Ceruti Piero

pittore scultore
Mantova, 8 ottobre 1894 - Mantova, 29 maggio 1967

Piero Ceruti nasce l’8 ottobre 1894 a Mantova, dove muore il 29 maggio 1967.

Partecipa a tutte le mostre annuali della “Famiglia Artistica degli Indipendenti di Mantova”.

Espone, nel 1936 in occasione della VI Settimana Mantovana, alla V Mostra Sindacale Provinciale di Mantova a Palazzo Te (dal 20 al 27 settembre), con le quattro opere L’osteria, Frutta, Ritratto del Pittore Monfardini (scultura), Testa di donna.

Nel 1937, partecipa alla Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi in occasione della VII Settimana mantovana, dal 12 al 19 settembre, al Palazzo Ducale di Mantova, con quattro pitture e due sculture.

È presente, dal 14 maggio al 30 giugno 1939, alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900 al Palazzo Te di Mantova, con la scultura in bronzo Bimbo. Nel dicembre, espone, al Palazzo Ducale di Mantova, alla III Mostra d’Arte del G.U.F.

Partecipa, dal 6 al 21 giugno 1942, alla IX Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani, tenutasi nel Ridotto del Teatro Sociale di Mantova con i due dipinti Inverno in Valle Olfino, Crepuscolo sul Garda.

Espone alla X Mostra Sindacale d’Arte nel 1944 (dal 23 aprile al 14 maggio), allestita nella sede dell’Unione professionisti e artisti in via Marangoni, 14 a Mantova.

Nel 1948, è presente alla Mostra Provinciale d’Arte Artisti Indipendenti al Palazzo della Ragione di Mantova, nel mese di ottobre, con sette acquerelli: Giardino, Verso Albisano, Paesaggio a Torri del Benaco, Paesaggio presso la Cartiera Burgo, Tramonto a Notre Dame, Studio, Vicolo a Torri del Benaco, due dipinti ad olio: Osteria a Cavaion, Migliareto e la scultura in gesso patinato: Ritratto. Sulla Gazzetta di Mantova Italo Bini scrive: “La calda tavolozza del Ceruti ne denota la tempra di vivace colorista che emerge vieppiù in luminosità nei paesaggi Benacensi e particolarmente nel Vicolo a Torri”.

L’anno seguente, espone alla II Mostra Provinciale d’Arte della F.A.I.M. (Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani) al Palazzo della Ragione di Mantova, dal 15 al 30 ottobre, cinque dipinti Torri del Benaco, Castelletto di Brenzone, Malcesine del Garda, Regate veliche, Il porto di Navene e tre sculture in terrecotta Dorso di Venere, Bimbo con delfino, Testa di negra.

È presente nel maggio-ottobre 1950, alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani a Palazzo Te di Mantova con tre dipinti Giornata grigia a Torri, Vicolo a Torri del Benaco, Paesaggio a Castelletto e la scultura Ritratto del pittore Monfardini.

Nell’agosto dell’anno seguente, con Monfardini e Bergonzoni, espone a Torri del Benaco; la mostra viene recensita da Renzo Biasion sull’edizione veronese del Gazzettino di Venezia. Partecipa, poi, nel mese di ottobre, alla Mostra della Famiglia Artistica alla Casa del Mantegna di Mantova.

Con gli Artisti Indipendenti espone alla Casa del Mantegna di Mantova, nell’ottobre 1953.

Nel 1954 è presente con le sue opere alla Mostra degli Artisti Indipendenti a Milano. Sempre con la Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, dal 23 ottobre al 9 novembre, espone, alla Mostra alla Casa del Mantegna, sei paesaggi e un dipinto di fiori.

Dal 15 aprile 1955, partecipa al “Grand Palais” di Parigi nel Salon des Indipendents. Dall’8 al 23 ottobre dello stesso anno, con la Famiglia Artisti Indipendenti, espone alla Mostra alla Casa del Mantegna sedici dipinti Studio di figura, Piazzetta a Castelletto di Garda, Fiori, Rustico a Castelletto di Garda, Fiori, La processione, Mattino a Torri del Benaco, Paesaggio gardesano, Paesaggio gardesano, Il porto, Campagna mantovana, La rocca di Garda, Sorriso del Garda, tramonto sul lago, Mattino a Pai, Ore serene.

Nel 1956, con la Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, espone alla Mostra alla Casa del Mantegna, dal 13 al 28 ottobre, quattordici opere L’aratura, Fiori di campo, Porto di Limone, Studio di ritratto, Il lago di Garda a Pai, Fiori di campo, Fiori, Natura morta, Duello, Fiori, La villetta, Casette al sole, La strada per Torri, Il pozzo.

