Cozzi Adelio

pittore orafo incisore
Gallarate (VA), 1941

Adelio Cozzi è nato a Gallarate (VA) nel 1941.

Risiede e lavora a Cassano Magnago (VA) nell’azienda orafa di cui è titolare.

Giovanissimo è apprendista incisore e orafo. Nel ’58 è promotore e allievo della Scuola d’Arte Orafa di Gallarate, presso la scuola professionale di Piazza Giovane Italia.

Suoi maestri sono stati lo scultore Giuseppe Banda e il pittore Aldo Guenzani.

Frequenta la scuola di pittura di Somma Lombardo dove è allievo del professor Silvio Zanella.

Nel ’59 partecipa al concorso nazionale “Leonardo Da Vinci” indetto dal Ministero del Lavoro e della Pubblica Istruzione ed è primo classificato nella categoria “Orafi”.

Nel ’60 lavora a Milano dove frequenta gli ambienti artistici di Brera e dove conosce artisti di chiara fama come Carlo Carrà e Mario Sironi.

Nel ’63 lavora in Svizzera dove apprende tecniche nuove nella produzione orafa e conosce le più avanzate correnti artistiche svizzere e tedesche. Nel ’64 torna in Italia dove apre un atelier di incisioni a Cassano Magnano, specializzandosi nell’esecuzione e nella creazione di gioielleria di altissimo livello, proponendo sempre nuove forme e nuove idee.

Partecipa come pittore a diversi concorsi dove è più volte premiato.

La sua prima esposizione è con Luigi Cassani e Osvaldo Tonelli nel 1975 in concomitanza della personale di Aldo Guenzani presso il castello di Jerago.

Nel ’77 inventa e realizza la prima mostra dell’Artigianato Cassanese.

Nel ’79 promuove la scuola professionale d’oreficeria a Gallarate.

Nel ’92 è docente di disegno e incisione presso il Centro di Formazione Professionale di Gallarate.

Nel ’93 espone con il patrocinio del Comune di Cassano opere sul tema “Viaggio in Sicilia”.

Seguono le personali: nel 2001, presentato da Silvio Zanella, espone alla galleria “Spazio Zero” di Gallarate; nel 2002 al “Caffè Margarita” di Gallarate; nel 2003 presso lo spazio espositivo “Arti Visive” all’Università del Melo di Gallarate e presso la ProLoco di Gallarate (disegni e incisioni); nel 2004 allo spazio espositivo “Francesco Conti” di Varese “la nuova avanguardia”.

Nel 2008 mostra presso l’Atelier Capricorno di Cocquio Trevisago.

Nel 2011 mostra antologica presso antica chiesa romanica di San Giulio.

Nel 2014 mostra antologica a Villa Oliva di Cassano Magnago.

Nel 2019 mostra “Don Chisciotte” presso la Fondazione FGS di Cassano Magnago.

Dal 1957 ad oggi ha partecipato ad oltre 250 mostre personali e collettive organizzate da enti pubblici, associazioni artistiche, gallerie per rassegne, concorsi e premi a livello nazionale ed internazionale.

Mostre collettive recenti: ZAT di Gallarate “Artisti nella tradizione gallaratese”; “I tondi” ceramiche per il museo MAGA (Galleria d’arte moderna e contemporanea) di Gallarate; Chiosco di Voltorre “Arte e collezionismo”.

Sue opere di incisioni d’oreficeria si trovano nei Musei Vaticani, altre sue opere fanno parte del museo della Ceramica di Cerro e della Galleria d’Arte Moderna di Gallarate oltre che in svariate collezioni pubbliche e private.

Ha inventato e realizzato gioielli che fanno parte del patrimonio artistico dell’oreficeria moderna.

Ha collaborato con artisti di fama internazionale alla realizzazione di gioielli d’Autore.

Sua idea, la realizzazione e la coniatura della medaglia in ricordo del 50° dell’Associazione Artigiani della Provincia di Varese.

Ha contribuito alla realizzazione della galleria d’arte moderna presso la scuola media Ismaele Orlandi di Cassano Magnago.

