Cecioni Adriano

scultore pittore scrittore d'arte
Firenze 26 luglio 1836 - Firenze 23 maggio 1886

Imparò scultura all’Accademia fiorentina, con Aristodemo Costoli. Partì volontario per la Campagna della indipendenza italiana nel 1859. Riprese gli studi l’anno seguente, passò nel 1863 a Napoli, dove si trattenne fino al 1867; tornando poi a Firenze. Intrepido, acrimonioso e acerrimo nemico d’ogni convenzionalismo, pittore sperimentale d’interni e di piccole figure, scrittore d’arte caustico e polemico, divenne con Telemaco Signorini l’assertore dei Macchiaiuoli. Nel 1870 soggiornò a Parigi. Fu quindi chiamato a Londra; ma dovette subito tornare deluso in patria. Ha eseguito le statue “ Abramo ,, e “ Sara e Isacco ,, per la facciata marmorea di Santa Maria del Fiore in Firenze. Ottenuto nel 1884 un modesto incarico d’insegnante di disegno all’ Istituto Superiore Femminile di co- desta città, non potè goderne che due anni. Il Cecioni ha lasciato dieci opere in marmo e sette in bronzo; molte terrecotte in diversi esemplari; ed altri lavori rimasti nel gesso.

Spirò all’improvviso la sera del 23 maggio 1886, durante una festa familiare.

Nella Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. è conservata la sua scultura: La madre del 1880.

Nel 1913 viene ricordato all’VIII Esposizione dell’Associazione degli Artisti Italiani, che si tiene nel Palazzo Strozzi di Firenze, con la scultura in marmo L’incontro per le scale.

Bibliografia:

1902 - Anna Franchi: Arte e artisti toscani, dal iS;o ad oggi, Firenze, Fratelli Alinari.

1913 - VIII Esposizione in Firenze, (con ill.), catalogo edizione ufficiale illustrata, Palazzo Strozzi, p. 168.

1932 - Adriano Cecioni: Opere e scrìtti, a cura di Enrico Somare. Milano, Edizione dell’Esame .

1949 - Francesco Sapori: Scultura italiana moderna, Roma, Libreria dello Stato.

1994 - Vincenzo Vicario, Gli scultori italiani, Dal neoclassico al liberty, seconda edizione, volume primo, Lodi, Il Pomerio, pp. 308/312

2003 - Alfonso Panzetta, Nuovo Dizionario degli Scultori Italiani dell’ottocento e del primo novecento, volume I, A-L, Adarte, p. 212

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