Chiarelli Luigi

pittore scrittore critico
Trani, 7 luglio 1880 - Roma, 20 dicembre 1947

Scrittori --- al Cavalletto

Luigi Chiarelli fuori programma.

L'altro volto dell'autore della Maschera - Nuovi aspetti (mediterranei) di una città cosmopolita - Tre pareti e quaranta quadri - Un dramma nella via - Dai cani al gatto e all'orto, da Nino a Carne bianca e Una più due.

San Remo, ottobre.

Luigi Chiarelli al completo? Eccolo, signori, senza trucco né ritocco.

Scrittore - pittore - musico - accoltellatore - giocatore di bridge - assaggiatore di nuvole - ed altro - con l’aiuto di Dio: come si autodefinisce sotto vetro sorridendovi (o canzonandovi) da una parete.

Comunque, Chiarelli «numero uno» de La maschera e il volto e di Fuochi d'artificio, l’originale ma umanissimo scrittore di teatro, lo conosciamo bene.

Chiarelli «uno bis», cioè il nuovissimo uomo di teatro, direttore e capocomico, lo vedremo alla prova del fuoco quest’inverno.

Beh, cerchiamo allora, giacché siamo da queste parti, il «numero due». E poiché sulla spiaggia, all’«Imperatrice», al Casino è irreperibile, ma vive e lavora a pochi passi dal mare e dalla città marina, niente di meglio che andare a sorprenderlo sul lavoro.

Villa Berta, dietro un certo punto del Corso degli Inglesi,a una diecina di minuti dal basso. Non c’è pericolo di sbagliare ma naturalmente si sbaglia. Poiché è naturale, fatale, che ogni qualvolta vi si aprano innanzi due strade, imbocchiate sempre la sbagliata. Disappunto ch’è poi motivo di lieta sorpresa, perché accanto alla San Remo azzimata pettinata delle aiuole e dei palmizi, se ne scopre un’altra, ai margini anzi dentro le anse stesse del Corso degli Inglesi, quasi agreste e montana, schietta, mediterranea.

C’è una San Remo litoranea, moderna. C’è l’altra, comunale, arretrata dalla marina, tirata a pan di zucchero sopra un contrafforte, accavallata come una pina: la città vecchia, la «Pigna». Quella ariosa ed espansa, questa compressa in un dedalo di stradette archivolti cunicoli.

Non sapevamo che i viali, i parchi, i giardini celassero ancora ai bordi, costretta ma rigogliosa e selvaggia, un po’ di natura vera. Eccola qui, salendo scendendo scoprendo alfine Villa Berta. Canne, gigari, stramoni, rovi, valeriane, timi, mentastri. Rose canine, se Dio vuole. Garofani minuscoli a ciuffi fragranti, con solo cinque petali, finalmente. Invadono i tortuosi cammini incassati tra i muri di cinta, li stringono in viottoli sguscianti da una parete all’altra. Flora spontanea, verde groviglio che ti strappa all’ambiente abituale e introduce anche noi nella silvestre pace dove, in vista del mare ma tra ulivi annosi ed eucalipti altissimi, Luigi Chiarelli… dipinge.

Tant’è vero che non è allo scrittorio (sarebbe eroico con questo sole e tanto bel cielo), e nemmeno in casa. È fuori. È alle prese con uno scorcio rurale. Una pergola con grappoli troppo alti di uva matura, una fontanella, una tinozza di verderame. Accanto, già verniciata, una specie di fattoria inglese, con tinte color pisello, certe embrici scarlatte in primo piano e macchie tenere all’orizzonte, che ti par colta davvero nell’Isola, non composta per studio a tante miglia di distanza.

Qualche natura morta, fiori, alberi, uno sfondo appena abbozzato, un taglio di cielo oltre una cortina di tamerici. Un nudo. Anche un suo ritratto, ma di un altro pittore. Delicatezze fra colleghi…

E anche Chiarelli, in veste di intervistato, è oltremodo gentile verso chi capita giusto in tempo a fargli perdere l’ultima luce buona della giornata. Proprio lui, che non discorre mai volentieri della sua arte ufficiale e qualche volta ti disarma in anticipo con un’aria disincantata indifferente, quasi gli chiedessi notizie astrali, ora si lascia andare con spontanea naturalezza.

Ricorda come divenne pittore qualche anno fa, quando doveva scrivere alcuni articoli sopra una Biennale, e invece degli articoli vennero fuori i primi quadri. La sorpresa degli amici. Il piacere dei nemici (i colleghi) di vederlo distolto dal teatro. Le Mostre personali a Milano. Il lavoro all’Elba. Le tre pareti alla Villa Municipale di San Remo in questo scorcio di estate.

Già, una quarantina di quadri da scendere all’altro estremo della città, risalire in un giardino, giustaporre in una sala. Rivediamo la scena. L’autore in maglietta che chioda, appende, finisce i chiodi, esaurisce lo spazio, ha ancora un Viale da inserire tra un Giardino e un pezzo di Vecchia Milano, un Palcoscenico da tirar su, una Vanità da mettere in luce, un Esame di coscienza da relegare in un canto. Enrico Serretta, con scrupolo e amicizia fraterna, deambula, cerca la visuale migliore, alza i pezzi all’amico, sostituisce, dà consigli, ha il braccio stanco anche lui. Ci fuma sopra.

