Castelli Alfio

scultore
Senigallia (AN), 20 settembre 1917 - Roma. 19 dicembre 1992

Castelli ha compiuto i primi studi a Firenze sotto la guida di Libero Adreotti, per poi diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Roma dove ebbe come maestro Angelo Zanelli.

Per quanto giovanissimo, il suo nome comincia a circolare negli ambienti artistici romani grazie all’esposizione di un suo bronzo (“Ritratto di Carletto”) alla III Quadriennale di Roma e alla mostra alla Galleria del Teatro delle Arti con Mirko ed Afro: le opere esposte dal 1939 almeno fino al 1945 denunciano una convinta adesione ad un naturalismo di marca ottocentesca. Tema prediletto sono i ritratti (alcune opere sono esposte alla Galleria di Arte Moderna di Roma)

Sono di questo periodo i primi rapporti con Toti Scialoja e Piero Sadun. Nella frequentazione degli ambienti di Via Margutta entra pure in contatto con Sandro Penna ed i corregionali Luigi Bartolini e Orfeo Tamburi.

Nel 1940, con il già citato “Ritratto di Carletto”, risulta essere il più giovane espositore italiano della XXII Biennale di Venezia.

In una fase successiva sviluppa interesse per il lavoro di M.Marini e G. Manzù, e per una ricerca che allontana la sua scultura dalla figuratività.

Seguono le prime esperienze all’estero, con una sua opera inserita nella Mostra della Scultura Italiana a Berna ed una personale alla Landau Gallery di Los Angeles.

Nel 1948 intraprende, grazie ad una borsa di studio del Ministero della Pubblica Istruzione il suo primo viaggio a Parigi, insieme con gli ormai inseparabili Toti Scialoja e Piero Sadun. Nella capitale francese è colpito dagli impressionisti, da Giacometti e dalle sculture africane.

A partire dai due gruppi “Amanti” e “Nudi” il suo linguaggio si caratterizza indiscutibilmente per suture, spugnosità, granulazioni che sembrano sminuire e quasi scorporare le figure, le quali, per via delle modulazioni date dalla luce, potrebbero essere definite “espressioniste”: le suggestioni della plastica “primitiva” sono percepibili nella produzione subito successiva al viaggio, mentre l’ influenza giacomettiana, attraversando una lunga fase di incubazione, troverà piena manifestazione solo anni dopo ( non prima del 1953).

Nel 1951 è invitato a partecipare alla I biennale Internazionale d’arte di San Paolo del Brasile; a Parigi alla Galleria Faubourg St. Honoré viene tenuta una sua personale.

L’anno successivo ottiene l’incarico di consigliere dell’Ente Maremma, che in quegli anni, a seguito della Riforma Agraria, sta edificando borghi rurali, veri e propri centri d’incontro, di socializzazione e di servizio allo stesso tempo, (chiesa, magazzini, spacci,sale d’incontro) . La disposizione urbanistica e lo stile architettonico di questi borghi richiamano il razionalismo, per la semplicità e la funzionalità che ne caratterizza l’insieme.

L’incarico di Castelli, che durerà fino al 1955, fa sì che gli vengano commissionati in questo periodo e per poco oltre, varie opere di carattere religioso per le chiese di diverse località del territorio maremmano; fra queste, appunto, va ricordata la Via Crucis e le due sculture – S.Giovanni Battista e S. Martino Vescovo di Tours – che sono ben conservate nel Borgo San Martino di Cerveteri e formano l’oggetto dell’iniziativa voluta dalle Giornate Europee del Patrimonio Artistico Italiano del 2009 su proposta della Soprintendenza ai Beni Artistici Storici ed Etnoantropologici del Lazio (26-27 settembre).

Opere analoghe sono state realizzate dall’autore in numerosi Borghi dell’Ente Maremma, sfruttando così l’opportunità di sperimentare diverse tecniche e materiali, con risultati significativi sul piano della luminosità e della ricerca cromatica.

In questo periodo infatti l’autore entra in una nuova fase stilistica, di marca palesemente giacomettiana. La progressiva verticalizzazione e consunzione delle figure fanno parlare Marco Valsecchi e Giovanni Carandente di “Goticismo”.

Per quanto riguarda i rapporti con la critica, è bene ricordare che un rapporto non solo professionale ha legato Castelli a personaggi di grande spessore, quali Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Nello Ponente, Cesare Vivaldi e, più avanti, Filiberto Menna.

Opere simili sono visibili in due chiese di Roma, anche se Castelli ha continuato a mietere successo in ambito più vasto: basti pensare che nel 1964 gli viene assegnata un’intera sala della XXXII Biennale di Venezia in cui sono stati sistemati cinque grandi bronzi fra cui la “Muraglia Umana” , orchestrata su ritmi drammatici di sbrecciate superfici di “intonaco” bronzeo che riassorbivano nell’idea, appunto, del muro, la struttura antropomorfa che finivano per far somigliare l’opera a resti di un ambiente ormai diroccato.

Dall’8 ottobre al 10 novembre 1961 figura al IV Concorso Internazionale del Bronzetto, Biennale d’arte triveneta, con le sculture: Nudo n. 1, Nudo n. 2.

Dopo questa importante presenza alla Biennale del 1964 Castelli riduce le proprie partecipazioni alle grandi esposizioni, e si mette a lavorare in silenzio, mostrando in una sola occasione, e per di più all’estero, la propria produzione.

La sua scultura Ritratto di Giovanni Omiccioli è conservata presso la Galleria d'Arte Moderna di Genova.

Realizza il “Monumento agli operai cantonieri caduti sul lavoro”, che ancora oggi si può ammirare sulla via Appia, nel vasto piazzale d’incrocio con il Grande Raccordo Anulare di Roma.


Bibliografia:

1949 - Francesco Sapori: Scultura italiana moderna, Roma, Libreria dello Stato.

1951 - Ettore Padovano, Dizionario degli Artisti Contemporanei, Milano, I.T.E., p. 75

1961 - IV Concorso Internazionale del Bronzetto, Biennale d’arte triveneta, catalogo mostra, Padova, p. 24 (ill.).

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