Presentazione: Giovanni Colacicchi è nato ad Anagni nel 1900. Ha compiuto gli studi del ginnasio e del liceo a Roma; poi ha frequentato la Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Firenze, senza giungere a laurearsi un po’ per la chiamata alle armi e sopra tutto perché, congedato, si dette senza indugio alla pittura che da anni lo tentava.
Studiò qualche tempo sotto la guida del pittore Francesco Franchetti, poi solo, disegnando e dipingendo dal vero e di maniera.
In questi ultimi anni opere sue di pregio rilevante hanno destato interesse di critica e di pubblico nelle principali esposizioni nostre e in alcune tenute all’estero.
Colacicchi è uno dei pochi pittori italiani d’oggi partito da una cultura classica e non giunto a tale cultura attraverso gli anni e il naturale desiderio d’apprendere che nella vita affina gli artisti. Qualcuno, ritenendolo pesce strano in acque occupate da una nobile maggioranza di autodidatti, glielo rimprovera e accusa la sua pittura d’esser «letteraria». È un equivoco, questo, basato sopra una vecchia posizione polemica, buona vent’ anni fa, quando per ridar vita autentica alla nostra arte impelagata in un soggettivismo borghese, c’era bisogno di credere disperatamente alla virtù e alla potenza di un puro e istintivo accostamento di toni, alla magia della natura morta, senza osare di più, senza instaurar mai un rapporto tra l’opera e il suo riguardante che superasse la mera sensualità del colore.Oggi» sgombrato il terreno, ognuno ha diritto di servirsi dei mezzi che la fantasia, comunque educata, gli offre. È certo che oltre ai ricordi di una vita grave e solenne quale l’artista ha osservato da fanciullo nel suo paese nerastro e ricco di santi, di processioni, di cardinali e di ricordi pontifici, il fondo umanistico ha molto influito nella formazione del mondo che Colacicchi ama dipingere.
I suoi paesaggi di un taglio largo e panoramico sembrano risentire della sua intellettuale nostalgia per epoche di più ferma e incantata poesia; come pure l’umanesimo lo porta a prediligere per le sue composizioni dei temi mitici, ch’egli assolve con figure, plasticamente ardite e ricche di virtù evocativa, sul fondo di paesi che del mito antico hanno la gran luce diurna o l’intenso chiarore lunare.
Le opere che quest’anno Colacicchi espone a Venezia mi sembrano confermare quanto è detto sopra.
«L’autoritratto», classicamente costruito è una pittura forte, autoritaria; il «Bersaglio», la «Sera di Settembre» ci offrono aspetti malinconici della sua terra solenne e piena di fascino virgiliano; «Lo Spizzone», arida e calcinosa pittura, mette in straordinario rilievo un paese tragico sotto un sole accecante che incombe come uno spavento; la «Veduta di Anagni» è un esempio tipico di paesaggio lucidamente condotto come per una stampa che debba mantener ricordo del luogo.
Nell’ «Orfeo», il maggiore dei due quadri mitici esposti, Colacicchi ci dà due momenti del mito. In alto, le Baccanti sbranano il cantore; in basso, Orfeo, mondo dai segni della lotta e dello strazio, giace serenamente, in attesa della resurrezione, sotto un grandioso lume lunare che lo bagna d’argentee lucentezze.
Le due nature morte sono curiosamente composte, come se gli oggetti facessero parte di un complesso araldico.
L’acuità della sua visione di pittore, il suo tendere al quadro allegorico, il suo colore asciutto, quasi da affresco e la coraggiosa fedeltà alle proprie armi intellettuali, denunciano la nobilissima origine italiana dell’arte che Colacicchi tenta e talora raggiunge.
ARTURO LORIA (1932 - XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra).
Nel 1926 partecipa alla XV Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 2 dipinti
Nel 1928 partecipa alla XVI Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 2 dipinti
Nel 1930 partecipa alla XVII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con due dipinti: Figura, Nuda.
Nel 1932 partecipa alla XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con una Mostra Individuale dove presenta nove dipinti: Natura morta, Natura morta, Orfeo, Autoritratto, Amazzoni ferite, Sera di settembre, Vecchio tirassegno, Lo Spizzone, Veduta di Anagni.
Nel 1934 partecipa alla XIX Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con i dipinti: Giacobbe e l'Angelo, Natura morta I, Natura morta II.
Nel 1936 partecipa alla XX Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 2 dipinti.
Nel 1938 partecipa alla XXI Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 11 dipinti
Nel 1942 partecipa alla XXIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 1 dipinto
Nel 1948 partecipa alla Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con 2 dipinti
Bibliografia:
1930 - XVII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, p. 103.
1932 - (Arturo Loria) XVIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, pp. 124/125.
1932 - XVIII Esposizione Internazionale d'Arte - Venezia, 1932 X° 28 aprile 28 ottobre, Fascicolo di Maggio della Rivista Le Tre Venezie, anno VIII°, N° 5, p. 281.
1934 - XIX Esposizione Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, catalogo mostra, p. 138.
1996 - La Biennale di Venezia. Le Esposizioni Internazionali d’Arte 1895-1995, Venezia, Electa, p. 366.