Nel febbraio 1960, tiene una importante mostra a Roma in via del Babuino presso la Galleria La Fontanella, con presentazione di Valerio Mariani, Ordinario di Storia dell’Arte all’Università di Napoli, che ha scritto: “Guardando le pitture che Piero Ceruti, di Mantova, con tanta trepidazione e coscienza ha scelto per la sua prima mostra romana, si può facilmente penetrare nel suo mondo fatto di colori trasparenti, di vibrazioni d’atmosfera, di appassionata fedeltà alla realtà circostante.

Questa facilità, che corrisponde all’invito spontaneo che sorge da ogni sua tela, non è frutto di una visione, sia pur gentile, ma lieve e timorosa: tutt’altro, perché si avverte subito, nel modo con cui il Ceruti si pone di fronte allo spunto veristico (siano le luminose nature morte che i paesaggi tanto amati) che egli conserva una decisa autonomia di interpretazione e che si rifiuta di accogliere il dato naturale come un punto d’arrivo.

Infatti, ripercorrendo i vari episodi pittorici che vanno, nel loro sviluppo, dalle prime macchie di impressione agli studi già elaborati e stilisticamente consapevoli, si nota sempre un successivo approfondimento di gusto e di stile, nella rinuncia alle indicazioni particolaristiche, nella maggiore libertà degli impasti, nello stesso taglio del quadro.

E se la pittura, come crediamo, deve obbedire, spontaneamente, a ciò che, del sentimento ispiratore, la fantasia riesce ad esprimere e comunicare, questa di Piero Ceruti è pittura schietta e viva, rivelazione d’un’interna emozione che i dolci profili delle rive del Garda, l’abbandono estivo delle barche sul greto, o la festevole gioia d’un mazzo di fiori campestri hanno saputo produrre, nell’intimo colloquio tra l’artista e il mondo circostante.

Per questa sua sincerità espressiva, l’arte del Ceruti difficilmente si potrebbe accostare ad una o all’altra corrente; nè l’artista, che pure sa guardare attorno a se con occhio penetrante e gusto sicuro, saprebbe confessare una sua presunta adesione ad uno dei molti, troppi, “partiti” dell’arte. Ma è evidente che la sua pittura che ha affinato il cromatismo in una vibrazione del colore sotto l’effetto delle varie luci, si riallaccia idealmente alla visione impressionistica in una naturale felicità di motivi direttamente sgorgati da una più sottile indagine individuale. Anche la tecnica, decisamente orientata a partire dal 1955, si fa caratteristica, affidando i suoi effetti a piccoli grumi di colore che formano un sapiente tessuto di materia filtrata nella luce.

È così che da una scelta, anche ampia, dei dipinti e dei monotipi del Ceruti, sorge con evidenza un impegno espressivo che oltrepassa la apparente grazia dei temi e delle immagini: dietro di essi, infatti, c’è una individualità ben precisata negli ideali di approfondimento e di quotidiana ricerca, che va al di là del tentativo di gusto e del felice episodio pittorico, per affermarsi sempre meglio nella sicurezza d’un linguaggio personale e sensibile.

E questa sicurezza è tale da riprodurre, nell’osservare attento, quello stato d’animo di sincera emozione che l’artista ha provato di fronte ai temi più cari alla sua fantasia.

Un’arte, dunque, quella di Piero Ceruti, che ci richiama con limpida e riconoscibile voce ai momenti più schietti e vivi della nostra gioia figurativa, tanto più chiaramente quanto più egli mostra di non aver soltanto “dipinto” il suo motivo, ma d’averlo intimamente ‘vissuto’”.

Per l’occasione la stampa romana gli dedica numerose e favorevoli recensioni.

Lo stesso anno, con La Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Ceruti partecipa alla Mostra d’Arti Figurative alla Casa del Mantegna di Mantova, dal 24 settembre al 9 ottobre, ove espone cinque opere Il vaso giallo, Natura silente, Amiche in giardino, Bianco e nero, Serenità.

