Dogliani Ercole

incisore xilografo litografo
Torino, 8 dicembre 1888 - Torino, 12 ottobre 1929

Torino or è molt'anni.

«Come una stampa antica bavarese / vedo al tramonto il cielo subalpino… / Da Palalo Madama al Valentino ardono l'Alpi tra le nubi accese…/ È questa l'ora antica torinese, è questa l'ora vera di Torino...…».

Vecchia Torino, Torino del passato, come la vedeva, come l’arnava e l’evocava Toto Merùmeni ne’ suoi canti accorati e nella miniatura di certe sue prose; Torino che scompare, che agonizza per far posto alla città di domani, come hanno saputo raffigurarla Marcello Boglione ed Ercole Dogliani nelle dodici incisioni della cartella Vecchia Torino che l’impresa editoriale L'Impronta ha intelligentemente e signorilmente pubblicata.

Ho sullo scrittoio le dodici visioni: acqueforti, litografie e xilografie. Riconosco luoghi e memorie. Rivivo il passato. Dimentico per breve ora il tumulto della città moderna, dove l’agente regolatore del traffico inizia il processo di americanizzazione della vetusta città pedemontana; sgombro le vie dalla congestione automobilistica, dalle insegne luminose, dalle lampade ad arco, e risalgo alla vecchia Torino quasi provinciale, alla Torino del coprifuoco che le nonne - che ancora guardano dalle miniature e dai dagherrotipi - amarono.

Crepuscolo: l’ora evocativa dei fantasmi del passato. Non faccio affermazioni né voglio risolvere annose questioni storiche. Rimango nel campo della leggenda che non ha ancora trovato il suo poeta, malgrado l’ode carducciana al Piemonte e l’inno Pascoliano ed il sonetto di Luigi Conforti - il cantore della tragedia pompeiana - a Torino. Il toro d’oro in campo azzurro non potrebbe essere una derivazione del bue Api? E le mummie Faraoniche custodite nei cofani vetrati, non sono un po’ a casa loro nella città che alcuni storici, e fra essi il buon Emanuele Tesauro di Lauriano Po, vollero fondata dal principe egiziano Feteronte il che le giustificherebbe l’appellativo di Feterontea?

Accanto a queste immagini del passato che i due artisti hanno individuato nella città grande, pongo idealmente Lo spasimo della mummia e L'Urlo dei millenni che il Dogliani xilografo nel museo di Schiapparelli. E penso che lui abbia sciolto colla sgorbia e col bulino qualche strofa di quel canto che un vagabondo torinese porta inchiodato nel cuore.

Annotta. Tutta una teoria di visioni si anima. Si profilano le torri palatine con accanto ancora quell’arco trionfale che, in omaggio ad una linea tramviaria ora soppressa, venne inesorabilmente e brutalmente abbattuto. E nelle asimmetriche viuzze adiacenti, tronconi di case agonizzanti dove pare si rifugino le figure rianimate dal Pietracqua, a contenderle al piccone demolitore.

Da un abbaino di contrada della Provvidenza, Saverio de Maistre segue il corso dei pensieri e delle stelle sulla città scacchiera… e, risalendo ancora nel tempo, vedo un’ombra scantonare presso il palazzo della Marchesa Barolo. È forse il giovinetto ginevrino che si reca a qualche convegno? Ecco un gruppo di case medievali: via Giacomo Leopardi. Qui il bulino di Boglione traduce in realtà il sogno. Finezza di particolari degni di stampe settecentesche. Le son vicine la piazzetta della Corona Grossa dove molt’anni addietro si svolgeva il mercato del riso, e la via della Fucina, luoghi quattrocenteschi e cinquecenteschi dove negli alberghi vetusti, menzionati dal barbaro lirico Hans Barth nella sua Guida Spirituale delle osterie d'Italia prefazionata dall’astemio D’Annunzio, mi par di udire voci di principi e di paggi e lazzi di uomini d’arme che giocano ai dadi.

M’allontano. Da via Doragrossa infilo la via degli Argentieri e continuo per via Austerlitz. Arrivo in piazza del Re. Vado lontano: in via Saluzzo. Torino dell’ottocento. Vecchie case di sobborgo. Anche qui l’acquaforte ha trovato in Boglione un delicato poeta che con la stampa Vecchie case di via Saluto ha sciolto una nostalgica strofe e altre due ne ha sciolto con il Campanile di San Gioachino e con il Canale in strada del Fortino, quest’ultima di singolare potenza e suggestività.

Ritorno nella città antica. A somiglianza del De Maistre, faccio anch’io un viaggio ideale attorno al mio scrittoio. In un vicoletto in via della Basilica un’iscrizione ricorda il Tasso che nella popolare regione denominata ancora attualmente Regio Parco trovò, al suo tempo, un autentico parco meraviglioso che immortalò nella descrizione dei giardini d’Armida nelle ottave della Gerusalemme. Vecchia Torino che, contemporaneamente al tormentato poeta estense, ospitò forse un altro grande e tormentato spirito. Giordano Bruno.

