Frigeri Mauro

scultore
Quingentole (MN), 6 settembre 1888 - Quingentole (MN), 29 aprile 1979

Scultore, nasce il 6 settembre 1888 a Quingentole dove muore il 29 aprile 1979.

Il padre è fabbro, ma a sua volta anche dipintore di affreschi e di fini decorazioni.

Mauro inizia da ragazzo come scalpellino presso uno scultore a Mantova. Si reca, dal suo paese alla città, ogni settimana il lunedì in andata e il sabato in ritorno per più di trenta chilometri a piedi.

Comincia a diciassette anni ad avere la commissione di un lavoro commemorativo in marmo a Giuseppe Garibaldi, ora collocato sotto l’arco a Revere.

È vincitore delle Borse di Studio Franchetti nel 1913, nel 1914, nel 1915 e nel 1916 anno in cui frequenta a Firenze il 2° corso di scultura alla Scuola di nudo dell’Accademia di Belle Arti. È allievo dello scultore Domenico Trentacoste, celebrità dell’epoca, e collabora col maestro a scolpire nel marmo alcune opere.

Si trasferisce a Roma dove segue Leonardo Bistolfi e lavora con lui al grande Monumento a Vittorio Emanuele a Roma.

Ritornato al paese negli anni che seguono, realizza sculture in bronzo e scolpisce piastre in marmo per i Monumenti ai Caduti della Grande Guerra a Schivenoglia (in marmo sulla facciata del Municipio), a Quingentole (in marmo prima all'interno del Comune, ora in Piazza Cavour), Nuvolato (in bronzo, opera distrutta durante la II Guerra mondiale), Magnacavallo (in bronzo, opera distrutta durante la II Guerra mondiale) e molti altri.

Fedele ritrattista riceve la committenza di molti ritratti in scultura oggi sparsi in vari istituti. Ma per le ristrettezze dell’epoca non sà affrontare altrove che al suo paese natio la dura lotta per sopravvivere come artista.

Persona di buona cultura, appassionato di teatro allestisce e recita in diverse commedie.

La sua scultura è verista con influssi simbolisti e romantici. Lascia una numerosa gipsoteca oggi purtroppo quasi completamente distrutta. Coltiva all’arte del disegno con impegno uno dei figli nell’adolescenza, che in seguito si afferma come scultore e pittore. Mauro è il padre di Lanfranco.

Giudizi critici:

“Un artista nostrano”

Dico subito che è un quingentolese: più nostrano di così, non potrebbe essere.

Ed è Mauro Frigeri conosciuto da noi tutti, ed amato per la sua dolcezza e mansuetudine. Ma la fama di codesto buon scultore, è ancora inferiore al merito. Sarà perché la modestia eccessiva, e l’umiltà del Frigeri ne tendono alquanto in penombra il valore; ma io temo pure che una causa della poca notorietà di questo simpatico e bravo nostro concittadino, sia una certa nostra tiepidezza - per non dire indifferenza - nei riguardi della sua opera artistica. La quale attesta indubbiamente un bel valore e una grande abilità nella plastica e nell’uso dello scalpello.

Entrate nel suo studio o gabinetto di lavoro (che il Frigeri con la modestia dei nostri grandi Maestri in arte, chiamerebbe bottega); entrate pure: un sorriso di larga e schietta cortesia vi accoglie subito.

Il nostro Mauro è di una cordialità a tutta prova: vi invita subito a sedere ed è capace, in caso, di correre a prendere una sedia, e magari - se siete accalorati - di offrivi un bicchiere di vino. Ecco dunque il suo piccolo studio…, ma che studio, può essere in cucina o altrove! Voi vedete sparsi un po’ pertutto qua e là bozzetti, medaglioni, busti (non parlo ora della sua opera lapidaria), e statuette in gesso talvolta finemente umoristiche. Ma fra i busti (colgo a caso) va segnalata l’effige di Achille Finzi.

Chi ricorda la tarchiata e robusta taglia del celebre oratore forense, resta meravigliato dalla somiglianza perfettissima, e perché nel viso si legge tutta l’anima giovialona e apertamente mantovana del compianto penalista. Ora il Frigeri ha compiuto un colossale lavoro che verrà fuso in bronzo e gli farà un bell’onore: ne riparleremo certamente a suo luogo.

Intanto qui, per stare in carattere col numero di saggio, dobbiamo rilevare che il nostro valente concittadino concorse anch’egli, con la sua opera scultoria, all’abbellimento del nostro tempio; o piuttosto egli fece opere di restauro, integrando le deteriorate o mutilate sculture in gesso.

Ora sappiamo che gli verrà pure affidato il rifacimento di qualche altare.

Salve, o amico diletto!

Sei ancora giovane, e può arriderti la Gloria.

Melibeo


Bibliografia:

1913 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 74/IV;

1914 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 46/C, 53;

1915 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 53;

1916 - Verbali Fondazione Franchetti di Mantova, n. 48;

1921 - Melibeo, Un artista nostrano, Dies Jucunda, numero unico;

1985 - Adalberto Sartori, a cura di, Pittori Scultori Incisori nella Mantova del ’900, Mantova, Archivio Grafico Sartori, p. 186.

2001 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume III, Dio - Ku, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp. 1264/1268.

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