Nel febbraio del 1962 tiene una Mostra personale alla Galleria Barbaroux di Milano dove viene presentato da Mario Portalupi; sulla Gazzetta di Mantova, Dino Villani scrive: “La molta gente che ha voluto essere presente all’inaugurazione della mostra del pittore Piero Ceruti alla Galleria Barbaroux, malgrado la giornata di sole e festiva per giunta, se c’è andata in buona parte per salutare l’amico ed il conoscente o per non mancare ad una ‘prima’ di un certo interesse, non può essere uscita senza aver provato una sorpresa. Sorpresa perché pensava di doversi trovare davanti ad una specie di ‘fenomeno’ ed invece ha potuto ammirare della pittura vera. Piero Ceruti dipinge dei monotipi ed anziché portarli sulla carta, li trasporta su velluto: velluto di vari colori che egli sceglie a seconda delle tonalità di base che cerca di dare al suo dipinto. È evidente che una tecnica di questo genere ha richiesto lunghe prove e domanda un ‘mestiere’ ed una sicurezza che si possono ammirare anche di per se stessi, ma possiamo prendere in esame i risultati dimenticando completamente il modo usato per raggiungerli.

La tavolozza di Ceruti, ricca e sensibile, riesce ad ottenere maggior successo nella natura morta e nel paesaggio forse anche soltanto perché il pittore si sente meno preoccupato del risultato. Qui la pennellata rapida e libera, intensa, corposa e scorrevole nell’incrocio delle velature, riesce ad offrirci una pittura fresca e ricca di contenuto…”.

Dal 28 maggio 1962, l’artista tiene una Mostra personale alla Galleria La Gonzaghesca di Mantova. È presente con cinque dipinti alla Mostra d’Arti Figurative organizzata dalla Famiglia Artisti Indipendenti, dal 4 al 21 ottobre, nel Salone Mantegnesco del Convento di San Francesco di Mantova.

Nel giugno 1963, ottiene un lusinghiero successo vincendo una Medaglia d’Oro al Premio Livorno ’63, con il ritratto Pinuccio. Dal 15 al 30 settembre dello stesso anno, partecipa alla Mostra del 2° Premio nazionale di Pittura “Il nostro Po”, allestita nel Palazzo Farnese di Piacenza, la mostra viene poi portata a Mantova, dal 18 al 27 ottobre.

Nel 1964 allestisce una Mostra personale alla Galleria San Luca di Verona, e presso la Società delle Belle Arti Circolo degli Artisti “Casa di Dante” a Firenze, tiene dal 7 al 19 novembre dello stesso anno, una Mostra personale intitolata “Piero Ceruti il pittore dei velluti”; in catalogo Luigi Servolini scrive: “ Una passione veritiera e tenace per le arti figurative è la voce dell’anima del mantovano Piero Ceruti, il quale deve alternare così le fatiche della professione con quelle dei pennelli e talvolta anche delle stecche da modellare è per lui, si badi bene, non lo svago domenicale o il piacevole diversivo, ma un bisogno irresistibile che testimonia una autentica e radicata vocazione.

Fattosi da autodidatta, per l’improvviso scaturire della sorgente che soltanto le necessità della vita professionale avevano tenuta nascosta, il Ceruti dal 1948 ha lasciato scorrere all’aperto le limpide acque; e una serie invidiabile di affermazioni e di successi (nelle mostre degli Indipendenti a Mantova, Milano e Parigi, indi nelle collettive dei medici-pittori, nelle rassegne dei “tavolettisti”, in varie esposizioni poi organizzate dal gallerista Sante Ghelfi e in personali a Roma - Verona - Milano - Mantova - Genova - Brescia, talvolta riportando encomi e premi e comunque richiamando su di sé l’attenzione e l’interesse della stampa), conferma la serietà e la forza di questa nobile dedizione.

La sua pittura in cui l’olio cede a volte il posto al monotipo si affida alla concezione del quadro, al quale l’artista sa dare anzitutto la ragione: né la ricerca della poetica e della personale espressione contrasta mai con la realizzazione tecnica, semplice e piana, senza malizie di mestierante, anzi non priva di qualche schiettezza che sa persino di candore.

Un lato creativo veramente singolare, poi, del Ceruti è l’uso, come supporto in luogo della consueta tela, del velluto. Precedenti tentativi che miravano ad ottenere in pittura le morbidezze, su tal mezzo, del pastello ed insieme la forza dell’olio non ebbero mai successo: vi è riuscito soltanto il Ceruti dopo alternative che sono giunte adesso sul piano della concretezza. Con riavvicinamenti al monotipo, egli usa la tinta pura ad olio stendendola a corpo sul velluto, che, mentre ha la stessa natura di cotone della tela, di questa elimina il pericolo delle crepe e sfida così il tempo.