Il Tempio della Consolata. La memoria di Roma è accanto al Tempio della fede. Da un vicolo che ricorda quelli liguri, s’affaccia imponente il campanile che la xilografia del Dogliani ha fermato fra il rettilineo delle vecchie case e uno squarcio di cielo azzurro.

Gabriele D’Annunzio nelle sue Città del silenzio ha dimenticato Torino. Eppure vi è una Torino del silenzio che Nietzsche amò per le sue vie lunghe e diritte, riposanti nell’ora del crepuscolo, che lui, viandante del pensiero, percorreva a placare l’arsura del suo cerebro che doveva purtroppo ottenebrarsi nella città subalpina che egli prediligeva.

Questo mi suggeriscono le incisioni Portici del Javara in Corso Palestro e la Chiesa dei Santi Martiri da via Boterò, e ancora la litografia Santa Chiara in via delle Orfane, tutte dovute al Dogliani, incisioni che vorrei chiamare filosofiche per quel senso indefinito di tormento cerebrale che traspare dalla semplicità austera del motivo scelto e dalla padronanza delle diverse procedure adottate.

La chiesa dei Santi Martiri vista di scorcio dall’antica contrada del Fieno, mi rituffa perdutamente nel passato. La superba diagonale di via Pietro Micca non esiste. Via Barbaroux è ancora quella della Madonnina e dei Guardinfanti, e il vicolo e la via di Santa Maria, orgogliosi della chiesa che alcuni cronisti la vogliono esistente sin dai tempi di Carlo Magno, hanno il profumo del passato. La figurina che anima la litografia del Boglione, vicolo Santa Maria, è forse l’amica di Nonna Speranza? Vicoli e viuzze scure dove, sotto la luce esagonale dei lampioni a gas, par di udire ancora, fra un crocchio di amici, il giureconsulto poeta Giovanni Camerana, enumerare le finezze della decadramma di Siracusa, o declamare qualche tornito e pensoso canto illustrato da quei disegni angosciati e viventi che l’arte dei due incisori richiama alla memoria. Torino di mia madre, della mia fanciullezza… Ricerca spasmodica di sensazioni e di cose antiche. Interminabili colloqui notturni pieni di promesse e di sogni; ubriacature di poesia che la declamazione di qualche scultore o sonetto sui Papi del Rinascimento di un mio vecchio amico modenese incendiavano.

Le capanne coperte di paglia (Bene), che un secolo fa erano sulle sponde della Dora, e dalle quali prese il nome il ponte che si passa per andare al Camposanto, sono sostituite da case e da officine. Malgrado la vita che si annida sulle sponde, il luogo ha sempre un aspetto desolato, e l’incisione di Dogliani, cielo triste e tormentato, fiume che agonizza presso la sua foce, ricorda la definizione del professor Baruffi che chiamava la Dora lo Stige dei torinesi.

In queste dodici stampe nessun motivo che arieggi, anche solo lontanamente i famigerati acquarelli Ricordo; niente Torino oleografica, niente Torino fastosa, niente Mole Antonelliana o ragguardevoli palazzi patrizi. Ma una Torino umile, povera, dimessa, silenziosa, che ha parlato ai due artisti e, attraverso ad essi, ai poeti e agli innamorati della metropoli pedemontana.

Vi è una zona a nord della città che si può definire la Torino della fede e della pietà. È il porto che raccoglie i relitti umani, i rottami della vita che vanno alla deriva; dove la vita di tutti i diseredati, di tutti i minorati, di tutti i derisi dal destino va verso i suoi confini in una atmosfera di serenità e di pace. È l’immenso fabbricato della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Vi è vicino il suggestivo cimitero costrutto nella seconda metà del settecento dall’architetto del Re, Conte Dellalà di Beinasco, la cui cappella interna venne riaperta al culto dall’Arcivescovo Agostino Richelmi. Nei sotterranei, accanto alla nonna del Cardinale, riposano una sorella di Massimo D’Azeglio, una principessa russa, consorte di un ambasciatore, morta a Torino e altre salme del patriziato subalpino. Nel piccolo camposanto attiguo dormono salme umili di popolani vegliate dai passeri che ivi hanno nidificato, e allato, in una lingua di terra, sono pietosamente composti i resti dei giustiziati sul vicino «rondò ’d la fórca» dall’ultimo esecutore delle alte opere di giustizia.

Qui i due artisti trovano la loro più patetica ed emotiva ispirazione, ed io li seguo, a notte alta, riguardando V Antica Cappella di San Pietro in Vincoli che il Boglione ha litografato, e la delicata xilografia a quattro colori a tavole sovrapposte dove il Do- gliani riproduce un tratto della via San Pietro in Vincoli. L’esecuzione di questeÈ notte. Sono disseminate sullo scrittoio le visioni della mie città. Dall’infilata delle vecchie strade pare giunga una folata di vento notturno. Due figure mi sono accanto: quella sorridente di Guido Gozzano e il bel profilo di medaglia antica di Alberto Viriglio. Guardano le figurazioni della città che amarono. Allucinazione? No. Ché se queste due figure innamorate e studiose di Torino ritornassero fra noi, si compiacerebbero affettuosamente con Boglione e Dogliani per la loro ispirata e geniale fatica.

