Bianchi Mosè

pittore incisore frescante
Monza 13 ottobre 1840 - Monza 15 marzo 1904

Mosè Bianchi, nel 1867 vince, con "L'ombra di Samuele appare a Saul", il pensionato "Oggioni", che gli finanzia due anni di soggiorno a Venezia, dove studia la pittura del Settecento, a Roma e a Parigi, dove è impressionato dalla pittura di Meissonier e di Fortuny.

Nel 1869 torna a Milano, dove presenta I fratelli sono al campo, a Brera, in cui, rappresentando alcune giovani donne enfaticamente prostrate in preghiera per la salvezza dei fratelli combattenti nella III Guerra d'Indipendenza, unisce il verismo dell'immagine alla retorica del sentimento patriottico e religioso, riscuotendo grande successo presso la borghesia milanese.

Consigliere dal 1871 dell'Accademia di Brera e ormai pittore alla moda, ne La benedizione delle case, del 1870, esprime, come in "Una buona fumata", del 1872, che vince nel 1877 il Premio "Principe Umberto", un bozzettismo di genere.

Ne "La pittrice", del 1874, come ne "I convenevoli" e in "Una lezione di musica", si dà alla leziosità del genere neo-settecentesco, mentre ha modo di mostrare maestria ritrattistica nel "Ritratto di Elisabetta Sottocasa", che vince ancora il Premio "Principe Umberto", nel "Ritratto dell'ingegner Carlo Mira" e nel "Ritratto di Luigi Galbiati", del 1876.

Inizia alla fine degli anni Settanta la sua attività di frescante, orientatandosi verso lo stile di Tiepolo: del 1877 è il ciclo di affreschi nella Villa Giovanelli a Lonigo, presso Vicenza, dal 1883 al 1884 è la decorazione della Stazione Reale di Monza, con "Il genio dei Savoia" e del 1885 sono le decorazioni di Palazzo Turati, a Milano.

All'Esposizione veneziana del 1887 presenta i dipinti: "Mascherata chioggiotta", "Laguna in burrasca", "Parola di Dio", "Vaporino di Chioggia".

Nel 1894 vince a Brera il Premio Principe Umberto con il dipinto ad olio Prima del duello.

Nel 1895 partecipa alla Prima Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, con due dipinti: "Partenza pel duello" e "Alpigiana".

Nel 1900 vince a Brera il Premio Principe Umberto con il dipinto ad olio Interno di casolare a Ginese.

Nel 1922 gli viene ordinata alla XIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, una Mostra Individuale, a cura di Giovanni Beltrami, Nino Pitscheider, Raffaele Calzini, e testo di Carlo Bozzi, dove vengono esposti Sessantuno dipinti.


PRESENTAZIONE.

Nell’autunno del 1840, a distanza di una quindicina di giorni, nasceva, in Milano, Filippo Carcano, in Monza, Mosè Bianchi, i due pittori che, specie dopo la morte di Tranquillo Cremona avvenuta nel ‘78, dovranno rappresentare la giovane scuola nella storia della pittura lombarda, pur con individualità quasi opposte.

Contro la volontà del nonno, suo padre era pittore e la volontà di questi era che il piccolo Mosè fosse ragioniere. Vinse la vocazione, il giovanetto viene a Milano e si inscrive all’Accademia di Brera, Nel ‘59 è fra i Cacciatori delle Alpi allo Stelvio; rientra alla scuola del Bertini, dipinge gli allora inevitabili quadri storici; la sua Congiura di Pontida è esposta nel ‘63 insieme al Marco Polo del Cremona. Compie, premiato, gli studi accademici; il suo compagno Ernesto Fontana ha il primo premio; Tranquillo Cremona, una menzione onorevole…