Ci sono suoi lavori di tre o quattro anni fa che sembrano appena finiti; ed una personale del 1962 alla “Barbaroux” di Milano, tutta di ‘velluti’ come l’artista da allora in poi ha deciso sempre di fare, ebbe un successo di pubblico e di critica potremmo affermare completo, convincendo che non si trattava di sola conquista tecnica, ma anche e soprattutto di espressione profonda d’arte: un illustre critico milanese si è compiaciuto di definirlo “il pittore dei velluti”.

La libertà, con cui il Ceruti realizza, uscendo talora dal solco dell’ortodosso linguaggio pittorico tradizionale, conferisce alle sue creazioni un inatteso aspetto di sorpresa, che si risolve sempre a vantaggio della lirica espressione.

Tra fantasia ed osservazione realistica, tra immagine delle cose ed astrazione concettuale delle medesime, questo mantovano si rivela sensibile sognatore con una personalità veramente degna di attenzione, d’interesse, di stima”.

Nel giugno 1965 con il Gruppo Nazionale Pittori Aria Aperta partecipa presso la Galleria del Tornese a Milano alla mostra concorso “Omaggio a Fattori” con il monotipo su velluto Il treno.

Ordina la sua ultima personale a Genova presso la galleria d’arte S. Andrea.


Bibliografia

1936 - Piero Ceruti - Ritratto del pittore Monfardini (scultura - foto), La Voce di Mantova, 24 settembre, p. 2;

1937 - Francesco Carli, Pittori, scultori, disegnatori e acquerellisti alla Mostra Sindacale d’arte in Palazzo Ducale, La Voce di Mantova, 17 settembre, p. 3;

1940 - La III Mostra d’Arte del G.U.F., La Voce di Mantova, 7 gennaio, p. 3;

1944 - Artisti ed opere della X mostra sindacale, La Voce di Mantova, 30 aprile, p. 2;

1948 - Italo Bini, Una guida nel labirinto dei pittori, Gazzetta di Mantova, 23 ottobre, p. 3;

1949 - Enzo Boccola, La seconda Mostra degli artisti Indipendenti Mantovani, “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, p. 30;

1950 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, p. 51;

1951 - Bergonzoni, Monfardini e Ceruti alla Mostra di Torri del Benaco, Gazzetta di Mantova, 29 agosto, p. 2;

1951 - La mostra degli artisti indipendenti nelle sale della Casa del Mantegna, Gazzetta di Mantova, 16 ottobre;

1953 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, febbraio, p. 16;

1953 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, p. 14;

1953 - A. Palvarini, Gli artisti indipendenti alla “Casa del Mantegna”, Gazzetta di Mantova, (ritaglio), ottobre;

1954 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, p. 14;

1955 - L. N., Nove pittori mantovani al “Grand Palais” di Parigi, Gazzetta di Mantova, 17 aprile, p. 7;

1955 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, p. 20;

1955 - Luigi Nuvolari, La mostra degli Indipendenti alla Casa del Mantegna, Gazzetta di mantova, 16 ottobre, p.3;

1956 - “Le Leggi dello Spirito”, Rivista delle Arti, a cura della Famiglia Artisti Indipendenti Mantovani, Mantova, ottobre, pp. 7, 30;

1956 - Interesse per la Mostra degli Artisti indipendenti, Gazzetta di Mantova, 18 ottobre, p. 4;

1956 - g. u., L’ottava rassegna degli artisti indipendenti, Gazzetta di Mantova, 21 ottobre, p. 5;

1960 - Valerio Mariani, catalogo mostra di Piero Ceruti, Roma, Galleria d’arte La Fontanella;

1960 - Ivanoe Fossani, Piero Ceruti, Roma, Auditorium, febbraio;

1960 - Michele Biancale, Piero Ceruti, Roma, Momento - sera, 24 febbraio;

1960 - Piero Scarpa, Alla Galleria La Fontanella Piero Ceruti, Roma, Il Messaggero, 25 febbraio;

1960 - Enrico Contardi, Piero Ceruti alla Fontanella, Roma, La Voce del Sud, 27 febbraio;

1960 - Raffaele Mazzarelli, A la Fontanella Piero Ceruti, Roma, L’Araldo, 28 febbraio;

1960 - Vittorio Scorza, Piero Ceruti, Roma, Auditorium, marzo;

1960 - Giacomo Etna, I Monotipi di Ceruti, Roma, Il Giornale del Mezzogiorno, 3-10 marzo;

1960 - Ivanoe Fossani, Piero Ceruti, Gazzetta di Mantova, 5 marzo;

