel 1940 partecipa alla XXII Biennale di Venezia e due anni più tardi prende parte al Premio Bergamo. Durante gli anni ‘40 la Gasparini, grazie anche alla frequentazione del maestro Afro Basaldella, si interessa alle nuove proposte artistiche e sviluppa un nuovo linguaggio vagamente influenzato dall'esperienza cubista che si concretizza in una serie di nature morte. Contemporaneamente ottiene numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il premio Watteau a Milano nel 1947 e il Premio per la pittura alla XXVI Collettiva dell'opera Bevilacqua La Masa di Venezia nel 1948. Solo negli anni ‘50 però l’artista porterà a compimento la sua travagliata ricerca di un linguaggio strettamente personale avvicinandosi così all’astrattismo e partecipando, pur mantenendo un ruolo assai riservato, agli avvenimenti e alle esperienze “spaziali". Non firma infatti alcun manifesto, ma quando nel 1955 si presenta alla Bevilacqua La Masa con la sua prima personale appare evidente la profonda indagine sulle problematiche riguardanti lo spazio, il segno e il colore comuni agli artisti spaziali. Le opere esposte trasmettono una grande espressività e padronanza segnica, di carattere esistenziale, supportata da una vigorosa matrice gestuale. Nel corso di questi anni la materia pittorica ingloba gradatamente il segno e si fa più rarefatta e fluida diventando quasi un fatto “atmosferico". Nel 1954 vince il premio Mariotti, partecipa ancora alle Biennali di Venezia nel 1948, 1950, 1964, quando espone in una sala personale dodici gouaches, e alle Quadriennali di Roma nel 1948 e nel 1952. La sua incessante ricerca espressiva è giunta nelle ultime opere ad una pittura luminosa dai toni caldi e accesi, come testimoniano la mostra del 1996 svoltasi nella Casa del Mantegna di Mantova e quella risalente al 1998 allestita a Bassano del Grappa.


Bibliografia:

2010 - Lucio Fontana e lo Spazialismo a Venezia, testi di Franco Batacchi, Giovanni Granzotto, catalogo mostra, Galleria Perl'A di Venezia, Ed. Il Sogno di Polifilo, pp. 52/55.

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