Esordisce nel quadro di genere colla Vigilia della Sagra acquistata dall’Accademia, un grande, promettente e fruttifero successo; in questo suo primo quadro egli è già, d’improvviso, tutto lui. Segue la Signora di Monza. Ottiene il pensionato Oggioni ma lo tiene per soli due anni. A Parigi ammira Meissonier e subisce l’irresistibile fascino del trionfante Fortuny (ancora oggi un critico francese potrebbe essere tentato a definire il nostro Bianchi: un Fortuny presse). A Venezia, per nativa affinità di temperamento, si invaghisce del Tiepolo e nessuno fu forse mai più spontaneamente tiepolesco di lui. Si veggano le mirabili decorazioni nella villa Giovanelli a Lonigo che fanno tanto lamentare - a vergogna dell’Italia ufficiale e di tanti ricchi e arricchiti - siano state così scarse pel geniale artista le occasioni di decorare volte e pareti…

Ritornato a Milano dipinge un capolavoro I fratelli al campo, poi La benedizione delle case e Cleopatra.

Verso l’80 comincia il secondo periodo, delle Lagune in burrasca, delle vedute di Chioggia, dei chioggiotti e in questo campo si impone tosto e regna sovrano. Con Parola di Dio ritorna sui suoi passi. Una diecina d’anni dopo comincia la serie delle sue piccole impressioni della vecchia Milano pittoresca, brumosa, fangosa, affaccendata. Col ’95 il pittore si ritempra per non pochi mesi di ogni anno nella vita alpestre a Gignese sul Lago Maggiore; è il suo penultimo periodo, di una produzione un po’ ineguale ma dove appare sempre una magistrale, nervosa padronanza del vero intento alla vibrante bellezza della luce, del colore, del movimento delle figure e degli ammali. In città, instancabilmente fecondo e versatile, lavora anche la notte alle acqueforti.

Pur non pieghevole agli opportunismi ufficiali, è Consigliere comunale di Milano e membro della Giunta superiore per le belle arti; pur aperto nemico dell’accademismo, cede ad essere Consigliere a Brera ; pur avverso al professorismo, si adatta a dare lezioni di disegno alle fanciulle del Regio Collegio, e, infine, lasciato colle lagrime agli occhi il principesco studio nel palazzo Visconti in via Lanzone, abbandona Milano e chiude la sua carriera artistica come Professore e Direttore dell’ Accademia di B. A. di Verona. Doloroso tramonto!

L’artista, l’amatore, il visitatore non disattento troveranno qui modo di "sentire” le qualità e di spiegarsi i difetti e le pecche complementari di questo artista, impaziente e insieme incontentabile, che pare rivelarsi nei bozzetti meglio che nei quadri e che è sempre inconfondibilmente e inimitabilmente personale, che attrae e piace perché stimola e pare acuire la sensibilità pittorica di chi osserva i suoi lavori, che si fa amare perché fa amare il vero che egli ha amato con sempre giovanile libertà, senza scrupoli fotografici, senza preoccupazioni di scuole, di metodi, senza ubbie tecniche o programmatiche o troppe pretenziosità spirituali. E la balda sua libertà di visione e di esecuzione parmi espressa in certa sua boutade che ebbi la ventura di udire io stesso in una esposizione milanese di molti anni fa. Un suo collega, professore accademico, si permise di fargli notare che in una sua marina bellissima era incorso in una piccola ma abbastanza evidente inverosimiglianza, una "impossibilità". Che dall, (grullo) - ribattè tosto Mosè Bianchi - Te vedet no che V e pituraa ?!…

Carlo Bozzi (1922 XIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra).


Bibliografia:

1895 - Prima Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, p. 72.

1911 - Virgilio Colombo, Le più belle opere d’arte esposte nella Mostra di Brera dal 1869 al 1910, Premi Principe Umberto, Milano, Alfieri & Lacroix, pp. 37, 39.

1922 - Carlo Bozzi, XIII Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, catalogo mostra, pp. 98/102.

1922 - XIII Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, Numero speciale della Illustrazione Italiana, Milano, Treves, supplemento al n. 31 del 30 luglio, pp. 2, 3.

1925 - La Quadreria della Società degli Artisti e Patriottica di Milano, Milano, Arti Grafiche Pizzi e Pizio, p. 7.

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