1960 - Inaugurata la Mostra deglia Artisti Indipendenti, Gazzetta di Mantova, 25 settembre, p. 9;

1962 - Sergio Mantovani, Una Mostra e tanti ricordi, Gazzetta di Mantova, 18 febbraio, p. 6;

1962 - Alla Barbaroux, Europa Informazioni, n. 6, 12 febbraio;

1962 - F. Paolo Catalano, Piero Ceruti, Roma, Auditorium, febbraio;

1962 - I quadri di Piero Ceruti, Il nuovo corriere degli artisti, febbraio;

1962 - La mostra milanese del Ceruti, Il Nazionale, febbraio;

1962 - Alberto Longa, Piero Ceruti alla Barbaroux, La Penna, febbraio;

1962 - Mario Portalupi, Piero Ceruti alla Barbaroux, La Notte, febbraio;

1962 - Piero Ceruti, Il Nuovo Meridiano, marzo;

1962 - Dino Villani, Mostre d’Arte a Milano, Gazzetta di Mantova, 2 marzo, p. 3;

1962 - Il “pittore dei velluti” a “La Gonzaghesca”, Gazzetta di Mantova, 28 maggio, p. 2;

1962 - G. Botti, Aperta la Mostra del “pittore dei velluti”, Gazzetta di Mantova, 29 maggio, p. 5;

1962 - g. b. (Giovanni Botti), Cordialissimo successo della Mostra di Ceruti, Gazzetta di Mantova, 6 giugno, p. 5;

1963 - Una Medaglia d’Oro al pittore Piero Ceruti, Gazzetta di Mantova, 19 giugno, p. 5;

1963 - Cinque pittori mantovani alla Mostra “Il nostro Po”, Gazzetta di Mantova, 14 settembre, p. 5;

1963 - La Mostra di Pittura “il nostro Po”, Gazzetta di Mantova, 17 ottobre, p. 4;

1964 - r.m., Mostre d’arte, Gazzetta di Mantova, 18 febbraio, p. 5;

1964 - Luigi Servolini, Catalogo mostra di Piero Ceruti, Firenze, Casa di Dante;

1965 - Dino Villani, Mostre d’arte a Milano, Gazzetta di Mantova, 11 giugno, p. 3;

1967 - D. M., Commosso ricordo del dottor Piero Ceruti, Gazzetta di Mantova, 29 giugno, p. 5;

1971 - Dino Villani, a cura di, 800 Pittori allo specchio, Milano, Ed. Cavour, p. 54;

1975 - Gabriella Savoia e Adalberto Sartori, a cura di, Dizionario dei Pittori Mantovani, Volume Secondo, Mantova, Sartori Editore, pp. 45/47;

1985 - Adalberto Sartori, a cura di, Pittori Scultori Incisori nella Mantova del ’900, Mantova, Archivio Grafico Sartori, pp. 128, 129;

1993 - I pittori italiani dell’ottocento, Milano, Ed. Il Quadrato, p. 151.

2000 - Adalberto Sartori - Arianna Sartori, Artisti a Mantova nei secoli XIX e XX. Dizionario biografico, volume II, Bond - Dic, Mantova, Archivio Sartori Editore, pp.801/810.


Giudizi critici:

Ogni artista ha la sua Storia ed è bene conoscerla per inquadrare meglio la sua personalità. Piero Ceruti è un distinto professionista mantovano, al quale (come a tanti altri) la professione non completa la vita. Ha bisogno di una evasione spirituale per sorridere alla fatica quotidiana e credere in qualche cosa che vada oltre le meccanità del pratico concreto. Perciò, dipinge.

Ha incominciato molti anni or sono a fare la vita del dilettante provinciale, che è un po’ diversa da quella del pittore domenicale della grande città. Là si utilizzano tutti gli scampoli di tempo, perchè in due salti si è in campagna; qui non c’è che la santa domenica, che consenta il bagno d’arte.

La padania mantovana con le sue nebbie, i suoi acquitrini, i suoi inverni freddi e squallidi, e poi le improvvise aperture della primavera in cui tutto rinasce alla vita più intensamente, violentemente, che non nei climi temperati, e successivamente le calure dei campi in mietitura, il gran sole che spacca le pietre e l’uomo non ha pace se non nei boschi o nei ruscelli e infine il dolce, sommesso autunno, che nasconde la sua melanconia nella gran distesa d’ocra gialla mischiata con la terra di Siena bruciata, si presta molto per far vibrare le corde sentimentali dei rudi, quadrati, ma in fondo romantici Virgiliani.

