Brunetti Leonida. Nato a Forlì, il 17 Settembre 1896 e vi dimorò fino alla morte nel 1970.
Fu allievo di Maceo Casadei.
Dopo la I guerra mondiale è fra i primi aderenti al Cenacolo artistico forlivese, fondato da Giuseppe Marchini nel 1920. Ha preso parte a numerose esposizioni Provinciali, Sindacali, Intersindacali, Biennali e Regionali allestite dal 1921 al 1945 a Forlì, Imola, Cesena, Faenza, Modigliana, Ravenna, Ferrara, Bologna. Nel 1921, alle Esposizioni Romagnole Riunite organizzate a Forlì, si aggiudicò il Premio e Diploma di Menzione Onorevole. Nel 1928 incide i quattro legni delle “vele romagnole” per la copertina di luglio 1928 de “La Piè”. Dal 4 novembre al 31 dicembre 1936, partecipa alla Quinta Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Belle Arti Emilia Romagna, che si tiene a Bologna, nel Palazzo del Podestà, con il dipinto: Saline di Cervia.
Nel ’39 è presente alla Mostra interprovinciale del sindacato fascista belle arti dell’Emilia-Romagna a Forlì. Nel dopoguerra la sua attività espositiva è intensa e costante nella sua città, partecipando alla 1ª Mostra nazionale del disegno e dell’incisione contemporanea del 1952, al Premio Forlì del 1957, alle Biennali romagnole d’arte contemporanea del 1961, 1963 e 1971. Partecipa al Concorso nazionale di pittura a Cesenatico, alla 1ª Mostra regionale d’arte moderna nel 1955 a Riccione e l’anno dopo realizza la sua prima personale a Forlì.
Il 1951 alla Biennale Romagnola d’Arte contemporanea di Forlì ebbe il premio acquisto della Pinacoteca ed altro premio acquisto dal Comune di Forlì. Il 1952 acquisto del Presidente della Repubblica; Il 1955 alla Mostra Nazionale d’Arte a S; Benedetto del Tronto conseguì il premio della medaglia di bronzo con diploma. Del 1956 è una sua mostra antologica a Forlì.
Scrisse di lui e della sua Arte, Luigi Servolini (Pittura limpida e sincera, che trova i motivi di ispirazione nell’ambiente naturale, in cui l’artista vive: e in specie nella sua realistica visione del paesaggio. Il Brunetti ha reso più moderno il suo sentire, senza discostarlo dalla via tradizionale con pieno rispetto del disegno e delle forme. Non forza mai il colore, ma ne trae armoniose note, rivelando il possesso di una tavolozza sobria e nel contempo variata »).
Come nel Chiarismo di Angelo Del Bon o di Umberto Lilloni, anche Brunetti sembra avere dipinto questa opera su una base di bianco ancora umida utilizzando colori chiari e un segno leggero e intriso di luce che spesso si risolve in macchia…
Bibliografia:
1936 - Quinta Mostra Interprovinciale del Sindacato Fascista Belle Arti Emilia Romagna, catalogo mostra, Bologna, novembre - dicembre, p. 28.
1956 - Domenico Maggiore, Supplemento Artisti Viventi d’Italia, Napoli, Edizione Maggiore, pp. 96/97.
2005 - Umberto Giovannini, Colore e Libertà. La bella stagione della xilografia in Romagna, Cassa di Risparmio di Cesena, p. 69, 70; figg. 106.
2017 - Antonella Imolesi Pozzi, “La Piê” rivista di illustrazione romagnola. Copertine da collezione. Milano, Fondazione Italo Zetti, p. 66, 109.