È stato docente di oreficeria d’Arte presso l’Università del Melo di Gallarate, docente di incisione ed estetica presso la scuola d’arte “Girolamo Induno” di Gallarate e docente di incisione presso l’Università LIUC di Castellanza.

Opere pubbliche: 30 opere in ceramica “VIA CRUCIS” e “VIA LUCIS” per la Fondazione Maurizi; 5 mosaici di ceramica con l’associazione AFPD di Cassano Magnago.

Adelio Cozzi fa parte dell’associazione “Liberi Artisti della provincia di Varese” e dell’associazione artistica “Alfa3A”.


Contatti:

Adelio Cozzi

Via Peschiera, 13 - 21012 Cassano Magnago (VA)

Tel. 0331.202242

E-mail: cozzigioielli@libero.it

Sito Internet: www.adeliocozzi.it

Sito Internet: www.cozzigioielli.com


Giudizi critici:

“La mostra di Adelio Cozzi rappresenta un importante, anche se parziale, momento del suo lungo cammino iniziato nei lontani anni ’56 e ’57 del secolo scorso quando, tra l’altro, fu mio allievo alla scuola serale di pittura di Somma Lombardo. Il suo è il percorso di chi, superato lo sconvolgente marasma del passaggio dalla civiltà industriale all’attuale postindustriale, ha saputo conservare intatta, come pochi, la fede nei valori. I suoi sono i valori dell’arte, del lavoro, della convivenza sociale.

In merito a quest’ultima Cozzi non soltanto vi crede ma è anche sempre stato disponibile a lasciarsi coinvolgere e pronto a operare. Nel campo del lavoro il nostro personaggio è apprezzato orafo, quindi operatore, nell’ambito dell’arte e, come vogliono l’antica e nuova tradizione, è maestro artigiano, tanto esperto d’aver meritato riconoscimenti e incarichi ai vertici nazionali della categoria.

Infine consideriamo la sua arte, la sua pittura, come l’attuale circostanza ci sollecita. Non a caso ho premesso i valori che lo qualificano come uomo perché sono inscindibili da quelli dell’artista. Nei suoi dipinti la parte migliore degli amori di orafo risulta essere la sostanza caratterizzante e qualificante delle opere. Il costante affinamento del mestiere, la calibratura e il controllo esecutivo del quadro non hanno mai cadute. Lo splendore dei suoi colori rivela la confidenza quotidiana con le magnifiche e preziose gemme dalle quali rapisce la luce e i colori, visivi e tattili. Il suo segno e il suo disegno sono sempre essenziali e controllati, esenti dall’automatismo, dall’improvvisazione e dal casuale. Sbrigliata e senza freni è la sua fantasia creativa, è l’invenzione delle forme nelle quali si coagulano gli echi della realtà (non del realismo da gran tempo abbandonato) e il formalismo astratto, sovente contaminato dal surrealismo, dal simbolismo e persino da venature metafisiche. In Adelio Cozzi l’uomo e l’artista sono inscindibili ma quell’unità non è affatto semplicità, anzi risulta essere incessantemente complessa”.

Silvio Zanella

Consulente Centro Sistema Museale per l’arte contemporanea della Regione Lombardia

Civica Galleria, Gallarate

Aprile 2001


Il terzo millennio mette in liquidazione il secondo nell’opera pittorico-grafica di Adelio Cozzi

“L’arte pittorica di Adelio Cozzi si caratterizza come percorso continuo fatto da numerosi passaggi. Si tratta di un’opera apparentemente ecclettica che propone e ripropone un artista che, spinto dal desiderio di ricerca, si tuffa in strade sempre nuove, ma adiacenti una all’altra: non vediamo passaggi bruschi, ma lente e continue transizioni da un tipo di pittura ad un altro.

Forti sono i motivi di fondo che sottostanno a quest’opera.