Nel corso degli anni Piero Ceruti ha dipinto centinaia e centinaia di tele, in tutti i modi e in tutte le forme seguendo gli esempi dei maestri e l’istinto della vocazione, risalendo dalle prime esercitazioni accademiche alle composizioni più libere, più sciolte e quindi più personali. Aveva accatastato quadri su quadri e qualche volta, vincendo il pudore della modestia, li mostrava agli amici, con l’aria di dire : “ Scusate, ma mi diverto tanto!”. Capitò che questi quadri venissero visti, un bel giorno, da uno che se ne intende e che sa vedere oltre le apparenze e le false impostazioni. Colpito dal talento, che qua e là affiorava dal disordine, scartò il ciarpame, tanto caro agli iniziati, che non si dan pace se il vero non sembri proprio vero, e consigliò la strada giusta, già adombrata, tuttavia, in parecchie opere. Ceruti gli credette ed ebbe il coraggio di voltare verso il muro anche le tele alle quali era più affezionato.

Il frutto di questo sforzo di rinnovamento è qui, nella Galleria della Fontanella a disposizione della critica e degli amatori, presentato da un critico di grande autorità Valerio Mariani, che dopo aver visto le opere tanto gli piacquero, che accettò di assumerne la responsabilità. Ora qualcuno potrebbe supporre, da quello che ha appreso, che il Ceruti sia un tardo epigono del Doganiere, come ne sono saltati fuori parecchi in questi tempi, vedi il Barbiere di Ischia, il Calzolaio di Roma, il Sarto di Napoli e la Carmelina di Capri, cioè ingegni naturali, che riescono a fare entrare lo spirito dell’arte nell’ingenuità formativa. No: Ceruti non è nè un primitivo nè uno sgrammaticato. Conosce molto bene le regole delle forme e la sintassi della prospettiva. È un pittore che va giudicato senza attenuanti di alcun genere e fuori dalla suggestione benevola della eccentricità. Se si scoprisse qualche errore bisognerebbe imputarglielo senza riguardi perché lui non chiede compiacenti tolleranze. Ma errori non ve ne sono. EgIi è in perfetta regola con i libri Canonici dell’Arte, senza, peraltro le pignolerie degli accademici.

Piero Ceruti è un neo-impressionista con larghe venature divisioniste. Ricorda, cioè, determinati schemi, ma non si arrende prigioniero. Degli Impressionisti ha preso solamente l’amore per l’aria piena e l’emozione sfuggente. Dei Divisionisti, che risalgono alle teorie di Newton e di von Helmholtz, accetta unicamente il principio che i colori mescolati perdono gran parte della loro luminosità. Ma non credo che usi la meticolosità di un Signac o di un Grubicy. Ha adattato il sistema ad un suo personale modo di comporre, assai più scorrevole e meno formalistico. Fonte della sua ispirazione è la Natura, ma la sua pittura non è naturista nel senso della classificazione storica. Egli parte da qui per non spezzare il collegamento con l’umano, ma poi canta per proprio conto, più per scoprire se stesso che non per narrare vicende o esaltare quello che vede. Il mondo dell’arte è sempre in fermento e le idee e le tendenze ribollono. Libri interi e menti illuminate di tutto il mondo, non sono riusciti a definire esattamente l’arte. E non può essere che così. L’arte non è il visibile, ma il sensibile. Essa sfugge a qualunque controllo, a qualsiasi esame scientifico. Si sente, penetra nel sangue e non dice come nè perché. La scuola classica si fonda sul concetto di imitazione e quella romantica sul concetto di intuizione. Posta l’antinomia, il problema non si risolve perchè l’arte è qualche cosa di più dell’una e dell’altra. È la liberazione interiore di sentimenti che se non venissero espressi farebbero immensamente soffrire. L’arte è un assoluto di cui ognuno è partecipe per la propria parte e nella misura della particolare forza emotiva. Io non scendo ad analisi particolari per­ché altri lo ha fatto con maestria. Mi limito a dire solamente che Piero Ceruti entra a testa alta nel mondo dell’arte contemporanea, perché oltre a saper dare forma sensibile al legame che esiste tra l’Io e il mondo, vi mette dentro il cuore, i nervi, lo spirito, tutto se stesso, per raggiungere il traguardo della poesia.

