Salimbeni Raffaello Arcangelo

pittore scultore
Firenze, 1914 - Firenze, 1991

Nato a Firenze, trascorre l'infanzia e la giovinezza a Siena, dove frequenta l'Istituto d'Arte. A ventidue anni andrà all'Istituto d'Arte di Firenze su invito di Gianni Vagnetti, scoprendo la modernità plastica di Libero Andreotti attraverso Bruno Innocenti.

Nel 1930 e nel 1931 espone alle mostre degli artisti d'avanguardia toscani, e dal 1934 al 1940 ai Littorali dell'Arte, alle rassegne sindacali regionali e nazionali. A Siena tiene la sua prima mostra personale a Palazzo Patrizi nel 1939, e sempre nel 1942 espone 36 sculture e 27 dipinti al Dopolavoro del Credito e dell'Assicurazione. Sempre quell'anno partecipa al Premio Pier della Francesca a Firenze presso Palazzo Strozzi, con opere sul tema della "cecità sul lavoro", stabilendosi definitivamente nel capoluogo toscano. Spirito preoccupato, dopo la guerra, Salimbeni scoprirà la filosofia esistenzialista, il cui pensiero contribuirà ad assimilare in modo pessimistico la “situazione-limite” dell'esistenza umana; atmosfere che ritroveremo nella tormentata espressività della sua plasticità, come i ritratti in terracotta di Lidia e il Ritratto di signora del 1946 che, nei loro stravolgimenti plastici alla fine del periodo impressionista, rispecchiano appieno le inquietudini dello scultore. E sarà concepito così anche il monumento all'Elettrice Palatina, nel concorso al quale Salimbeni partecipò e vinse, ma che nella sua lunga e dolorosa storia diventerà il motivo di una tragedia personale che si consumerà fino alla morte, senza l'artista per poter vedere il suo lavoro risolto.
Nel 1952 Salimbeni viene scelto tra otto scultori italiani per il Monumento al Prigioniero Politico Ignoto a Londra, e il suo bozzetto esposto alla Tate Gallery sarà premiato, ricevendo anche lodi da Henry Moore. La sua progressiva ricerca porterà ad una plastica sempre più essenziale, fino all'utilizzo del filo e di altri metalli. Nel 1950 sarà alla XXV Biennale di Venezia con la prima versione di Femme au Ventaglio, e nell'edizione successiva esporrà tre gessi, mentre nel 1958 sarà invitato con una sala personale. Vincitore del Premio Bronzetto a Padova nel 1955 e del II Premio all'Esposizione Internazionale di Scultura della Città di Carrara nel 1957, è presente alle Quadriennali romane del 1959 e del 1972. Nel 1961 e 1963 espone alle Biennali di Anversa e in altre importanti mostre internazionali nel ruolo riconosciuto di uno dei più moderni scultori italiani della sua generazione. Scultore figurativo, formatosi presso gli istituti d'arte di Siena e Firenze, dopo la svolta bellica l'artista si interessò alla filosofia esistenzialista europea e più in particolare a Jaspers, procedendo come scultore all'approfondimento di una sintesi plastica impressionistica tratta da Medardo Rosso, già evocato nei primi anni '40 nei ritratti in terracotta come una Dama del 1943, e proseguito in quello di Lidia del 1946 e in altri subito dopo. Senza disdegnare i temporanei ritorni alla pienezza delle masse, come nel calco di Tatiana del '47-'48, è in questi anni che Salimbeni stabilisce il proprio referente espressivo nell'elaborata plastica sintetica impressionista riguardante Giacometti. Seguirà un'altra sintesi, ottenuta con l'utilizzo di materiali metallici fino al filo, il cui concetto verrà spiegato nel 1960 dall'artista: "Le mie sculture nascono dal ferro, dall'armatura stessa che non è più un'armatura come lo hanno capito gli scultori dell'Ottocento, ma diventa un membro, una costruzione, un movimento. Quello che appare sulla superficie delle mie statue è un fatto secondario: l'operazione che eseguo è strappare dal ferro l'intera cornice della statua. È un po' l'opposto di quello che ha fatto Michelangelo: Michelangelo ha scavato la figura nella roccia, mentre io porto la figura sulla superficie del metallo".Le figure di Salimbeni – osserva Ornella Casazza – subiscono così un processo di stilizzazione marcata e libera che si apre, come scrive Umberto Baldini (1986), alla ricostruzione dei miti antichi così come all'osservazione spirituale della vita moderna. sotto l'elmo e la Figura Immaginativa davanti al semaforo del 1958, così Icare, il Gallo vittorioso [...] la Donna con la collana, la Donna distesa, la Donna con il ventaglio, costituiscono lo spunto per certe opere surrealiste allusioni che diventano la sua amarezza di fronte all'alienazione dell'uomo”. È proprio questa amarezza che prenderà il sopravvento in Salimbeni, divenendo a sua volta alienazione, quando dopo oltre trent'anni di polemiche e la conseguente dispersione delle sue forze psichiche e fisiche nella difficile costruzione marmorea del monumento all'Elettrice Palatina, assistere, ormai stremato nella sua volontà di combattere, a questo ostracismo oscuro che gli impedirà, durante la sua vita, l'attribuzione della sua dolorosissima opera.
Il concorso per un monumento all'Elettrice Palatina voluto nel 1945 dal primo sindaco della Liberazione, Gaetano Pieraccini, era stato vinto da Salimbeni che aveva "arrestato" la figura dell'ultimo Medici in un gesto che rispecchiava il pensiero generoso di questa "famiglia patto”, con il quale l'immenso patrimonio artistico di casa Medici sarebbe rimasto in perpetuo nella città di Firenze.Dopo quasi vent'anni di fermo amministrativo, nel 1965 lo scultore poté cercare il marmo in diverse cave apuane. Ha poi proceduto ad abbozzare il blocco presso il laboratorio fiorentino Varlecchi, utilizzando, nella successiva finitura, tasselli in gesso ricavati dal bozzetto in modo da poter copiare fedelmente la resa di ogni particolare plastico. Un lavoro snervante, ma forse l'unico modo per garantire l'esatta trascrizione in marmo “curata in ogni dettaglio” del modello in gesso, come prescrive l'art. 4 del bando di concorso. Salimbeni ci lavorò fino alla metà degli anni Settanta, raggiungendo un risultato di grande suggestione: una statua, come scrisse Umberto Baldini, che si ergeva "cristallina" al di sopra di ogni polemica, e un'opera con la quale, annota ancora De Juliis, "Salimbeni va oltre le pieghe della veste, della pelle e dei muscoli, e raggiunge l'anima del personaggio, creando un'immagine quasi evanescente". Una prestazione che non sarà sufficiente per l'attribuzione del monumento, poiché le autorità comunali e le soprintendenze hanno via via sollevato nuovi dubbi sulla sua possibile collocazione. Una condizione assurda, inspiegabile, in cui l'esistenzialismo di Salimbeni coglierà la "negatività" del "fallimento" jasperiano: l'impossibilità di trascendere le situazioni che, come ricorda Abbagnano, Jaspers definisce come "immutabili, definitive, incomprensibili , in cui l'uomo sta davanti a un muro impraticabile”. .” Riconoscendo il proprio fallimento, l'artista sopravviverà sempre più indebolito fino al 1991. Il monumento, grazie all'interessamento di alcuni estimatori, troverà una collocazione plausibile ma non felice quattro anni dopo nello spazio al di là di una porta tra le Cappelle Medicee e la Chiesa di San Lorenzo.