E maggiormente si compiacerebbero con i due artisti che, oltre all’aver creato un’opera d’arte e perpetuato la memoria d’una Torino che scompare, hanno anche dimostrato che non occorre andare a Firenze od a Venezia od a Sorrento per trovare «motivi», ma basta guardare con amore di figlio e animo di poeta questa nostra vecchia città eridanea.

Teresio Rovere (1935 - Teresio Rovere, Torino or è molt'anni, Torino, a b c rivista d’arte, n. 10, ottobre, Milano, pp. 1/5.


Sue incisioni sono inserite nella Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori di Mantova, Sito internet: www.raccoltastampesartori.it


Bibliografia:

1925 - Cesare Ratta, a cura, Gli adornatori del libro in Italia, Volume II, seconda edizione con 75 tavole aggiunte, Bologna, tavv. 46, 47, 68, 69, 70, 147, 148.

1925 - Esposizione Nazionale d’Arte, catalogo mostra, R. Accademia di Brera…, Milano, Palazzo della Permanente, pp. 55, 57, 58

1925/1926 - Cesare Ratta, a cura, Gli adornatori del libro in Italia, Volume III, Bologna, pag. 4, tavv. 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 123, Ritratto di Cesare Ratta.

1926/1927 - La moderna Xilografia Italiana. Trenta tavole incise da 24 Artisti del bulino. Esordio di Francesco Sapori. Presentazione di Cesare Ratta. Cartella numero 1. A cura di Cesare Ratta, Direttore della Scuola di Arte Tipografica del Comune di Bologna.

1927 - Cesare Ratta, L’arte del libro e della rivista nei paesi d’Europa e d’America, Vol.. I, Bologna, pp.164, 165

1927 - La moderna Xilografia Italiana. Venticinque Tavole incise da Artisti del bulino. Con un commento di Francesco Sapori e uno scritto di Adolfo De Carolis. Seconda Cartella. A cura e a spese di Cesare Ratta, Direttore della Scuola di Arte Tipografica del Comune di Bologna. Tavv. f. t.

1927 - La Moderna Xilografia Italiana. Venti tavole incise da Artisti del bulino. Con Commento di Francesco Sapori. Terza Cartella. A cura e spese di Cesare Ratta, Direttore della Scuola di Arte Tipografica del Comune di Bologna.

1928 - La Moderna Xilografia Italiana. Venticinque tavole incise da quattordici artisti. Testo di Stanislao Petri. Cartella Quinta. A cura e spese di Cesare Ratta Tipografo in Bologna.

1929 - Cesare Ratta, a cura di, L’Incisione originale su legno in Italia, 300 tavole xilografiche, Prefazione di Luigi Servolini, Bologna, tavv. n. 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64.

1935 - L’incisione italiana all’estero, Napoli, Cimento, anno XIV, vol. XIII, n. 140, 5 marzo 5 aprile, pp. 35.

1935 - Teresio Rovere, Torino or è molt’anni, (con ill.), Torino, a b c rivista d’arte, n. 10, ottobre, Milano, p. 1/ 5.

1935 - Luigi Servolini, La xilografia italiana oggi, Napoli, Cimento, anno XIV, vol. XIII, n. 141, 5 aprile 20 aprile, pp. 35/36.

1951 - Teresio Roverre, Visioni del viandante (1909-1929), con 43 xilografie di Ercole Dogliani, Torino, L’Impronta.

1955 - Luigi Servolini, Dizionario Illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, Gorlich, p. 289, 290, 291, 292.

1971 - Comanducci, IV edizione, volume I, Milano, Patuzzi Editore, p. 1079.

1990 - Annuario della Grafica in Italia n. 20. Milano, Mondadori, p. 36.

1999 - Zeno Davoli, La Raccolta di Stampe “Angelo Davoli”, volume III, Cas-D, Reggio Emilia, Edizioni Diabasis, p. 362/364, 369 ill.

2009 - X edizione - Mostra Internazionale Biennale “Grafica ed Ex libris”, Casale Monferrato, Omaggio a Ercole Dogliani, Mantova, Archivio, n. 4 aprile, p. 13.

2009 - Grafica ed Ex Libris 2009 - XI Edizione. Omaggio a Ercole Dogliani : In ricordo di Valentina Cavalli. Catalogo mostra. Casale Monderrato, 2009, pp. 96.

2013 - Francesco Parisi, Xilografia italiana del ‘900 gli artisti & le tecniche, Milano, Fondazione Italo Zetti, p. 16.

2015 - Luigi Servolini e il Museo della Xilografia di Carpi. Testo di Simona Santini. Fondazione Italo Zetti., Milano Taccuini di lavoro n. 22, p. 35.

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