Ivanoe Fossani - Auditorium, Roma, febbraio 1960


Sono olii e monotipi in cui l’Artista sembra a volte disintegrare il suo cromatismo nelle vibrazioni di un polverizzarsi della luce che, pur dando ai toni trasparenze evanescenti per le quali il soggetto par che in esse si perda, nelle composizioni, ad esempio, di fiori, consente tuttavia al colore di trovare, malgrado codesta vaporosità della materia, decise vivezze, guizzi, fuochi e tanta spigliata freschezza di macchie che si espandono sfrangiandosi in quella levità di effetti. Il che, del resto, avviene pure nei paesaggi ove però un più definito stilismo formale ed una colorazione più nutrita, non di rado scandita in ritmi di particolare evidenza nelle sequenze dei piani, nelle zone interposte, nei fondali di cielo che sovente un bianco sfarfallio empie di bagliori danno luogo ad una fisionomia figurativa la quale, anche per quel sottile graffire, tipicamente vangoghiano, con il quale talvolta egli qua rimarca un motivo, là desume un dettaglio, conferisce all’assieme una efficacia descrittiva quanto mai immediata e determinante.

Ovunque è un senso di ampiezza, di libera, aperta atmosfera che forse costituisce il principale elemento sul quale sostanzialmente poggia il carattere impressionistico di questa pittura; un impressionismo di preziosità cromatiche, che la luce permea di sé avvivandole di risalti, il cui tessuto estetico, tuttora intramato di spunti divisionistici frammisti, ove occorra, a lontane reminiscenze di puntinismo, molto bene si presta a rendere viva l’intensità di quella emozione che sempre anima i lavori del Ceruti.

Vittorio Scorza - Auditorium, Roma, marzo 1960


Le varie gallerie ove espongono singoli artisti, ci riconciliano con l’Arte rialzandoci il depresso morale.

Alla Fontanella, il pittore mantovano Piero Ceruti, espone una serie di olii e di monotipi. Qualità intrinseca della pittura di Piero Ceruti è la fedeltà alla realtà, che egli riproduce con coscienza, quasi temendo di alterarla se la lasciasse troppo in balia della fantasia. Ma l’afflato poetico-artistico vince le ritrosie del pittore e le sue tele e i suoi monotipi stanno a testimoniare sia il suo scrupolo verista sia l’inevitabile trasformazione “filtrata” dal sentimento e dal gusto artistico. Un sapiente dosaggio di luci, mai violente, un cromatismo accuratamente studiato e contenuto nel giusto tono fanno del Ceruti un impressionista personalissimo, che sa però imbrigliare la propria fantasia contenendola nei limiti di una realtà che è essa stessa fonte di bellezza e di emozione senza bisogno di droghe artificiosamente eccitanti. Notevole sopra ogni altro ci è parso il paesaggio di Pai alto, sul lago di Garda, opera del resto che è stata esposta nel Salon des Indépendants di Parigi. Belle pure le tele ove le vibrazioni cromatiche fanno pensare alle maniere del Seurat e di altri noti pittori neo-impressionisti francesi. Di felice riuscita i monotipi, un mezzo espressionistico molto impegnativo e che costituisce la più recente esperienza di questo serio artista mantovano.

Enrico Contardi - La Voce del Sud, Roma, 27 febbraio 1960


Il pittore Piero Ceruti, fervido cultore delle Arti Figurative da lunghi anni, ha esposto in questi giorni nella nota Galleria La Fontanella in via del Babuino, una trentina di quadri, ottenendo un vivo successo di pubblico e di critica. Il decano dei critici Piero Scarpa del Messaggero parla di “inattesa rivelazione” “Il Ceruti - prosegue - si è particolarmente distinto tra i diversi espositori che hanno allestito presentemente nella nostra città Mostre personali, meritandosi gli unanimi elogi dei visitatori, i quali, concordemente, hanno riconosciuto ed apprezzato nelle opere esposte i meriti di un paesaggista, vedutista, creatore di composizioni figurative e di nature morte”.

Michele Biancale - altro critico di risonanza nazionale - ha scritto un lungo commento sul Momento-Sera a in cui, tra l’altro, ha detto “Quanto alla qualità della luce che è nel Ceruti protagonista, essa, per il suo timbro sonoro e per il registro acuto, è quasi di un ‘fauve’, ma al di fuori di ogni esasperata audacia; e le cose vi sono portate a vivere come in un sole di stagione nuova e felice”.