Anzitutto una presentazione del quadro sociale in cui siamo inseriti e verso il quale corriamo a velocità vertiginosa: rappresentativo di questa tematica è un quadro che mostra un gruppo di giovani in moto che fumano e che sono visti in un momento di “sguaiataggine”; aldilà della situazione formale, che molto spesso vediamo, gli elementi che caratterizzano quest’opera sono la spavalderia, che nasconde la paura del presente e più ancora del futuro, ed al tempo stesso la mancanza di speranza di questi ragazzi.

Altre opere, quasi il seguito di quella prima analizzata che ci portava a chiederci: “Dove andremo a finire?”, ci propongono un “paesaggio postindustriale”.

Si passa dall’archeologia industriale (serie di ingranaggi che riempiono il paesaggio e sostituiscono la vita) alla civiltà del bullone: è la descrizione del passato (ricordiamo “Tempi moderni” di Chaplin), ma anche del presente e solo parzialmente del futuro. L’ambiente è spesso ridotto a “cose”.

Nel dipinto che potremmo definire “Archeologia del passato e sguardo al futuro” troviamo pezzi di una tecnologia obsoleta, ma anche il cavallo (simbolo di libertà) ed il triangolo (l’occhi di Dio o la logica della geometria?).

Anche nell’opera successiva questa attenzione all’ambiente si fa forte: abbiamo un paesaggio con case, lago, fiori, ma il cielo è costituito da ingranaggi rotti. L’insieme dà un’impressione di tristezza e di forte denuncia civile e sociale contro uno stile di vita che distrugge l’ambiente.

E sempre di ingranaggi, residui della “civiltà del bullone” dominano altre opere. E la contraddizione si fa forte con gli spazi che aprono al futuro.

Ed ancora una volta la natura è rappresentata nella sua “crocifissione”. E si spalanca davanti a noi un paesaggio umbro, ben diverso da quelli ridenti di Raffaello o del Perugino che riempiono i nostri occhi di luminosità: è una periferia, una terra di frontiera che ci mette angoscia. Quelle periferie che Sironi voleva esaltare nella sua arte, ora sono macigni che angosciano. L’oscurità di questo dipinto contrasta con la luminosità di altre opere del Cozzi pittore.

E infatti, a riprova, quasi a voler staccare, almeno momentaneamente lo sguardo dalla cupezza di queste opere, ritroviamo due paesaggi tipici di Cozzi: qui la natura torna ad essere se tessa, lontano dalle cattiverie e dalle brutalità dell’uomo, serena nel costante e preciso alternarsi del giorno e della notta, dei giorni e delle stagioni.

Ma l’impegno civile riprende, dopo questa breve pausa di serenità, il sopravvento con il tema della guerra.

Tre quadri sofferti su superfici bianche e nere ripropongono in maniera drammatica la tragedia della guerra: vicino alle sofferenze e alle attese dell’uomo d’oggi. Il Cozzi rende un’atmosfera irrespirabile: memorabile è il quadro dove un uomo abbraccia un cadavere. Non ci sono scene truculente: il tutto è rappresentato come una partecipazione dolente alle sofferenze che l’umanità intera porta in sé ogni volta che da qualche parte scoppia un conflitto. Restano le macerie di un civiltà delle macerie.

E così anche il giorno della fine del conflitto, giorno che si pensa di festa, diventa triste. E’ triste una festa che si celebra per una fine, non per un inizio. L’atmosfera è grigia, siderale, rimane il residuo di un macchinario e rimane il dolore per qualcosa d’incomprensibile.

E dopo la denuncia degli orrori, c’è la ricostruzione: la fantasia come immaginazione evolutiva. Sopra le nuvole splende il sole, e dopo gli orrori e le miserie non riescono a sconfiggere la speranza. E immersa nei residui “di una stanca civiltà”, ecco una maternità troneggiante. Se l’umanità è attualmente immersa nelle barbarie, c’è sempre la luce del domani.

Ed anche il passato illumina questo mondo, in fantasie diverse aventi come tema le antiche civiltà. L’egizia, la greca, la romana. Un omaggio a tutti gli esseri umani che, nel corso dei secoli, hanno permesso all’arte di essere arte, all’artista di essere artista. Senza la celebrazione del bello, ci dice Adelio Cozzi, l’uomo sarebbe ancora nella barbarie della tecnologia, di bulloni e ingranaggi che ci permettono di sopravvivere ma non certo di vivere.