Dopo pochi mesi dalla nascita Raffaello Arcangelo Salimbeni viene portato a Siena da una zia materna, ove passerà gran parte della sua prima infanzia. A Siena il ragazzo viene iscritto all'Istituto d'Arte, ma nel 1936, notato dal pittore Gianni Vagnetti, si trasferisce all'Istituto d'Arte di Firenze, ove egli insegnava. Alla scuola di Porta Romana frequenta Bruno Innocenti, che era subentrato a Libero Andreotti, dopo la morte, alla cattedra di scultura.
Tra Siena e Firenze, Salimbeni matura il suo linguaggio plastico e insieme si dedica anche alla pittura; dal 1940 al 1948 le sue opere mostrano, nei due linguaggi, una perfetta sintonia. Si tratta per la massima parte di ritratti, figure in interni, nudini e paesaggi, risolti con una pennellata mossa e carica di colore in pittura, una pastellatura febbrile e sensibile in scultura, secondo una visione tutta personale, una sorta di espressionismo autoctono. Negli anni Cinquanta, Salimbeni virerà verso esiti più consoni a certa scultura europea del post Surrealismo, con riferimenti precisi al grande Alberto Giacometti, se non quando a David Smith e alla Germaine Richier. La critica più recente ha giustamente tentato una rilettura della sua opera in riferimento a certe linee dell'Esistenzialismo, da Karl Jaspers a Jean Paul Sartre, fino - forse esagerando - a Jean Genet.
Negli anni Sessanta Salimbeni entra in rapporto, prima epistolare, con Henri Moore, al quale renderà visita nello studio in Inghilterra, prendendo parte a una mostra sulla scultura europea in cui era presente il maestro inglese.
La vicenda del concorso per il Monumento all'Elettrice Palatina, Maria Luisa de' Medici - 1954 - vinto dallo scultore, ma posto in luogo solo dopo la sua morte, finì per amareggiare gli ultimi anni della sua vita. Salimbeni ha tenuto lo studio in via de' Bardi dal 1963 al 1985. da catalogo: FARSETTI - Asta Live 185 Dipinti e sculture del XIX e XX secolo - II - sab 27 Ottobre 2018 - Prato)

Dall’8 ottobre al 10 novembre 1961 figura al IV Concorso Internazionale del Bronzetto, Biennale d’arte triveneta, con le sculture: Ombra dell’uomo, Figura che cammina nella nebbia.


Bibliografia

1961 - IV Concorso Internazionale del Bronzetto, Biennale d’arte triveneta, catalogo mostra, Padova, p. 27, (Ill.).

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