Altri critici di valore come Giacomo Etna, Paolo Catalano, Enrico Contardi, Raffaele Mazzarelli, ecc. ecc. hanno elogiato l’artista mantovano per la sua onestà, il suo impegno, la sua sensibilità e il suo estro creativo. Anche i moltissimi artisti, che hanno visitato la Mostra, come ad esempio Fantuzzi, Omiccioli, Monti, Starace, Giannone, D. Mastroianni, per non citare che alcuni dei più noti, si sono calorosamente complimentati con il Pittore, che ritorna a Mantova con la soddisfazione di aver vinto una difficile battaglia.

Ivanoe Fossani - Gazzetta di Mantova, 5 marzo 1960


In questa sua prima mostra romana, che comprende monotipi e dipinti ad olio, il mantovano Ceruti si rivela chiaramente e costantemente inteso alla realizzazione della vibrazione luminosa. Che il Ceruti vi sia giunto non già sulla via comune del puntinismo o del divisionismo ma d’un suo personalissimo impressionismo è visibile ad una prima occhiata.

Ci vien fatto di pensare a certi modi praticati dal primo Matisse o da Signac nel punto di dare l’addio all’Impressionisino. Ma Ceruti non intende risolvere mai, nè verso la forma d’un ampio arabesco decorativo nè verso un fiottare fitto e parallelo, il suo ricamo, direi il suo contrappunto formale proprio per virtù della luce. È il suo modo personale; ma non si può immaginare come esso riponga a nuovo un vecchio naturalismo che nelle vecchie sillabazioni si mostrerebbe o demodè o propriamente superato. E tale naturalismo, per spiegarlo, sia nei paesaggi, sia nelle nature morte ci si para tutto grondante luce, ingenuo e spontaneo, al segno che anche l’inserzione delle figure nel paesaggio non obbedisce ad una categoria di valori ma è la testimonianza d’un modo uguale di osservare la realtà: un modo ancora impressionistico.

Quanto alla qualità della luee ch’è nel Ceruti protagonista essa per il suo timbro sonoro e per il registro acuto è quasi d’un fauve; ma al di fuori d’ogni esasperata audacia; e le cose vi sono poste a vivere come in un sole di stagione nuova e felice.

Michele Biancale - Momento sera, Roma, 24 febbraio 1960


Sulla “ben precisata individualità” del Ceruti di cui ai monotipi, oltre a quanto sottolineato da Valerio Mariani nella presentazione al catalogo, diremo che il “monotipo” ha trovato nell’artista mantovano un interprete di eccezione: una di quelle rare forze vive di cui l’arte d’oggi ha tanto bisogno per riscattarsi dai troppo facili espedienti delle mode caduche.

Raffaele Mazzarelli - L’ Araldo, Roma, 28 febbraio 1960


Alla galleria La Fontanella, in via del Babuino, espone Piero Ceruti di Mantova e questa mostra costituisce per gli amatori d’arte di Roma l’inattesa rivelazione d’un pittore finora ignorato nell’Urbe, perché è la prima volta che egli presenta nella Capitale le sue opere.

Il Ceruti si è particolarmente distinto tra i diversi espositori che hanno allestito presentemente nella nostra città mostre personali, meritandosi gli unanimi elogi dei visitatori, i quali, concordemente, hanno riconosciuto ed apprezzato nelle opere esposte i meriti di un paesista, vedutista, creatore di composizioni figurative e di nature morte.

Oltre a una quindicina di dipinti a olio che rappresentano intime scene di vita, e suggestivi panorami di paesi diversi nonché di fiori, egli esprime una nutrita serie di monotipi in cui il disegno e il colore si accordano decisamente rendendo l’insieme brillante ed armonioso.

Piero Scarpa - Il Messaggero, Roma, 25 febbraio 1960


Un altro artista che coltiva con passione il monotipo è il mantovano Piero Ceruti (“La Fontanella”). Egli proviene dall’impressionismo e degli impressionisti si è proposto i problemi della luce, usando con garbo e scioltezza la pennellata grassa e staccata nel ritrarre i paesaggi del Garda. Dalla pittura tradizionale è passato al monotipo, in cui ha potuto esprimere il meglio di se stesso. Con un procedimento personale, egli tende a ottenere un ricco impasto, a stratificare il colore in modo da renderlo più sensibile alla presa della luce come tanti grumi di cristallo. Per ottenere questo effetto ha usato perfino il velluto con esiti veramente felici sia nei paesaggi Amiche in giardino, sia in alcune nature morte con toni fulvi che ne fanno quasi un allievo della scuola romana con l’aggiunta della poesia virgiliana della terra.

Giacomo Etna - Il Giornale del Mezzogiorno, Roma, 3-10 marzo 1960

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