E la distinzione tra il sopravvivere (lavorare, produrre, consumare) che concerne il regno del materiale ed il vivere (creare, amare, sognare, contemplare) è fondamentale, l’arte fatta solo per sopravvivere non è arte. Solo una sensibilità raffinata come quella del vero artista può spingere l’umanità a vivere e ad alzare la testa al di sopra delle barbare, folli, alienanti forme di sopravvivenza che tutti mettiamo in atto.

Ed uno spazio dominato dal viola ci porta oltre, aldilà della descrizione.

Da questo momento in poi l’arte del nostro pitture diventa più rarefatta.

Il colore viola non è solo il simbolo di penitenza e di mestizia, ma simboleggia anche la forza della magia universale: le lunghe vesti dei maghi, con stelle d’oro, sono di colore viola.

E negli ultimi dipinti esplodono i colori; le forme si fanno sempre più evanescenti, e sembrano esplodere musiche siderali, mentre si assiste al nascere ed all’espandersi del cosmo, in una genesi che sempre si ripete.

Sono, questi, spazi di speranza, conquiste che nessuno potrà sottrarre, in quanto spirituali, appartenenti ad una sfera non certo materiale.

E questa è l’arte del futuro, quell’arte che vede dietro e attorno a sé bulloni e ingranaggi, macchinari che pesano, ingrigiscono, arrugginiscono.

Il domani dell’umanità, di umanità liberata dalla schiavitù del lavoro, è nello Spirito. Quel domani non forse vicino, ma c’è tutto un millennio per costruirlo.

LA GRAFICA

Anche l’opera grafica di Adelio Cozzi presenta uno sviluppo interessante.

Anzitutto vediamo animali da oreficeria; non semplici animali, ritratti di esseri esistenti. Questi animali sembrano partecipare allo sconcerto che, partendo dall’uomo, include la natura nella sua totalità. Pochi di questi animali sono sereni, scacciati dal paradiso terrestre, assumono forme mostruose e contorte.

Nel tratto sono cesellati, forme da spostare su altro materiale: non pittura, ma preparazione all’incisione e alla scultura.

E qui emerge quella che, a prima vista potrebbe sembrare un’assonanza: la connessione tra oreficeria e pittura. Ma tale assonanza non esiste: si nota una profonda dissonanza tra queste espressioni, la contraddizione tra il lavoro minuzioso, attento, affrontato con mano forte ma delicata del cesellatore e la foga espressiva che comunque la pittura a volte richiede.

Questi animali portano Cozzi ad allargare lo sguardo, diventando sempre meno materialistico, lo sguardo di questo artista si spinge nel cosmo alla ricerca del significato ultimo delle cose, ma soprattutto dell’uomo.

E qui la ricerca formale diventa ricerca pura: lo sbalordimento dell’anima davanti alla realtà.

E diversi quadretti su velluto stanno a testimoniare questo non accontentarsi.

Nell’opera grafica troviamo anche il recupero di un certo plasticismo: il rifarsi all’accademia, ma anche andare oltre. E gli schemi volumetrici, che altri artisti proseguono seguendo gli schemi tradizionali, qui sono sconvolti; in uno scenario volutamente ampio, le realizzazioni sono volutamente piccole, poste con un desiderio di sinteticità volumetrica. Ed è questa una novità nel campo della grafica artistica.

Il tutto richiama ad un desiderio di leggerezza ed anche i volti seguono questo percorso. E siamo nell’estetica del terzo millennio. Ricompare il paesaggio, ma prevalgono le comete, uno sguardo in avanti ed in alto.

Dalla fisica terrestrità del mondo animale alla purezza del mondo astrale a sottolineare il collegamento tra la materia e lo spirito.

E troviamo la proposta di un nuovo modo di vivere, di guardare quello che ci attornia senza farcene catturare. E questa ricerca, che continuerà in modo incessante, è il compito dell’arte di questo nuovo millennio”.

Prof. Galmarini Fausto

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