Non c’è che dire, ma questa esibizione in forze di Luigi Chiarelli, pittore, fu la nota di curiosità e (quel che non guasta) di successo, cioè di vendita, della Mostra d’arte a Villa Ormond. Vogliamo ora provare a definirla, quest’arte? È un po’ difficile e non serve. Un quadro, come ogni fantasma d’arte, nasce in un momento di grazia: senza etichetta e lenza scuola. Pensano gli altri a catalogarlo, spiegarlo, complicarlo. Una sola cosa è distintiva nella maniera, anzi nelle maniere del Nostro. Il non poterle riferire a nessuna scuola e a nessuna tendenza.

Di chiarelliano - è impossibile scindere dai caratteri dell’altro - c’è la raffinatezza sensuale ed elegante, il senso aristocratico e insieme bizzarro della composizione, l’atmosfera, un po’ di sogno del paesaggio, l’armonia cromatica e tonale. Qualche natura morta vive di un’ anima che vorresti definire luminosa, ma non per crudezza di tinte, sebbene per giusta armonia di toni sfumati e di contorni netti.

La maschera ed il volto, una delle prime composizioni, ha nel taglio qualcosa di casoratiano; certi fiori gialli, quattro anemoni da un vaso, potresti coglierli dalla parete.

Un dramma nella via, diciamolo cosi retroattivo, ti afferra per riflesso. Una donna nuda che si precipita alla finestra, vista da tergo: un’orgia di nudo e di forme tra il letto disfatto, uno strombo contro le ginocchia, un pezzo di città sotto le nuvole. «Morceau de roi », la cantò in un sonetto prezioso un poeta elvetico, e rimpiangiamo anche noi di non esser giù nella via, malgrado il dramma, per coglier di faccia e… di petto la formosissima ignota.

Con le marine di Portoferraio torna il sereno a distesa. Larghe pennellate sopra un mare di latte, impasti morbidi da pastello. Ma poi una losanga di studio, che s’intravede da una portiera divisa dietro il rettangolo di un uscio, ti riporta improvvisa a Villa Berta. Effetti di luce e di colori, di piani e di volumi. Una lampada dal soffitto, una libreria, un tavolo, un mappamondo. Lo scrittore non c’è, che dipinge la scena. Scena vuota, mezza sfera illuminata, lezione di astronomia senza parole.

Poi riscendemmo anche noi, giù a villa e nello studio. Visite. Poiché era destino quel giorno che Chiarelli dovesse dedicarsi agli amici.

Non si parlò più di pittura ma di cani: i cani bruttissimi e bellissimi della signora Chiarelli, diplomi d’onore e «gran premi». Si carezzò un morbidissimo siamese, piumino azzurro da cipria con gli occhi di topazio. Non si scivolò nel teatro, per quanto la Maltagliati e Falconi fossero come noi saliti al verde romitorio tra gli ulivi, ma di agricoltura e di orticoltura. Armando, che non mangia mai prima della recita, fece eccezione per mezzo chilo di pesche; Evi invece onorò il tè portandosi la frutta in camerino.

Ché anche le cure georgiche e la propaganda con doni in natura rientrano nelle attività di Luigi Chiarelli: alla voce «altro» della sua auto definizione.

Quando poia sera l’ospite si unì amabilmente alla compagnia fino alle prime luci della mattina, gli chiedemmo qualcosa sull’altra attività del «numero uno».

Una Ninon che andrà in scena a Vienna in tedesco. Il mito della bellezza eterna, sviluppato senza tempo e senza confini. Una Carne bianca, dove si afferma la necessità di tornare a una vita semplice e sana. Un Pulcinella, altro ritorno alla tradizione e al richiamo solare del golfo delle sirene dopo le nebbie della Manica. Una più due, commedia lieve che avrà la sua prima a San Remo. Avventura quasi gialla a fine roseo, con una donna contesa da due uomini e una chiromante di cattivo augurio. Ma non saremo noi a dirvi la trama per non togliervi la sorpresa…

Un po’ di pazienza. L’autunno ci avvolge, la Compagnia della Commedia musicale è formata; se il freddo e le brume vi spingeranno in Riviera, potreste capitarci durante la tornata chiarelliana al teatro del Casino Municipale. Se in anticipo, trattenervi per amore del giallo, del cielo oltremare, del rosso e del nero.

B. Saladini di Rovetino (1934 - B. Saladini di Rovetino, Scrittori ... al cavalletto: Luigi Chiarelli fuori programma. Torino, a b c Rivista d'Arte, anno III, n. 11, novembre, p. 13/15).

Bibliografia:

1934 - B. Saladini di Rovetino, Scrittori ... al cavalletto: Luigi Chiarelli fuori programma. Torino, a b c Rivista d'Arte, anno III, n. 11, novembre, p. 13/15.

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